L’inquinamento è legato ai disturbi psichiatrici?

Un nuovo studio rivela nuovi legami, ma non tutti sono d’accordo

[21 Agosto 2019]

Gli scienziati, spinti da evidenze come lo smog record che due anni fa  ha soffocato la capitale dell’India New Delhi, stanno studiando sempre di più gli effetti degli impatti  ambientali sulle condizioni psichiatriche e neurologiche e i risultati suggeriscono un possibile legame tra l’esposizione all’inquinamento ambientale e un aumento dei disturbi psichiatrici.

Ora lo studio “Environmental pollution is associated with increased risk of psychiatric disorders in the US and Denmark”. PLoS Biology da un team di ricercatori statunitensi e danesi ha scoperto che «La scarsa qualità dell’aria è  associata a tassi più elevati di disturbo bipolare e di maggiore depressione». Una tendenza che è apparsa ancora più forte in Danimarca, «dove l’esposizione all’aria inquinata durante i primi 10 anni di vita di una persona fa prevedere anche un aumento più che doppio della schizofrenia e dei disturbi della personalità».

Il principale autore dello studio, il biologo computazionale Atif Khan dell’Institute of genomics and systems biology dell’università di Chicago, sottolinea che «Il nostro studio dimostra che vivere in aree inquinate, soprattutto nelle prime fasi della vita, è predittivo di disturbi mentali sia negli Stati Uniti che in Danimarca. L’ambiente fisico, in particolare la qualità dell’aria, ha bisogno di ulteriori ricerche per comprendere meglio come il nostro ambiente contribuisce ai disturbi neurologici e psichiatrici».

Le malattie mentali come la schizofrenia si sviluppano a causa di una complessa interazione di predisposizioni genetiche ed esperienze di vita o esposizioni, da sola la genetica non basta a spiegare  le variazioni nella salute e nelle malattie mentali, ma i  ricercatori sospettano da tempo che «fattori genetici, neurochimici e ambientali interagiscano a diversi livelli per influenzare l’insorgenza, la gravità e la progressione di queste malattie. Prove crescenti stanno iniziando a fornire informazioni su come i componenti dell’inquinamento atmosferico possano essere tossici per il cervello: recenti studi sui roditori suggeriscono che agenti ambientali come piccole particelle ambientali (polvere fine) viaggiano nel cervello attraverso il naso e i polmoni, mentre gli animali esposti all’inquinamento hanno anche mostrato segni di deterioramento cognitivo e sintomi comportamentali simili alla depressione».

Andrey Rzhetsky, anche lui dell’università di Chicago e che ha guidato il team di ricerca, spiega a sua volta: «Abbiamo ipotizzato che gli inquinanti potrebbero influenzare il nostro cervello attraverso percorsi neuroinfiammatori che hanno anche dimostrato di provocare sintomi  simili alla depressione negli studi sugli animali».

Per quantificare l’esposizione all’inquinamento atmosferico tra gli statunitensi, il team dell’università di Chicago ha utilizzato d i dati dell’Environmental protection agency Usa:  87 misurazioni della qualità dell’aria. Per i danesi  è stato utilizzato il  registro nazionale dell’inquinamento che ha tracciato un numero inferiore di inquinanti con una risoluzione spaziale molto più elevata. I ricercatori hanno quindi esaminato due dataset sulla popolazione, il primo è un database dell’ U.S. health insurance che comprende 11 anni di reclami per 151 milioni di persone. Il secondo riguarda tutti gli 1,4 milioni di individui nati in Danimarca dal 1979 al 2002, a partire dal loro decimo compleanno e ancora vivi e residenti in Danimarca. Poiché ai danesi vengono assegnati numeri di identificazione personale che possono collegarli a informazioni provenienti da vari registri nazionali, i ricercatori sono stati in grado di stimare l’esposizione all’inquinamento atmosferico a livello individuale anche durante i primi dieci anni di vita. Nello studio statunitense, le misurazioni dell’esposizione erano limitate al livello di contea.

Chissà cosa ne verrebbe fuori  da uno studio simile realizzato in quella che per un breve periodo è stata la Padania secessionista, la Pianura Padana, ora improvvisamente popolata da schiere di super-patrioti italiani, l’area con l’aria più inquinata d’Europa?

I risultati dello studio non hanno mancato di sollevare polemiche, Rzhetsky  stesso evidenzia che «Questo studio sui disturbi psichiatrici è controintuitivo e ha generato una notevole resistenza da parte dei revisori».  Per questo PLOS Biology ha commissionato un articolo speciale di accompagnamento dello studio scritto da John Ioannidis dell’università di Stanford (che non ha partecipato allo studio ma ha aiutato la rivista nel processo editoriale). Nel suo commento Ioannidis afferma che «Un’associazione causale dell’inquinamento atmosferico con malattie mentali è una possibilità intrigante. Nonostante le analisi che coinvolgono grandi dataset, le prove disponibili presentano notevoli carenze e una lunga serie di potenziali pregiudizi può invalidare le associazioni osservate. Sono necessarie ulteriori analisi da parte di più ricercatori, inclusi i contrari».

Ma Rzhetsky avverte che «Le significative associazioni tra inquinamento atmosferico e disturbi psichiatrici scoperte nello studio non significano necessariamente causalità«, ma anche per lui «Sono necessarie ulteriori ricerche per valutare se eventuali impatti neuroinfiammatori dell’inquinamento atmosferico condividono percorsi comuni con altre condizioni indotte dallo stress».