Nelle Alpi e nell’Artico la microplastica cade dal cielo (FOTOGALLERY)

Scienziati tedeschi e svizzeri confermano la presenza di plastica nella neve

[19 Agosto 2019]

Negli ultimi anni, le particelle di microplastica sono state ripetutamente rilevate nell’acqua di mare e di fiumi e laghi e, nell’acqua potabile, nei sedimenti e persino negli animali. Ma queste minute particelle vengono anche trasportate dall’atmosfera e successivamente riportate a terra dalle precipitazioni, soprattutto nevose, persino in regioni remote come l’Artico e le Alpi. Lo ha dimostrato lo studio “White and wonderful? Microplastics prevail in snow from the Alps to the Arctic” pubblicato su Science Advances  da un team di ricercatori Tedeschi dell’ Alfred-Wegener-Institut Helmholtz-Zentrum für Polar-und Meeresforschung (AwI) e svizzeri del WSL Istituto per lo studio della neve e delle valanghe SLF/WSL-Instituts für Schnee- und Lawinenforschung SLF.

Si sa ormai molto dell’inquinamento marino da microplastiche, ma le ricerche sulle microlplastiche trasportate dall’atmosfera sono abbastanza poche, come quelle che hanno confermato la presenza di queste particelle in zone remote dei Pirenei e vicino ai principali centri urbani  in Francia e Cina. Ora il team dell’AWI e del WSL ha ora scoperto che «Le particelle di microplastica possono essere trasportate a grandi distanze dall’atmosfera e in seguito vengono spazzate via dall’aria dalle precipitazioni, in particolare dalla neve. Il team guidato da Melanie Bergmann e Gunnar Gerdts dell’AWI  ha presentato su Science Advances le analisi condotte su campioni di neve provenienti dall’Helgoland, in Baviera, Brema, nelle Alpi svizzere e nell’Artico e dice che «Confermano che la neve in tutti i siti conteneva elevate concentrazioni di microplastica, anche in zone remote dell’Artico, sule isole Svalbard e nella neve e sulla banchisa  di ghiaccio alla deriva».  La Bergmann  sottolinea che «E’ evidente che la maggior parte della microplastica nella neve proviene dall’aria». Un’ipotesi suffragata dalle ricerche svolte in passato sui granelli di polline dalle quali è emerso che, dalle medie latitudini, il polline viene trasportato dall’aria nell’Artico. Questi granelli hanno all’incirca le stesse dimensioni delle particelle di microplastica; allo stesso modo, la polvere del Sahara può coprire distanze di 3.500 km o più, raggiungendo l’Atlantico nord-orientale.

I ricercatori tedeschi e svizzeri hanno riscontrato la massima concentrazione di microplastiche nei campioni raccolti vicino a una strada rurale della Baviera: 154.000 particelle per litro, ma anche la neve nell’Artico conteneva fino a 14.400 particelle per litro. All’AWI evidenziano che «Anche i tipi di plastica trovati variano notevolmente a seconda dei siti di campionamento: nell’Artico, i ricercatori hanno principalmente trovato gomma nitrilica, acrilati e vernice, che vengono utilizzati in una serie di applicazioni. Data la sua resistenza a vari tipi di carburante e un’ampia gamma di temperature, la gomma nitrilica viene spesso utilizzata nelle guarnizioni e nei tubi. Le vernici contenenti plastica sono utilizzate in diversi settori, ad esempio per rivestire le superfici di edifici, navi, automobili e piattaforme petrolifere offshore. Vicino alla strada rurale della Baviera, i campioni contenevano in particolare vari tipi di gomma, che viene utilizzata in innumerevoli applicazioni, come i pneumatici per autoveicoli».

Un aspetto interessante dello studio  è che le concentrazioni di microplastica rilevate sono notevolmente superiori a quelle degli studi condotti da altri ricercatori, ad esempio sui depositi di polvere. Secondo Gerdts, «Questo potrebbe essere dovuto a due motivi: innanzitutto, la neve è estremamente efficiente quando si tratta di dilavare la microplastica dall’atmosfera. In secondo luogo, potrebbe essere dovuto alla spettroscopia agli infrarossi che abbiamo utilizzato, che ci ha permesso di rilevare anche le particelle più piccole, fino a una dimensione di soli 11 micrometri».

Per riuscire a contare le particelle di microplastiche il team tedesco-svizzero ha sciolto la neve e versato l’acqua di fusione attraverso un filtro; il residuo intrappolato nel filtro è stato quindi esaminato con un microscopio a infrarossi. A seconda del tipo di plastica, vengono assorbite e riflesse diverse lunghezze d’onda della luce infrarossa, rivelando di che materiali si tratta.

All’AWI fanno notare che «Mentre altri esperti selezionano la microplastica dei loro campioni a mano al microscopio, il che può facilmente far trascurare alcune particelle, Gerdts usa il suo microscopio a infrarossi per testare tutto il residuo, assicurando che a lui e al suo team difficilmente scappi qualcosa. Abbiamo automatizzato e standardizzato la tecnica in modo da escludere gli errori che possono insinuarsi quando viene utilizzata l’analisi manuale». Quindi, non sorprende che le analisi condotte dall’AWI abbiano prodotto concentrazioni di particelle particolarmente elevate».

La Bergmann è convinta che «Alla luce delle realtà meteorologiche, gran parte della microplastica in Europa, e ancora di più nell’Artico, proviene dall’atmosfera e dalla neve. Questa rotta di trasporto aggiuntiva potrebbe anche spiegare le elevate quantità di microplastica che abbiamo trovato, in studi precedenti, nel ghiaccio marino artico e nel mare profondo».

Il la voro del team di ricerca punta a rispondere anche a un’altra domanda chiave: «Ad oggi non ci sono praticamente studi che indichino la misura in cui gli esseri umani sono soggetti alla contaminazione da microplastica – conclude la  Bergmann – Inoltre, la maggior parte della ricerca si è concentrata su come gli animali o gli esseri umani assorbono la microplastica da ciò che mangiano. Ma una volta stabilito che grandi quantità di microplastica possono anche essere trasportate dall’aria, si pone naturalmente la questione se e quanta plastica stiamo inalando. I risultati più vecchi della ricerca medica offrono promettenti punti di partenza per lavorare in questa direzione. Ancora un altro aspetto che merita uno sguardo più da vicino in futuro».