Riceviamo e pubblichiamo

È ora che l’Italia si impegni in maniera trasparente nella lotta all’inquinamento atmosferico

«Per ridurre i picchi di inquinamento nelle città il governo deve smettere di proteggere a Bruxelles il settore agricolo e l’industria»

[7 Aprile 2016]

Come accade spesso, l’aria lombarda in questi giorni raggiunge concentrazioni di inquinanti atmosferici molto superiori a quelli che l’Organizzazione mondiale della sanità indica per la tutela della salute umana e anche di quelli, ben superiori, stabiliti dalle leggi dell’Unione europea. Ancora nel XXI secolo, l’inquinamento atmosferico rimane una crisi sanitaria di cui ormai nessun esperto mette in dubbio la gravità.

Classificato cancerogeno dall’Oms, l’inquinamento dell’aria in Italia causa la morte prematura di oltre 35.000 persone ogni anno ed è responsabile di allergie, malattie respiratorie e cardiovascolari. E costa alla collettività. Una recente commissione d’inchiesta del Senato francese ha calcolato il costo sanitario dell’inquinamento dell’aria per la Francia in 101,3 miliardi di euro all’anno, pari a due volte il costo sanitario legato al fumo.

Mentre il danno si riversa nelle nostre città e i funzionari dei nostri ministeri si occupano di ben due procedure di infrazione europee in corso contro l’Italia (PM10 e NO2) per violazione dei limiti degli inquinanti atmosferici, il nostro governo preme in questi giorni a Bruxelles per l’indebolimento degli impegni del nostro paese su questo fronte. Mentre, è ovvio, per migliorare la qualità dell’aria in maniera duratura è necessario che il governo si impegni ad alzare casomai il livello di ambizione, e ridurre le emissioni che provengono dal settore automobilistico, da quello del riscaldamento, e dall’agricoltura.

In particolare non molti sanno, per esempio, che una porzione rilevante del particolato delle nostre città si produce per l’interazione fra l’ammoniaca derivante dallo spargimento dei liquami e dei fertilizzanti in agricoltura e gli inquinanti che hanno origine localmente dal traffico, dai riscaldamenti o dalle industrie. E che l’ammoniaca viene trasportata per grandi distanze dal vento. E che il nostro governo ha, nella riunione dei ministri dell’Ambiente europei tenutasi lo scorso dicembre, indebolito di ben 8 punti percentuali l’obiettivo di riduzione al 2030 proposto dalla Commissione europea e dal Parlamento di Strasburgo per questo inquinante, e di altri 14 punti percentuali quello del particolato sottile (Pm2.5). E in questo gioco delle quattro tavolette ci sta anche la decisione presa anche per merito della pressione del nostro governo ad ottobre e poi adottata dal Parlamento di raddoppiare i livelli degli inquinanti delle auto diesel euro 6.

Secondo i calcoli dell’European environment bureau, l’indebolimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni proposto dall’Italia causerà, se tradotto in legge, 15000 morti premature in più nel nostro paese da qui al 2030. Mentre procede la trattativa per definire la nuova Direttiva sui limiti alle emissioni nazionali – il cui prossimo appuntamento sarà il 25 aprile e che si concluderà a giugno – è ora che l’Italia si impegni in maniera trasparente nella lotta all’inquinamento atmosferico. Smettendo di difendere gli interessi dei costruttori di automobili e del settore dell’agricoltura intensiva ed iniziando a proteggere, innanzitutto, la salute dei suoi cittadini.

di Anna Gerometta, presidente Cittadini per l’Aria Onlus