Serbia, parte la prima indagine sui suoli contaminati dall’industria. Esperti e finanziamenti italiani

L’eredità tossica dell’industrializzazione yugoslava, abbandonata dopo le guerre balcaniche

[7 Settembre 2016]

Ha preso il via oggi in Serbia la prima indagine mai realizzata a livello nazionale per identificare e mappare i siti e i terreni  potenzialmente contaminati da sostanze chimiche industriali pericolose.

L’United Nations environment programme  spiega che sono esperti italiani di land management e analisi dell’inquinamento del suolo nei siti industriali a «gestire le riunioni con le controparti serbe per condurre un’indagine sul campo e impostare un programma di campionamento del suolo in due siti vicino alle città di Sabac e Loznica. La minaccia posta dal potenziale contaminazione chimica in questi due siti è moltiplicata dalla loro vicinanza alle aree urbane e grandi fiumi – Drina e Sava – così come frequenti incidenti nei siti industriali abbandonati». Gli esperti italiani   Le fabbriche vicino a Sabac e Loznica sono solo due dei 359 siti potenzialmente contaminati in tutta la Serbia e questo  progetto dell’Unep, che dovrebbe tern minare nel 2018, sarà seguitasukl territorio da una grande emittente europea: – Euronews.

L’Unep sottolinea « Che la produzione industriale è stata un driver economico nella Repubblica di Serbia, ma ha anche dimostrato di essere tra le principali cause di contaminazione del suolo. Tra i vari inquinanti organici del Paese ci sono i metalli pesanti o potenziali cancerogeni come zinco, rame, nichel, cromo e cobalto».

Quello che ormai è il grande cadavere abbandonato del complesso chimico “Zorka”, vicino a Sabac, un gigante che ai tempi della Yugoslavia comunista produceva fino a 25.000 tonnellate di zinco all’anno, avrebbe lasciato in eredità pericolosa fatta di suoli contaminati. Il progetto ambientale dell’Onu valuterà il rischio ambientale e per  la salubrità del sito e formerà gli esperti nazionali dei ministeri delle istituzioni selezionate come l’istituto di salute pubblica e l’istituto della scienza del suolo di Belgrado  e l’Istituto per l’a<grig coltura e le vcolture orticole di Novi Sad, per la raccolta dei dati, i limiti di sicurezza della concentrazione di sostanze chimiche specifiche per diversi siti e con l’utilizzo strumenti a raggi X per lo screening dei siti per la contaminazione. La metodologia sviluppata verrà applicata ad altri settori industriali in tutta la Serbia.

Le indagini sul campo continueranno domani con una visita al sito di “Viskoza”, vicino alla città di Loznica.  Una fabbrica che nel 2008 finì sulle prime pagine dei giornali quando in un incendio scoppiato al suo interno morì una persona e le fiamme rischiarono di raggiungere i contenitori del solfuro di carbonio potenzialmente mortali. La “Viskoza” è chiusa da tempo, ma nella fabbrica rimangono grandi quantità di sostanze chimiche potenzialmente pericolose.

Il progetto è sostenuto dal ministero della tutela del Territorio e del mare italiano, che contribuisce con 400,000 per il capacity building , e  italiana e dal Global Environment Fund, che finanzia l’iniziativa con 660.000 dollari per coprire i costi più ampi. Si basa su anni di lavoro dvolti con  successo dall’Unep per rimediare all’inquinamento del suolo nella regione, anche a seguito delle guerre che hanno frantumato la Yugoslavia in piccoli Stati indipendenti.

L’Unep sottolinea che «Il miglioramento degli standard ambientali è un settore chiave per il processo di adesione all’Ue della Serbia. Il progetto porterà anche il Paese più vicino al raggiungimento dell’obiettivo 15 per lo sviluppo sostenibile dell’Onu: ‘La vita sulla terra’, che ha lo scopo di arrestare e invertire il degrado del suolo».