Le fanerogame tornano nella laguna di Venezia

[23 Gennaio 2014]

In 10 anni più di un quarto della Laguna Settentrionale di Venezia tornerà a essere colonizzato stabilmente da fanerogame. E’ questo quello che promette il progetto LIFE12 NAT/IT/000331- SeResto, coordinato dal Prof. Adriano Sfriso, del dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica di Ca’ Foscari Venezia, col partenariato del Magistrato alle Acque di Venezia (MAV), dell’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA) e dell’Associazione Laguna Venexiana onlus. Il progetto, che durerà più di 4 anni, partirà grazie al programma LIFE 2014-2020 dell’Unione Europea: 1,5 milioni di euro saranno stanziati all’Università Ca’ Foscari per la re-introduzione di praterie di fanerogame (soprattutto Zostera marina L. e Nanozostera noltii) nelle zone a nord di Burano e Torcello.

Sono stati scelti i siti nei quali queste specie vegetali, dopo 30 anni di intenso degrado, non sono riuscite e ricolonizzare per mancanza di semi e rizomi. “Attualmente tutta la laguna nord è fangosa e quasi priva di vegetazione”, ci rivela infatti, il Prof. Adriano Sfriso.

Nella seconda metà del XX secolo infatti, l’espansione dei centri abitati, lo sversamento di enormi quantità di sostanze nutritive (soprattutto azoto e fosforo) che ha favorito invece la crescita di specie algali di basso pregio, soprattutto del genere Ulva e l’impatto della pesca abusiva delle vongole, hanno determinato la scomparsa delle fanerogame marine tipiche di questi ambienti confinati. Ora in questi siti le condizioni ecologiche sono cambiate, merito dei vincoli normativi come il DM Ronchi-Costa del 1998 e la regolamentazione dell’attività di pesca delle vongole fatta dalla Provincia di Venezia a partire dal 1999.

E’ quindi il momento giusto per intervenire con un progetto di largo respiro che porterà un miglioramento ecologico netto all’interno del sito di interesse comunitario della rete Natura 2000, SIC IT3250031 – Laguna di Venezia Settentrionale. Non solo si avrà una maggiore limpidezza delle acque, dal momento che queste piante trattengono i sedimenti, ma anche e soprattutto sarà ricreato un habitat che fa da nursery per alcune specie ittiche e di avifauna, con aumento della biodiversità, contribuendo con i rizomi, al consolidamento dei substrati con conseguente mitigazione dei processi di erosione e fornendo protezione dagli effetti del moto ondoso. Molto importante sarà anche il contributo dovuto allo stoccaggio di CO2, dal  momento che sono piante perenni che possono immagazzinare questo biossido durante tutto l’anno e che favoriscono lo sviluppo di alghe ed organismi calcarizzati che a loro volta compattano i sedimenti. Il tutto anche in accordo con gli obiettivi della Direttiva Quadro sulle Acque (DIR 2000/60/CE) relativi alla promozione di un utilizzo sostenibile dell’acqua, alla protezione dell’ambiente, al miglioramento delle condizioni degli ecosistemi acquatici e alla mitigazione degli effetti delle inondazioni e della siccità per arrivare ad un «buono stato» ecologico e chimico di tutte le acque comunitarie entro il 2015.

Gli impianti saranno di piccole dimensioni, in modo che l’impatto risulti ridotto. Si partirà da 35 siti per una superficie di 100 m² ciascuno,  con interventi continui volti a far attecchire i semi e a diffondere i rizomi su tutta l’area considerata. Il progetto proseguirà con una fase di monitoraggio chimico e biologico (macrofite, macrofauna bentonica e macrofauna ittica) non solo per verificare l’efficacia degli interventi, ma anche per quantificare i servizi ecosistemici forniti dall’habitat in relazione alle attività di ripristino.

A partire da questi inneschi si dovrebbe poi arrivare nell’arco di 4-5 anni a un 80% di praterie continue nei siti, per arrivare dopo 10 anni a delle praterie ben strutturate in almeno un 25-30% dell’area di intervento, con popolazioni continue a ridosso delle le barene e con la possibilità di forte incremento spontaneo negli anni successivi.

Ad eseguire questi impianti saranno pescatori e cacciatori locali, che saranno opportunamente formati e seguiti dal gruppo scientifico. Questo con lo scopo di «coinvolgere anche la popolazione locale. E’ questa la novità – ci confessa il coordinatore Adriano Sfriso – ma non solo, saranno coinvolte anche le associazioni ambientaliste che operano in laguna, per avere degli apporti che vadano anche oltre le azioni pianificate». Non c’è infatti nessuno di meglio di chi vive la laguna che potrà farla rivivere.

di Rossana Andreato