Due navi sono salpate per portare aiuto ai migranti soccorsi dalla Sea Watch 3

«Tanta parte della società civile europea non si rassegna alla disumanità e alla violenza dell’indifferenza. Stiamo facendo quello che le autorità e i governi continuano a non fare»

[4 Gennaio 2019]

Ormai da 14 giorni la nave Sea Watch 3 attende l’assegnazione di un porto sicuro per i 32 migranti – donne, uomini e bambini – salvati nel Mediterraneo centrale il 22 dicembre scorso;  altre 17 persone si trovano a bordo della nave dell’ong “Sea Eye”, che li ha soccorsi in mare lo scorso 29 dicembre. Si tratta dei 49 migranti che ancora rimangono in balia del mare, non trovando approdi disponibili: è la retorica dei “porti sicuri” tanto crudele quanto bugiarda, sbandierata dal nostro ministro dell’Interno Matteo Salvini mentre sulle nostre coste dal 22 dicembre ad oggi sono comunque sbarcati oltre 160 migranti (come testimoniano i dati forniti dal ministero stesso).

In attesa che l’Europa ponga fine a questa vergogna in difesa dei 49 disperati e dei loro soccorritori sono partite stamattina altre due navi, la Sea Watch e Mediterranea, nell’ambito dell’Alleanza United4Med. «Questa missione congiunta – spiegano i due equipaggi – ha tra i suoi scopi quello di portare supporato logistico e materiale alla nave, consentendo il cambio equipaggio e i rifornimenti; di permettere ai parlamentari tedeschi di rendersi conto della situazione a bordo per potere fare pressione sul governo di Berlino che non ha ancora dato risposta positiva alla richiesta di decine di città tedesche disponibili ad accogliere le persone salvate; di portare i giornalisti internazionali, tedeschi e italiani affinché possano ancora una volta raccontare le conseguenze della violazione dello stato di diritto nel Mediterraneo; di spingere gli Stati europei, a cominciare da Malta e dall’Italia, a dare un porto sicuro, come il diritto del mare prevede, alle 49 persone soccorse dalla Sea Watch 3 e dalla Professor Albrecht Penck di Sea Eye».

«Questa iniziativa ribadisce inoltre, e soprattutto, che le navi che salvano le vite in mare non sono sole, che tanta parte della società civile europea non si rassegna alla disumanità e alla violenza dell’indifferenza. Che tra mare e terra esiste un ponte fatto di alleanze e solidarietà inarrestabili. Stiamo facendo, una volta di più, quello che le autorità e i governi continuano a non fare: andare a prestare soccorso a chi in mare rischia la vita a causa delle politiche europee di chiusura dei canali di ingresso legali, facendo ogni sforzo possibile per ridurre le sofferenze di persone, anche bambini piccolissimi, che hanno già affrontato l’inferno dei deserti e dei lager libici. Perché una società che viola i diritti fondamentali di alcuni è una società insicura e pericolosa per tutti».

«Chiediamo ai sindaci delle città d’Europa, alle realtà associative, ad ogni singola persona che crede in un futuro di giustizia e umanità di sostenere queste richieste e continuare a navigare insieme a noi», concludono da Sea Watch e Mediterranea.