La vendetta di Trump per il no della California al muro: stop all’alta velocità ferroviaria e agli standard per le auto

Ambientalisti e ONG denunciano Trump per la dichiarazione di emergenza nazionale

[22 Febbraio 2019]

L’amministrazione Trump ha annunciato che straccerà l’accordo per un finanziamento di  929 milioni di dollari per costruire la prima linea ferroviaria ad alta velocità in California e il presidente Usa ha addirittura definito i treni ad alta velocità «un disastro ‘verde». Peccato che solo un paio di anni fa, durante la campagna elettorale che lo ha portato alla Casa Bianca, Trump si fosse lamentato del fatto che gli Usa non avessero treni ad alta velocità e avesse promesso che sarebbe diventato «Il più grande presidente delle infrastrutture nella storia della nazione».

Invece, a quanto pare – oltre a quelle petrolifere – l’unica infrastruttura che interessa a Trump è il suo muro di confine con il Messico e, per vendetta, sembra davvero disposto a bloccare tutti i  progetti infrastrutturali negli Stati democratici  come la California, semplicemente perché si oppongono al muro.

Il Dipartimento dei trasporti Usa ha annunciati che ritirerà il suo investimento nel progetto ferroviario ad alta velocità della California il giorno dopo che lo Stato si è unito ad altri 15 in una causa per fermare la dichiarazione di emergenza nazionale di Trump per finanziare il muro nonostante la contrarietà del Congresso. E il governatore democratico della California, Gavin Newsom, ha communtato: «Non è una coincidenza che la minaccia dell’amministrazione arrivi 24 ore dopo che la California ha guidato 16 stati sfidando la farsesca “emergenza nazionale” del presidente”. Questa è una chiara vendetta politica da parte del presidente Trump e non staremo fermi a guardare».

In molti, a cominciare da Think Progress, bollano come ipocrita la mossa di Trump e ricordano che nel marzo 2016, durante un comizio elettorale, Trump disse che gli Usa avrebbero dovuto investire pesantemente nella rete ferroviaria per por poter per competere con l’infrastruttura asiatica di gran lunga superiore: «Se andate in Cina, hanno treni che vanno a 300 miglia all’ora. Noi abbiamo treni che fanno Ciuf, ciuf, chiuf”. E poi devono fermarsi perché i binari si  dividono, giusto? Hanno treni che vanno a 300 miglia all’ora. Giappone, Cina, molti Paesi… hanno questi treni. Noi siamo come il terzo mondo».

Allora giornali e telegiornali titolarono: “Trump d’accordo con i democratici sui treni ad alta velocità” perché l’alta velocità ferroviaria era uno degli elementi principali di una legge sugli investimenti infrastrutturali  varata nel 2009 da Barack Obama, la stessa di cui si è avvalsa la California per ottenere il finanziamento iniziale per il suo progetto di alta velocità ferroviaria».

Nel giugno 2016 l’allora candidato Trump tornò sull’argomento promettendo che avrebbe «costruito la più grande infrastruttura del pianeta terra:  le strade e le ferrovie e gli aeroporti di domani» e asserendo che solo lui poteva essere in grado di risolvere il problema delle infrastrutture americane. Appena diventato presidente si è scordato di queste promesse e ora  attacca il progetto del California’s bullet train.

La scorsa settimana, il governatore Newsom aveva annunciato il ridimensionando del piano per la ferrovia ad alta velocità tra San Francisco e Los Angeles  da 77 miliardi di dollari perché sarebbe troppo costoso e ci vorrebbe troppo tempo per realizzarlo e si è impegnato a realizzare una tratta più breve tra Merced e Bakersfield, nella Central Valley. Trump ha preso subito la palla al balzo e ha scritto su Twitter: «La California è stata costretta a cancellare il massiccio bullet train project dopo aver speso e perso molti miliardi di dollari. Devono tre miliardi e mezzo di dollari al governo federale. Vogliamo quei soldi indietro, ora. L’intero progetto è un disastro “green”!». Newsom ha bollato l’affermazione di Trump come «fake news».

Poi Trump ha affermato (falsamente) che il bullet train e sarebbe «centinaia di volte più costoso del muro disperatamente necessario!» e che secondo lui fasrebbe guadagnare agli Usa migliaia di miliardi di dollari. Ma basta dare uno sguardo alle cifre per capire che, in realtà, il costo di 77 miliardi di dollari previsto per il  progetto ferroviario e paragonabile al muro che prudenzialmente l’iperconservatore Cato Institute stima in circa 60 miliardi di dollari.

Insomma, il giorno dopo che la California e altri 16 Stati hanno avviato un procedimento legale contro la dichiarazione di emergenza di Trump, il Dipartimento dei trasporti di Trump ha detto che vuole i suoi soldi indietro: non solo i 929 milioni che doveva ancora dare, ma anche i 2,5 miliardi  di dollari già forniti al Golden State. E Trump ha twittato «restituiteli al governo federale: quei miliardi di dollari sono sprecati!»

Non è chiaro se il Dipartimento dei trasporti possa davvero recuperare i fondi già spesi e comunque si annunciano procedure giudiziarie molto lunghe, ma quel che è chiarissima è la notevole ipocrisia del presidente Usa sulla ferrovia ad alta velocità, al quale si aggiunge l’annuncio che il governo federale ha interrotto – sempre per rappresaglia – le trattative per gli standard Clean Car, confermando la sua intenzione di revocare l’esonero dalla California ai sensi del Clean Air Act, per non permettergli di adottare i propri standard di emissione di gas serra. Questi standard sono stati adottati da altri 13 Stati e dal Distretto di Columbia che, insieme alla California, rappresentano oltre il 40% del mercato automobilistico negli Stati Uniti.

Intanto, l’American Civil Liberties Union (Aclu), la Coalición de Comunidades Fronterizas del Sur,  Sierra Club, Aclu Texas e Aclu North California si oppongono alla dichiarazione di emergenza nazionale di Trump e hanno presentato una querela congiunta contro il presidente Usa.

Cecillia Wang, vicedirettrice legale dell’Aclu, ha detto che «Il presidente sta usando una falsa dichiarazione di un’emergenza, inesistente per scavalcare il sistema istituzionale di equilibrio dei poteri, il che danneggia profondamente le comunità che vivono e lavorano sulla frontiera. Abbiamo presentato questa querela per impedire che l’Amministrazione prosegua in questo intento patentemente illegale di rubare il denaro ai contribuenti per costruire un muro che membri del Congresso, esperti della sicurezza e l’opinione pubblica statunitense hanno dichiarato non necessario e dannoso».

Vicki B. Gaubeca, direttrice della Coalición de Comunidades Fronterizas del Sur, denuncia: «I muri e l’ipermilitarizzazione che sta cercando di imporre il presidente Trump no ci renderanno più sicuri ma degraderanno la qualità della vita di 15 milioni di persone che vivono nella regione di frontiera. La farsa dell’emergenza nazionale di Trump distruggerà il tessuto binazionale e multiculturale della nostra regione, smantellerà il nostro stile di vita e promuoverà l’ostilità verso i migranti e le comunità di colore della frontiera. Lo abbiamo querelato per assicurarci che le comunità frontaliere siano consultate su decisioni che colpiscono il nostro stile di vita e per porre fine a questo dannoso, letale e dispendioso».

Gloria Smith, managing attorney di Sierra Club, conclude: «Basta chiedere alle comunità frontaliere: questa è un’emergenza fittizia per costruire un muro alla frontiera non necessario, non richiesto e ambientalmente distruttivo. Il muro porterà alla distruzione di comunità frontaliere ricche di risorse storiche, culturali e ambientali, distruggendo habitat della vita selvatica e corridori  migratori per la fauna locale. E’ un nuovo atto illegale di abuso di potere da parte del presidente per completare la sua agenda antimigratoria e antiambientale».