No Tav: marcia Susa-Venaus l’8 dicembre, aderisce anche Legambiente

«Ci sono altre priorità, il Governo si confronti sulle vere opere pubbliche che servono al Paese a partire dalle politiche di adattamento alla crisi climatica»

[6 Dicembre 2019]

Il movimento NO Tav ha convocato per l’8 dicembre una nuova marcia Susa-Venaus e in un appello sottoscritto da diversi attivisti sottolinea: «Continuiamo a scrivere le pagine di questa lunga storia, che ci vede protagonisti insieme a migliaia di persone in tutta Italia di una battaglia quasi trentennale a difesa del nostro territorio e per il futuro di tutte e tutti. Tra cricche di poteri, pubblici ministeri persecutori dei No Tav che vengono indagati, nemici dei No Tav che fanno affari con la mafia, tonnellate di amianto abbandonate sui siti di interesse dei futuri lavori, c’è ancora chi continua a sostenere la credibilità di quest’opera. La forza di governo maggioritaria alle ultime elezioni ha dichiarato che quest’opera è da fare, nonostante anni di campagna elettorale contraria ed un’analisi costi benefici che ha dimostrato che ciò che abbiamo sempre detto è vero, il Tav è un enorme spreco di denaro pubblico. Oggi, contrastare queste opere inutili e devastanti significa difendere un pianeta a rischio sopravvivenza. I cambiamenti climatici stanno condannando l’uomo e la natura all’estinzione a causa di uno sfruttamento delle risorse di un sistema fuori controllo. Tutto ciò non è più sostenibile e dobbiamo agire ora».

Alla manifestazione ha annunciato la sua adesione anche Legambiente «per ribadire il proprio no alla linea ad alta velocità Torino Lione, una grande opera inutile, costosa e che rischia di produrre danni irreversibili all’ambiente».

In una dichiarazione congiunta, il presidente nazionale del Cigno Verde, Stefano Ciafani, e Giorgio Prino, neo-residente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, evidenziano che «Le ferite dei nostri dei nostri territori ci dimostrano ancora una volta che la crisi climatica impone dei cambiamenti urgenti nelle priorità non solo dell’agenda politica internazionale, e la Conferenza sul clima (COP25) in corso a Madrid è un importante banco di prova su questi temi, ma anche di quella nazionale e locale.  Le opere che davvero servono all’Italia e al Piemonte sono altre, non certamente la Tav la cui utilità, dopo decenni di discussione, resta ancora tutta da dimostrare. Insistere sulla Tav significa non tenere conto delle opere pubbliche che servono davvero al Paese, a cominciare dalla riqualificazione di un territorio fragile e delicato, dove troppo spesso il rischio idrogeologico causa vittime e danni. Senza dimenticare più in generale quelle opere che permetterebbero di ridurre le emissioni in atmosfera di gas serra e inquinanti, di ridurre lo scarico dei reflui fognari nell’ambiente per cui stiamo pagando multe salate, di affrontare il tema della gestione dei rifiuti o, ancora, affrontare la sfida legata alla mobilità urbana, ferroviaria e pendolare».

Tutto questo anche perché, ricorda Legambiente, «La Tav non sposterà un solo tir dalla strada, visto che resterà più economico e facile far “girare” le merci su gomma». Invece, secondo l’associazione ambientalista, «Il Governo deve avere il coraggio di ridurre la quota di trasporto merci che oggi viaggia su gomma disincentivando questo trasporto attraverso leve fiscali e tariffarie, promuovendo la mobilità urbana sostenibile, rafforzando e rendendo più competitivo il trasporto ferroviario pendolare e urbano per offrire una valida alternativa all’auto. Quello della mobilità è un problema che anche in Piemonte resta una priorità: nel 2017 sono state in media 166.445 le persone che ogni giorno hanno preso un treno pendolare, in diminuzione rispetto al 2016 quando si attestavano a 167.556 mila. Un’emorragia di pendolari che, per tornare almeno livelli del con 175.400 viaggiatori, necessiterebbe di sempre maggiori investimenti. Oggi, invece, gli stanziamenti per il servizio ferroviario si attestano a 5,51 milioni di euro l’anno, appena lo 0,05% del bilancio regionale. E la Torino-Lione non farà altro che drenare ulteriori risorse a scapito dei pendolari. Così come è sempre più evidente la necessità di allocare maggiori risorse per fronteggiare le conseguenze della crisi climatica, con un’accelerazione delle politiche di mitigazione del clima per preparare i territori, le aree agricole e le città a impatti che si stanno dimostrando sempre più devastanti. Nella sola regione Piemonte sono 1131 i comuni con aree a rischio frana o alluvione: praticamente il 93% del totale, con punte superiori al 99% nelle province di Cuneo e Asti».