Amianto, l’obbligo di bonifica è esteso anche al curatore fallimentare

[26 Ottobre 2015]

Il curatore fallimentare – a differenza delle situazioni riguardanti l’abbandono di rifiuti o di inquinamento – ha il dovere di provvedere alla rimozione di detriti contenenti amianto e di bonificare i luoghi, così come ha il dovere di monitorare l’evolversi della situazione, a seguito dei danni cagionati alla copertura dell’immobile da una tromba d’aria verificatasi successivamente alla dichiarazione di fallimento.

Lo afferma il Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia (Tar) – con sentenza n. 441 – che si pronuncia sulla questione riguardante la società fallita proprietaria di un immobile e il provvedimento del sindaco del Comune di Mariano del Friuli.

A seguito di una tromba d’aria, il sindaco ha ordinato al curatore di provvedere alla rimozione di detriti contenenti amianto e di bonificare i luoghi e con ulteriori ordinanze ha chiesto di provvedere alla verifica delle coperture dell’immobile e a monitorare l’evoluzione della situazione. Poi, a distanza di quattro anni il Sindaco ha emesso altra ordinanza che intima al curatore di proseguire nell’attività di monitoraggio e di bonifica. In particolare si ordina la nomina di un responsabile con compiti di controllo e coordinamento di tutte le attività di manutenzione riguardanti i materiali contenenti amianto, l’attuazione di un programma di monitoraggio semestrale e la conclusione delle operazioni di bonifica entro una certa data.

Provvedimento che il curatore fallimentare ritiene illegittimo. Perché – a suo avviso – il curatore non è né successore né rappresentante del proprietario dei beni ma assume semplicemente la legittimazione a liquidarli nell’interesse dei creditori. In altre parole non è soggetto agli obblighi dell’imprenditore fallito. E dunque anche per la bonifica dall’amianto il curatore non può essere considerato responsabile del comportamento del precedente proprietario.

Però, la presenza e soprattutto il pericolo di diffusione di materiali contenenti amianto in un edificio comporta per sua stessa natura la necessità d’interventi urgenti a tutela della salute, in maniera molto più incisiva rispetto a un semplice abbandono di rifiuti o all’inquinamento ambientale.

La disciplina speciale che regola la materia contiene principi in parte diversi da quelli applicabili al settore dei rifiuti e, in generale, all’inquinamento ambientale.

Dalla disciplina sull’amianto emerge in primo luogo che l’amianto non è di per sé qualificabile come un rifiuto. Perché nel caso dell’abbandono dei rifiuti o dell’inquinamento ambientale è possibile – anche se a volte molto difficoltoso – accertare chi sia stato il soggetto responsabile dell’inquinamento o, in negativo, se l’attuale proprietario del terreno inquinato o adibito a discarica abusiva sia o meno identificabile come responsabile della condotta illecita. Nel caso dell’amianto, il discorso è diverso, perché l’eternit diviene pericoloso per la salute pubblica solo a certe condizioni, il che implica una continua evoluzione della situazione e quindi anche il passaggio delle responsabilità fra cedente e cessionario dei beni immobili in cui sia presente l’amianto. Di conseguenza, la continua sorveglianza consente di scindere le responsabilità e obbliga passivamente il soggetto che detiene il bene nel momento in cui si verificano le condizioni per l’applicazione della normativa speciale.

Inoltre, mentre nel caso dell’inquinamento da attività industriale è facilmente dimostrabile da parte della curatela fallimentare la propria estraneità alla condotta illecita – visto che di solito la curatela “gestisce” impianti già dismessi o inattivi da tempo – nel caso dell’amianto l’attività che si richiede al detentore attuale del bene è di mera sorveglianza ed è quindi attività che si può esigere anche da colui che risulti possessore nel momento in cui vengono rilevate le problematiche. La sorveglianza sui manufatti in amianto (tettoie, coperture, etc.) o contenenti amianto (tubature, etc.) va svolta di continuo, non potendosi mai escludere del tutto che nel corso del tempo i fenomeni atmosferici e naturali rendano pericolosi per la salute pubblica manufatti che fino a quel momento potevano definirsi sicuri.