BP: «Vietare la plastica potrebbe avere conseguenze non intenzionali»

Gli ambientalisti: lo dite solo perché vi conviene. Scontro sul vuoto a rendere

[18 Febbraio 2019]

La notizia più importante che emerge dal recente BP Energy Outlook è che, secondo la multinazionale petrolifera responsabile del disastro della Deepwater Horizon del 2010, entro il 2040 le rinnovabili diventeranno la principale fonte di energia al mondo, anche se nei prossimi 20 anni la domanda di petrolio rimarrà forte. Ma quello che sta facendo più discutere in gran Bretagna, la casa madre della British Petroleum è che  il BP Energy Outlook ipotizza che ridurre l’uso della plastica potrebbe peggiorare le cose. Certo, l’idea che questa tesi venga avanzata da un gigante del petrolio noto per aver nel passato “addomesticato” dati e notizie non gioca a suo favore ma gli argomenti della BP meritano di essere presi in considerazione. D’altronde anche altri studi – e grandi imprese delle bioplastiche – dicono che sostituire la plastica monouso con alternative biodegradabili è un rimedio, non la soluzione, che richiederebbe un cambio di paradigma per l’intera società dell’iper-consumo.

La BP ipotizza che, se continuerà l’attuale trend contro la plastica, entro il 2040 potrebbe esserci un divieto mondiale di plastica monouso e, dato che gli articoli usa e getta, come agitatori per le bevande, bottiglie d’acqua, sacchetti, piatti e posate rappresentano oltre un terzo di tutto il materiale plastico prodotto nel 2017,  per sostituirlo ci vorranno più carta, vetro e altri materiali. E questo preoccupa la multinazionale perché, dice, limiterà la domanda di petrolio nei prossimi decenni e «avrà un costo maggiore in termini di energia e emissioni di carbonio». Intervistato dalla BBC, il capo economista della BP, Spencer Dale, ha asserito che «Se si sostituisce una bottiglia di plastica con una bottiglia di vetro, questo richiede circa l’80% di energia in più, più energia, più emissioni di carbonio. Quella bottiglia è molto più pesante, quindi ci vuole molta più energia per trasportarla. Sì, dovremmo essere preoccupati per la plastica, ma prima di iniziare a colpire quel bersaglio, dovremmo preoccuparci di dove ne spunterà un altro da qualche parte».

Per illustrare quello che secondo la BP  è qualcosa che somiglia molto una conseguenza non intenzionali di un’azione, la compagnia petrolifera fa un esempio che riguarda il suo core business: quello della auto diesel nel Regno Unito. Negli anni ’90, i diesel erano solo il 10% del parco auto britannico; nel 2012. Iin  seguito agli incentivi governativi per passare dalla benzina a un carburante che emetteva meno CO2, avevano raggiunto il 50%. Così si è riusciti a tagliare le emissioni di carbonio delle auto del 15%, ma   I diesel hanno prodotto 4 volte più di biossido di azoto (NO2) e 22 volte più particolato delle auto a benzina, portando a un rapido aumento dell’inquinamento atmosferico.

La BP sostiene che lo stesso meccanismo potrebbe innescarsi con il bando delle materie plastiche. Non è una novità, visto che gli stessi produttori di bioplastiche più avveduti e le associazioni ambientaliste non chiedono di abolire la plastica, ma di eliminare quella monouso con prodotti riciclabili e/o compostabili e di gestire correttamente il ciclo di vita delle plastiche “durevoli” in modo che diventino una risorsa e non un rischio per l’ambiente e la salute.

Teoricamente un sacchetto di plastica  non monouso – anche se nella pratica non è quasi mai vero – dovrebbe durare più di un sacchetto di carta e una borsina di stoffa riutilizzabile ha comunque un impatto ambientale. Nel 2018  i ricercatori della Herriot-Watt University hanno pubblicato uno studio che dimostra che un divieto assoluto di utilizzare le materie plastiche (che quasi nessuno propone)  potrebbe causare danni significativi all’ambiente e David Buckland, a capo dell’Institute of Chemical Sciences che ha guidato quel team scientifico conferma: «Bandire o ridurre il loro uso avrebbe un impatto enorme sul modo in cui viviamo. Ad esempio, sostituire la plastica con materiali alternativi come vetro e metalli costerebbe di più per produrli a causa dell’energia e delle risorse consumate  – compresa l’acqua – necessarie per elaborarle. Inoltre, poiché le materie plastiche sono leggere, il trasporto di beni di consumo in imballaggi di plastica significa meno veicoli per il trasporto di tali merci, quindi meno carburante e una riduzione significativa delle emissioni di gas serra».

Ma queste argomentazioni non convincono altri scienziati e soprattutto gli ambientalisti che pensano che la BP stia mostrando solo il  rovescio della medaglia della plastica perché è nell’interesse della multinazionale farlo. Come ha sottolineato Louise Edge di Greenpeace UK, «Se la produzione di plastica monouso continua ai tassi attuali, in futuro i giganti dei combustibili fossili incasseranno miliardi. Quindi non c’è da meravigliarsi che  vogliano che il mondo continui a usarne sempre di più. Mentre è vero che ci vuole meno energia per produrre e trasportare la plastica che il vetro, una bottiglia di vetro può essere riutilizzata decine di volte e, a differenza della plastica, è riciclabile all’infinito. Inoltre, i materiali come il vetro quando escono dal ciclo della raccolta non inquinano per centinaia di anni i nostri oceani e fiumi».

La BP ammette che il suo scenario futuro pro-plastica non include la diffusione di sistemi di raccolta e riutilizzo efficienti che potrebbero ridurre la quantità di emissioni aggiuntive dei prodotti alternativi e no si esprima sulle misure europee e della Gran Bretagna in piena Brexit per ridurre la produzione di plastiche monouso o per incentivare imballaggi che contengano meno del 30% di materiale riciclato, oppure per l’avvio al riciclo di almeno il 90% delle bottiglie di plastica. E materiali alternativi sempre più sostenibili spuntano come funghi: un’azienda danese, la Arla sta già introducendo sul mercato contenitori per il latte in bioplastica a base di legno che potranno essere riciclati proprio come il cartone. E i governi, in base all’Accordo di Parigi, dovranno comunque trovare il modo di ridurre le emissioni di industria e trasporti, anche con carbon tax che potrebbero rendere le materie plastiche più costose e garantire che le alternative non peggiorino la situazione climatica. Come dice la BBC, «Questa potrebbe essere la difesa definitiva contro le conseguenze involontarie dei divieti della  plastica».

Un problema affrontato dalla Waste & Resources strategy del governo conservatore britannico per attuare gli impegni presi con il 25 Year Environment Plan per quanto riguarda la riduzione dei rifiuti e per porre fine della cultura “usa e getta” nel Regno Unito. Un provvedimento che piace a Greenprece e ad altre associazioni ambientaliste britanniche è l’introduzione della cosiddetta Extended Producer Responsibility (EPR) sul packaging, che trasferisce i costi della gestione dei rifiuti dai consumatori ai produttori (attualmente il 90% è a carico dei consumatori), ma ci sono anche alcune proposte positive per rendere il riciclaggio meno complicato, migliorare la raccolta di rifiuti alimentari e reprimere l’esportazione illegale di rifiuti.

A preoccupare Greenpeace UK sono i tempi: l’EPR non entrerà vigore fino al 2023, come il deposit return scheme (DRS), il vuoto a rendere sui contenitori per bevande: «Questi tempi ritardati significano solo anni in più di status quo – dicono a Greenpeace – milioni di bottiglie in più che finiscono nei nostri fiumi e i produttori sono in grado di tenere i rifiuti degli imballaggi lontano dalla vista e lontano dalla mente. Nel frattempo, avremmo voluto vedere un’azione molto più audace sui materiali plastici “problematici”: si tratta di materie plastiche troppo rigide o costose da riciclare o pericolose per l’ambiente». Il governo spera che l’EPR risolverà  questo problema, ma gli ambientalisti non ne sono del tutto convinti: «Per il bene dei nostri oceani, pensiamo che questi materiali dovrebbero essere vietati immediatamente e dichiaratamente».

Greenpeace UK è preoccupata prima di tutto per il fatto che non ci sia un piano abbastanza chiaro per ridurre la quantità di plastica che viene introdotta nel sistema: «Si stima che nel prossimo decennio la produzione di plastica aumenterà del 40% e il riciclaggio da solo non risolverà la nostra crisi dell’inquinamento da plastica: abbiamo bisogno il prima possibile di obiettivi chiari sulla riduzione».

Friends of the Earth  UK  fa notare che «La plastica monouso è ancora troppo spesso una parte inevitabile della nostra vita quotidiana, nonostante l’enorme preoccupazione dell’opinione pubblica sull’impatto della plastica sulla nostra fauna selvatica che si sta spostando  verso oggetti come paglia, borse e tazze da caffè.

La nuova campagna #DrasticOnPlastic di Friends of the Earth, che mette in evidenza il fatto che «Finora, l’azione sulla plastica monouso è solo la punta dell’iceberg.

Julian Kirby, a capo della campagna plastic-free di Friends of the Earth UK, ricorda che «Molte compagnie hanno fatto affermazioni orgogliose sulla riduzione della plastica,  ma quanto è facile evitare bicchieri, buste, bottiglie e imballaggi di plastica, nella nostra vita quotidiana? E’ tempo che il governo sia più drastico sulla plastica, ed è per questo che abbiamo bisogno di una nuova legge che garantisca azioni più severe per porre fine alla crisi dell’inquinamento da plastica».

Ma l’uscita della BP sembra un bon appiglio per la Grande distribuzione organizzata che vorrebbe che il governo rinunciasse a una parte della Waste & Resources strategy che riguarda le percentuali di riciclaggio delle bottiglie. Andrew Opie, del British Retail Consortium, ha detto che l’approccio migliore è quello di concentrarsi su lattine e bottiglie che vengono abbandonate in giro: «Un deposito di tipo “catch-all” significherebbe grandi bottiglie che vengono conferite nelle macchine di riciclaggio piuttosto che nei contenitori per il riciclaggio domestico. Questo eliminerebbe una fonte di entrate per i Consigli locali, poiché le bottiglie di plastica sono preziose per il riciclaggio. Vogliamo tutti vedere un mondo senza inquinamento da plastica e alti livelli di riciclaggio. Ma in un momento in cui molti negozi stanno scomparendo dalle nostre strade principali, la Resources and Waste Strategy presenta spese in più per 3 miliardi di sterline».

Gli ambientalisti dicono che i contenitori per  bevande  grandi e piccoli – dovrebbero essere gravati da un deposito di oltre 15 pence, ma le imprese affermano che piccole bottiglie “on-the-go” causano la maggior parte dei rifiuti, mentre le bottiglie grandi vengono riciclate dalle famiglie e non dovrebbero essere soggette a un deposito.

E’ probabile che il Regno Unito alla fine copi la Norvegia che ha un deposito differenziato per le bottiglie a seconda della loro dimensione e dove i consumatori riportano le bottiglie vuote al supermercato, le introducino in una macchina “mangiaplastica” e ricevono in cambio un coupon come restituzione del deposito. Un meccanismo semplice che ha portato a tassi di riciclaggio del 97%, mengtre il Regno Unito ricicla poco più della metà delle bottiglie di plastica e nel mondo viene riciclato il 26% della plastica.

Samantha Harding di Campaign to Protect Rural England è molto sospettosa verso uscite come quella della BP e fa notare che «Le stesse compagnie che attualmente tentano di ostacolare un sistema di deposito sono riuscite a far fallire un’idea simile nel 1981, quando la stessa industria aveva promesso  di affrontare il problema del riciclaggio. Ma guardate il casino in cui ci troviamo adesso: i consumi sono aumentati mentre la linea del riciclaggio è piatta. La nostra campagna, i fiumi e gli oceani sono soffocati dalla plastica. E molti contenitori di bevande vengono raccolti in modo così inefficiente che la loro scarsa qualità significa che abbiamo difficoltà a riciclarli nel Regno Unito, e il resto del mondo non li vuole più».

Anche secondo Greenpeace, se il governo introducesse  uno «Schema scadente, limitato solo alle bottiglie più piccole, confonderebbe i clienti e non riuscirà a impedire che milioni di grandi contenitori vengano bruciati, gettati via o che finiscano  negli oceani».

Libby Peake, del think tank Green Alliance. Conclude: «I rifiuti non sono l’unico problema: l’introduzione di un deposito su tutti i contenitori migliorerebbe l’afflusso dei materiali nel sistema di riciclaggio e questo sarà un vantaggio importante. All’interno delle industrie ci sono persone che stanno cercando di far saltare lo schema per limitarlo a contenitori on-the-go e se ci riusciranno lo renderanno sicuramente meno efficiente».