Rifiuti, bruciature residui vegetali: ecco le ultime novità

[5 Settembre 2014]

Con la conversione in legge del decreto n. 91/2014 (ad opera della legge 11 agosto 2014, n. 116 pubblicata in G.U. 20 agosto 2014, n. 192) è entrata definitivamente in vigore la norma che disciplina la combustione in loco dei residui vegetali di natura agricola e forestale.

Rispetto al testo contenuto inizialmente nel decreto legge, in sede di conversione la disposizione è stata oggetto di una totale riformulazione.

Attualmente, dunque, la norma contenuta nel decreto legge 91/2014 – dopo le intervenute modifiche  in questione – recita:

ART. 14

8.  Al decreto legislativo n. 156 del 2006 e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

  a)….

 b) all’articolo 182, dopo il comma 6 è aggiunto il seguente:

«6-bis Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui  all’articolo  185,  comma  1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non  attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio  per  gli  incendi  boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata. I comuni e  le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la  facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui  al  presente comma all’aperto  in  tutti  i  casi  in cui  sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la  pubblica  e privata  incolumità e  per  la  salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli  annuali  delle  polveri  sottili (PM10)».

b-sexies) all’articolo 256-bis, comma 6, è aggiunto, in  fine,  il seguente periodo:

«Fermo restando quanto previsto dall’articolo 182, comma 6-bis, le disposizioni del presente articolo non si applicano all’abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale,  anche derivato da verde pubblico o privato».

***

Come si vede, rispetto alla precedente disposizione che interveniva inserendo esclusivamente un nuovo comma all’art. 256bis D.Lgs. n. 152/06[1], l’attuale disposizione – invece – da una parte detta un’apposita disciplina relativa alla combustione in loco dei residui vegetali di natura agricola/forestale aggiungendo un nuovo comma all’art. 182 D.Lgs n. 152/06 (attività di smaltimento), e dall’altra aggiunge un nuovo periodo al comma 6 dell’art. 256bis D.Lgs n. 152/06 (combustione illecita di rifiuti) per sottrarre l’applicazione delle sanzioni di cui allo stesso art. 256bis all’abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale,  anche derivato da verde pubblico o privato.

In quest’ultimo caso, rispetto alla precedente versione della disposizione, non si fa però più riferimento alla non applicazione delle disposizioni di cui all’art. 256 D.Lgs. n. 152/06 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata); resta dunque da valutare l’ipotesi che tali disposizioni potrebbero continuare a trovare comunque applicazione laddove si configuri un’attività di gestione illecita di rifiuti, anche nel caso di combustione di rifiuti vegetali operata al di fuori del contesto della deroga specifica in esame. Deroga che è parziale e soggetta a determinate condizioni, e non assoluta e generale. E su questo punto il dibattito è già aperto.

Passando ora ad esaminare la disciplina di deroga: ricordiamo che i materiali vegetali di cui all’articolo  185,  comma  1, lettera f) D.Lgs. n. 152/06 (richiamato dal nuovo comma 6bis dell’art. 182 cit. e, pertanto, oggetto della suddetta disposizione) sono: “… paglia,  sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana”.

Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei residui vegetali derivanti da lavorazione agricola e forestale effettuate nel luogo di produzione, sono, quindi, sottratte,dalla disciplina sui rifiuti, poiché – svolte in tale modalità – si dispone per legge che non costituiscono più attività di gestione di rifiuti.

Il Legislatore, dunque, ha inteso intervenire sull’annosa questione delle bruciature dei residui vegetali derivanti dalle attività agricole e forestali, che tanti problemi crea sul territorio; e per andare incontro ad alcune esigenze pratiche sollevate dal settore si è deciso di emanare una disciplina specifica di deroga al divieto della combustione sul campo dei residui vegetali che va – indirettamente – a  confermare ciò che noi abbiamo da sempre sostenuto, e cioè che fino a ieri coloro che ponevano in essere tale pratica (ad esempio, provvedendo a ripulire il noccioleto o il castagneto dai residui vegetali a mezzo dell’abbruciamento di fogliame, frutici e soffrutici vegetali, in pieno campo ma anche in relazione a bruciature di potature di ogni altro tipo) dovevano essere denunciati all’autorità giudiziaria per violazione della legge penale.

Lo stesso Legislatore nel novembre 2013 – in occasione dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di un disegno di legge ambientale collegato alla legge di stabilità 2014 dove già era presente una disposizione per consentire la combustione controllata di materiale vegetale – nelle premesse al testo di legge aveva ricordato che: “…la combustione in pieno campo dei residui vegetali derivanti da lavorazione agricola e forestale si configura quale illecito smaltimento di rifiuti, sanzionabile penalmente ai sensi dell’articolo 256 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale punisce l’attività di gestione di rifiuti non autorizzata, stabilendo che chiunque compie un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216, è punito con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda 2.600 a 26.000 euro, se si tratta di rifiuti non pericolosi.

Considerato il divario tra le previsioni normative e le usuali pratiche agricole locali, se si procede ad accendere un fuoco con residui di potatura o erba o foglie raccolte sul proprio terreno dopo averlo pulito, si rischia una condanna penale.

Il cittadino-imprenditore che, in concreto, vuole ripulire il noccioleto o il castagneto dai residui vegetali a mezzo dell’abbruciamento di fogliame, frutici e soffrutici vegetali, in pieno campo, deve essere denunciato all’autorità giudiziaria per violazione della legge penale”.[2]

Per evitare ciò è stato necessario, pertanto, un intervento del legislatore nazionale che ha apportato una modifica al decreto legislativo n. 152 del 2006 mediante l’inserimento di una disposizione specifica di deroga al divieto della combustione sul campo dei residui vegetali.

Se – come qualcuno sosteneva in precedenza – tali attività fossero state lecite e non costituivano in periodo pregresso reato, non si capisce perché oggi si sarebbe dovuto far ricorso ad una modifica legislativa per stabilire che – solo in alcuni casi specifici – da oggi non costituiscono più reato…

Ma vediamo alcune riflessioni che derivano dalla lettura del nuovo testo di legge.

In primo luogo va sottolineato che il testo normativo in esame prevede che “all’articolo 256-bis, comma 6, è aggiunto, in  fine,  il seguente periodo:  «Fermo restando quanto previsto dall’articolo 182, comma 6-bis, le disposizioni del presente articolo non si applicano all’abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale,  anche derivato da verde pubblico o privato».

Va evidenziato che tale nuovo periodo è inserito in calce all’art. 256/bis del decreto n. 152/06 e non anche in calce all’art. 256 dello stesso decreto. Questo è un dato di lettura che non va sottovalutato. Infatti, oggi è pacifico che tale grave delitto, nuovo e varato sotto la spinta della necessità di contrasto per i roghi della “terra dei fuochi”, non si applica praticamente mai in caso di roghi di residui vegetali in via generale. Di fatto: nessuna novità…  Perché nessuno (neppure noi) si è in precedenza mai sognato di dire o scrivere che tale rilevante nuovo delitto poteva essere di fatto  applicato per le bruciature dei rifiuti agricoli e forestali. Bastava essere realistici, e seguire la ratio legis della norma che ha introdotto tale delitto, per rendersi conto che si trattava (e si tratta) di norma destinata a ben altre finalità (contrasto alla criminalità seriale delle varie “terre dei fuochi” con roghi di ben altra natura, origine e conseguenza). Quindi, questo inciso normativo è praticamente irrilevante…

Ma è rilevante – invece – il fatto che il legislatore attuale ha inserito tale inciso solo in calce al delitto di cui all’art. 256/bis e non anche in calce alla contravvenzione di cui all’art. 256 del decreto 152/06. Reato/contravvenzione che noi abbiamo sempre sostenuto in passato essere invece applicabile per tali tipi di roghi agricoli e forestali. Perché il legislatore non ha inserito analogo periodo alla fine dell’art. 256? Si è trattato di una svista? Certamente no, atteso che addirittura nel testo del decreto-legge originario era stato proprio l’art. 256 ad essere citato in modo espresso per stabilire una chiara esenzione anche della sua applicazione nel caso di combustione dei residui vegetali praticamente a tutto campo… (l’art. 14, comma 8, del D.L. n. 91/2014 – prima delle modifiche apportate dalla legge di conversione – recitava:  « b) all’articolo 256-bis dopo il comma 6, è aggiunto il seguente: 6-bis. Le disposizioni del presente articolo e dell’articolo 256 non si applicano al materiale agricolo e forestale derivante da sfalci, potature o ripuliture in loco nel caso di combustione in loco delle stesse. Di tale materiale è consentita la combustione in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro nelle aree, periodi e orari individuati con apposita ordinanza del Sindaco competente per territorio. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle Regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata».).

Una specie di decriminalizzazione generale per tali residui vegetali. Oggi questa norma in sede di conversione è stata cambiata e resta solo il divieto di applicazione dell’art. 256/bis. Cosa vuol dire?

Ragionevolmente può voler dire solo una cosa:  se nel decreto-legge il legislatore, partendo dal presupposto (nostra teoria storica) che l’art. 256 si applicava a tali tipi di roghi, aveva espresso la chiara volontà normativa che da quel momento l’art. 256 non si applicava comunque più agli stessi roghi, va preso atto che oggi lo stesso legislatore ci ripensa e crea (logicamente) esenzione per tali roghi dal grave delitto di cui all’art. 256/bis. Ma omette di citare l’art. 256 che – dunque – in qualche modo  ci sembra che resta pure applicabile in questo settore. Ma quando?

Ed ecco che allora i due nuovi ed attuali passaggi normativi vanno a nostro modesto avviso letti in sinergia.  Perché, contrariamente a quanto qualcuno ritiene, la deroga in questione non è assoluta e generale (come in realtà poteva essere letta nel testo del decreto legge originario) ma è parziale e limitata al rispetto di alcune condizioni. Ma di che tipo di deroga stiamo argomentando? Dopo le condizioni, il tenore della deroga è chiaro perché tali roghi “ (…) costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non  attività di gestione dei rifiuti. (…)”. Dunque la deroga (sotto condizione) è rispetto all’attività di gestione di rifiuti. Che resta la base inalterata della fattispecie in esame. Come noi abbiamo sempre sostenuto. Solo che da oggi in alcuni casi tali roghi vengono estrapolati dal concetto di attività di gestione di rifiuti. Ma quali sono i casi in cui questi roghi vengono estrapolati dal concetto di gestione di rifiuti per espressa dizione precisa della norma? Sono questi casi: “ (…)  Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui  all’articolo  185,  comma  1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione (…)”. E basta.  La norma non recita affatto – come qualcuno vuole leggere – che sempre e comunque oggi tali roghi sono liberi ed esenti dal concetto di gestione di rifiuti… Dunque, se vengono rispettate le condizioni sopra espresse, siamo in deroga e scatta una specie di scriminante impropria. Ma se viene attivato un rogo del tipo in esame al di fuori di queste regole di deroga, siamo ancora nella ipotesi della “non attività di gestione di rifiuti”? Se così fosse, il legislatore avrebbe dovuto prevedere semplicemente che bruciare ogni tipo di rifiuti vegetali, agricoli e da potature restava esente dal concetto di gestione di rifiuti. Ma non è affatto così. Perché invece ha reso esenti tali bruciature solo in alcuni casi. E per gli altri? Se per gli altri non scatta il concetto di esenzione di “non attività di gestione di rifiuti”, non si torna forse alla base ordinaria del concetto di “gestione di rifiuti”? E da quale articolo del decreto 152/06 è sanzionata l’attività di gestione illecita di rifiuti? Dall’art. 256… Che nel decreto legge originario era stato azzerato espressamente in toto in questo settore, ma nel testo di conversione non è stato più richiamato… Mentre il legislatore ha chiarito una esenzione in toto dall’art. 256/bis…

Peraltro va sottolineato che ancora oggi è sempre vietata la combustione di residui vegetali agricoli e forestali durante i periodi di massimo rischio per  gli  incendi  boschivi, dichiarati dalle regioni. Ed in questo caso ci sembra che siamo fuori dalla deroga.

Infine, è appena il caso di ricordare che laddove ai residui di natura vegetale si vanno a mischiare e bruciare insieme anche altre tipologie di materiali (ad esempio, i teloni in plastica delle serre, i contenitori in polistirolo, i contenitori in plastica per i prodotti usati in agricoltura ect.), naturalmente la disciplina di deroga non può trovare più applicazione, ma tornano a configurarsi le ipotesi di  reato di illecito smaltimento di rifiuti e di combustione illecita di rifiuti. Certamente in nessun passaggio della nuova norma è scritto che il falò di residui vegetali può “assorbire” anche rifiuti di altro tipo…

Ora, a nostro modesto avviso non vi è dubbio che dare alle fiamme (con l’evidente ed incontestabile fine di “disfarsi”) rifiuti plastici di ogni tipo, polistiroli, teli di plastica per serre ed altri materiali di scarto similari (anche se utilizzati in agricoltura), ed anche se tali rifiuti sono mischiati in un unico falò di residui agricoli vegetali, integra il reato di smaltimento illegale di rifiuti mediante quella che è una vera e propria azione di smaltimento mediante abbruciamento.

Poi: i fumi tossici che vengono sprigionati da tali falò possono integrare il reato di cui all’art. 674 Codice Penale per l’effetto di molestia/danno potenziale alle persone (reato di pericolo). La fonte delle emissioni in tali casi è palesemente ed incontestabilmente illecita e dunque, se ne sussistono i presupposti in punto di fatto, tale reato è perfettamente ipotizzabile in punto di diritto.

Se poi – addirittura – dentro tali falò si bruciano anche copertoni esausti di veicoli di ogni tipo appare logico ed incontestabile che sussiste maggior danno per la salute pubblica ed il reato in questione a maggior ragione viene integrato.

E ci sembra che – almeno in questi casi – nessuna “deroga” possa essere invocata o varata, atteso che sarebbe paradossale un illecito a doppio binario, laddove se un privato o un’azienda in città brucia materiali plastici va incontro a tale reato, mentre se la stessa azione viene commessa in campagna, dentro una camicia di residui vegetali dati alle fiamme, sarebbe legittima…                                                                                                

                                                Maurizio Santoloci e Valentina Vattani, www.dirittoambiente.net

 

Infatti, l’art. 14, comma 8, del D.L. n. 91/2014 – prima delle modifiche apportate dalla legge di conversione – recitava:  « b) all’articolo 256-bis dopo il comma 6, è aggiunto il seguente: 6-bis. Le disposizioni del presente articolo e dell’articolo 256 non si applicano al materiale agricolo e forestale derivante da sfalci, potature o ripuliture in loco nel caso di combustione in loco delle stesse. Di tale materiale è consentita la combustione in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro nelle aree, periodi e orari individuati con apposita ordinanza del Sindaco competente per territorio. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle Regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata».

[2] Per  un approfondimento e per il testo integrale della nota si rimanda a M.SANTOLOCI – V.VATTANI “Bruciature residui vegetali: il punto della situazione” pubblicato su www.dirittoambiente.net il 1 maggio 2014