Discarica di Bussi, sentenza capovolta in appello. I commenti di Wwf e Legambiente

Gli ambientalisti: ora non si perda più tempo e si lavori per la bonifica dell’area

[18 Febbraio 2017]

Secondo il Wwf, l’attesa sentenza della Corte d’assise di appello de L’Aquila sulla discarica di Bussi, la “discarica dei veleni” della Montedison scoperta a Bussi nel pescarese nel 2007, «Cambia totalmente lo scenario di quello che è diventato ormai famoso come il “processo di Bussi”: la Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila ha emesso poco fa una sentenza nella quale sostanzialmente riconosce la verità storica di entrambi i reati: sia l’avvelenamento delle acque sia il disastro ambientale riqualificandoli in fatti di colpa. Il trascorrere del tempo conduce alla prescrizione il reato di avvelenamento ma non quello del disastro ambientale che viene affermato anche in termini di responsabilità penale per 10 degli imputati condannati a pene, condonate, variabili tra i 2 e i 3 anni».

Il processo di primo grado si era concluso nel 2014 senza condanne e la sostanziale modifica quella sentenza e, con l’affermazione di responsabilità, ha portato anche alla condanna al risarcimento del danno da quantificare in separata sede nonché alla condanna a varie provvisionali per oltre 3 milioni di euro a carico degli imputati, di cui circa 1 milione all’Ato, 500.000 euro alla Regione Abruzzo, 200.000 euro ai comuni e 10.000  euro in favore del Wwf Italia e di Legambiente, a 5.000  euro in favore delle restanti associazioni ambientaliste che si erano costituite parte civile.

Commentando la sentenza, il direttore generale di Legambiente, Stefano Ciafani, ha detto: «Per il popolo inquinato di Bussi è arrivata finalmente aria di giustizia. Oggi, con 10 condanne a pene variabili tra i 2 e i 3 anni, la Corte d’Assise d’appello dell’Aquila ha ribaltato la sentenza di primo grado sulle discariche dei veleni della Montedison scoperte a Bussi e riconosciuto le aggravanti nel reato di “disastro ambientale”, che di fatto ha interrotto la prescrizione e il reato di “avvelenamento colposo delle acque”. Reati commessi da chi ha inquinato per anni quell’area, sversando veleni nei terreni con la contaminazione delle falde acquifere, e che finalmente pagherà per quello che ha fatto. Una sentenza che finalmente porta un vento di giustizia, negata per anni. Ora si lavori per il ripristino ambientale e una completa ed esauriente bonifica del sito senza perdere più altro tempo e senza far passare altri anni, come invece è successo fino ad ora».

Giuseppe Di Marco, presidente Legambiente Abruzzo, aggiunge: «Legambiente, che è tra le parti civile del processo, continuerà la sua battaglia per il ripristino ambientale dell’area. Dieci anni fa si sollevava il vaso di pandora sulla discarica illegale di veleni chimici più grande d’Europa che per anni ha avvelenato l’ambiente, la salute dei cittadini e danneggiato l’economia di questi territori. Ad oggi le attività di bonifica latitano. Per questo chiediamo che si lavori per il risanamento dell’area e poi per un suo rilancio, perché i cittadini hanno diritto alla restituzione di un territorio finalmente libero dai veleni e di un futuro proietto sulla green economy».

Appena dopo la lettura del dispositivo della sentenza, l’avvocato Tommaso Navarra, che ha rappresentato il Wwf  in questa lunghissima vicenda giudiziaria, ha dichiarato: «Dopo due anni di lavoro e di assoluta fiducia nella giustizia oggi possiamo dire che anche i reati ambientali possono trovare un giusto accertamento di verità. Un ringraziamento particolare va ai nostri associati che negli anni hanno saputo credere in questo percorso giudiziario tanto tribolato quanto importante».

Luciano Di Tizio, il delegato del Wwf Abruzzo che ha seguito il processo, conclude: «E’ stato compiuto un passo avanti importante nell’accertamento della verità ma l’obiettivo finale, come abbiamo sempre detto, resta la bonifica del territorio e l’applicazione del sacrosanto principio del chi ha inquinato paghi».