Uno studio che mette in dubbio le promesse di sicurezza del summit Iaea in corso a Vienna

Gli attuali sistemi di stoccaggio delle scorie nucleari non funzionano

E intanto Trump fa inversione a U sul deposito di scorie nucleari di Yucca Mountain

[11 Febbraio 2020]

Mentre a Vienna, nella sede dell’International atomic energy agency 57 ministri e oltre 2000 esperti di oltre 130 Paesi e 35 organizzazioni internazionali partecipano fino al 14 febbraio all’International Conference on Nuclear Security: Sustaining and Strengthening Efforts (ICONS 2020) per riaffermare il loro comune impegno per il rafforzamento della sicurezza nucleare a livello globale de fare il punto sui loro sforzi per garantire la sicurezza dei materiali e della tecnologia nucleari, lo studio “Self-accelerated corrosion of nuclear waste forms at material interfaces” pubblicato pochi giorni fa su Nature Materials da un team di ricercatori statunitensi e francesi mette in dubbio fortemente il fatto che ci stiano davvero riuscendo-

Infatti, secondo lo studio «I materiali che gli Stati Uniti e gli altri paesi prevedono di utilizzare per immagazzinare scorie nucleari di alto livello probabilmente degraderanno più velocemente di quanto chiunque in precedenza sapesse, a causa del modo in cui questi materiali interagiscono.

I risultati dello studio dimostrano che «la corrosione dei materiali di stoccaggio delle scorie nucleari accelera a causa dei cambiamenti nella chimica della soluzione delle scorie nucleari e del modo in cui i materiali interagiscono tra loro» e il principale autore dello studio, Xiaolei Guo, direttore del Center for performance and design of nuclear waste forms and containers del College of Engineering dell’Ohio State University, spiega che «Questo indica che i modelli attuali potrebbero non essere sufficienti per stoccare questi rifiuti in modo sicuro. E dimostra che dobbiamo sviluppare un nuovo modello per lo stoccaggio di scorie nucleari».

Un bel problema, visto che, aprendo il summit nucleare di Vienna, il direttore generale dell’Iaea Rafael Mariano Grossi ha ricordato che «La sicurezza nucleare non si limita a prevenire il terrorismo nucleare. E’ essenziale per garantire che i Paesi possano godere dei grandi benefici dell’uso pacifico della scienza e della tecnologia nucleari in modo sostenibile e per mantenere la fiducia dell’opinione pubblica. Il mantenimento dei massimi livelli di sicurezza nucleare non dovrebbe essere visto come un ostacolo all’utilizzo della tecnologia nucleare, ma piuttosto come un fattore abilitante. Contrariamente alle percezioni in alcuni settori, l’uso dell’energia nucleare continua a crescere. Si fa sempre più uso anche di applicazioni non energetiche della tecnologia nucleare nell’industria, nella sanità, nell’agricoltura, nella produzione alimentare e in molte altre aree. Questo significa che la quantità di materiale nucleare e di altro materiale radioattivo nel mondo continua ad aumentare, così come il numero di impianti in cui tale materiale è immagazzinato. Questo materiale e queste strutture devono essere protetti da un utilizzo dannoso».

Ma lo studio, che si è concentrato proprio sui materiali di stoccaggio per le scorie nucleari di alto livello, soprattutto le scorie militari, eredità della passata produzione di armi nucleari, racconta una situazione ben diversa da quella presentata dal capo dell’Iaea: «Le scorie sono altamente radioattive. Mentre alcuni tipi di rifiuti hanno emivite di circa 30 anni, altri – ad esempio il plutonio – hanno un’emivita che può essere di decine di migliaia di anni. L’emivita di un elemento radioattivo è il tempo necessario per la decomposizione della metà del materiale».

Attualmente gli Usa – la più grande potenza nucleare del mondo – non hanno un sito di smaltimento per queste scorie che, secondo il General Accountability Office, in genere vengono stoccate vicino agli impianti in cui vengono prodotte. In campagna elettorale Donald Trump aveva giurato che avrebbe costruito il sito permanente di stoccaggio delle scorie nucleari di Yucca Mountain in Nevada che era stato bocciato da Barack Obama, ma alla fine il 6 febbraio Trump, tra il tripudio e i complimenti delle associazioni ambientaliste, si è rimangiato la promessa de ha messo fine a una vicenda che durava da 30 anni e che era già costata almeno 15 miliardi di dollari in studi, progetti e indagini. Come ha spiegato Geoff Fettus, responsabile del programma nucleare del Natural Resources Defense Council  «Il presidente Donald Trump si è inchinato alla realtà quando ha detto che la sua Amministrazione avrebbe posto fine ai suoi tentativi di mettere per forza le scorie nucleari nell’insicuro sito della Yucca Mountain in Nevada. Con questo cambio di direzione da parte dell’Amministrazione Trump, decenni di sfortunati tentativi di scaricare scorie nucleari nella Yucca Mountain giungono ufficialmente alla fine. Il Congresso deve ora muoversi in una nuova direzione, basata sulla solida scienza, il consenso dello Stato e della cittadinanza locale e il rispetto di tutte le leggi ambientali».

Paesi di tutto il mondo, Italia compresa, sono alle prese con il problema di trovare siti di stoccaggio definitivi e con il modo migliore di trattare le scorie nucleari e solo uno, la Finlandia, ha avviato la costruzione di un deposito a lungo termine per scorie nucleari di alto livello.

Ma all’Ohio Stat University fanno notare che «In tutto il mondo il piano a lungo termine per lo smaltimento e lo stoccaggio di rifiuti militari di alto livello è sostanzialmente lo stesso. Comporta la miscelazione delle scorie nucleari con altri materiali per formare vetro o ceramica, e quindi l’inserimento di quei pezzi di vetro o ceramica – ora radioattivi – all’interno di container metallici. Questi canisters verrebbero quindi sepolti nel sottosuolo in un deposito per isolarli».

Nel nuovo studio, finanziato in parte dal Dipartimento dell’energia Usa, i ricercatori hanno però scoperto che quando vengono esposti a un ambiente umido, «vetro e ceramica interagiscono con l’acciaio inossidabile per accelerarne la corrosione, in particolare del vetro e dei materiali ceramici che trattengono le scorie nucleari». Inoltre, lo studio ha misurato qualitativamente la differenza tra corrosione accelerata e corrosione naturale dei materiali di stoccaggio. E Guo lo ha definito «grave», aggiungendo che «Nello scenario real-life, le scorie sottoforma di vetro o ceramica sarebbero in stretto contatto con i canisters di acciaio inossidabile. In delle condizioni specifiche, la corrosione dell’acciaio inossidabile impazzirà, creando un ambiente super-aggressivo che può corrodere i materiali circostanti».

Per analizzare la corrosione, il team di ricerca ha pressato le waste forms” di vetro o ceramica, nelle quali sono incapsulate le scorie nucleari, contro l’acciaio inossidabile e le ha immerse in delle soluzioni per un massimo di 30 giorni, in condizioni che simulano quelle sotto la Yucca Mountain, l’ormai ex deposito di scorie nucleari proposto per gli Usa. Gli scienziati statunitensi e francesi dicono che «Questi esperimenti hanno dimostrato che quando il vetro e l’acciaio inossidabile venivano premuti l’uno contro l’altro, la corrosione dell’acciaio inossidabile era “grave” e “localizzata”». I ricercatori hanno anche notato crepe e una maggiore corrosione sulle parti del vetro che erano state a contatto con l’acciaio inossidabile e spiegano ancora che «Parte del problema risiede nella tavola periodica. L’acciaio inossidabile è costituito principalmente da ferro miscelato con altri elementi, tra cui nichel e cromo. Il ferro ha un’affinità chimica con il silicio, che è un elemento chiave del vetro. Gli esperimenti hanno anche mostrato che quando la ceramica – un altro potenziale detentore di scorie nucleari – veniva premuta contro l’acciaio inossidabile in condizioni che imitavano quelle sotto la Yucca Mountain, sia la ceramica che l’acciaio inossidabile si sono corrose in modo “grave localizzato”».

In uno deu suoi Tweet Trupm ha scritto: «Nevada, su Yucca Mountain ti ho ascoltato e la mia amministrazione ti rispetterà! Il Congresso e le precedenti Amministrazioni non sono riusciti a trovare soluzioni durature – la mia amministrazione è impegnata a esplorare approcci innovativi – sono fiduciosa che possiamo farcela!». Un modo sfacciato per nascondere la sua inversione a U sul finanziamento del deposito di scorie nucleari a Yucca Mountain e cercare di recuperare voti in uno Stato, il Nevada, che nel 2016 aveva votato per i democratici. Ora però dovrà spiegare dove metterà le 1.600 tonnellate di combustibile nucleare esausto della centrale nucleare chiusa di San Onofre.

Come ha sottolineato ironicamente la democratica del Nevada Dina Titus: «Si dice : se non puoi batterli, unisciti a loro. Il presidente Trump ha cercato di spingerci in gola per tre anni la scorie nucleari a Yucca Mountain. Lo abbiamo battuto forte – tre volte di seguito – e lui lo sa».

E il nuovo studio – che probabilmente Trump non ha letto e l’Iaea sembra ignorare – evidenzia un problema che non ha solo Trump (anche Emmanuel Macron e Boris Johnson non scherzano, per non parlare di Russia, Cina, Giappone e India) ma che negli Usa è particolarmente evidente: il governo federaleUsa non ha ancora aperto nessuna struttura per immagazzinare circa 80.000 tonnellate di carburante nucleare esaurito che si è accumulato in 121 siti in 35 Stati.

A Vienna, i delegati del summit ICONS 2020 hanno adottato una dichiarazione per migliorare la sicurezza nucleare globale e contrastare la minaccia del terrorismo nucleare e di altri atti dannosi. Nella dichiarazione, gli Stati membri dell’Iaea hanno ribadito gli obiettivi comuni di non proliferazione nucleare, disarmo nucleare e utilizzi pacifici dell’energia nucleare e hanno riconosciuto che la sicurezza nucleare contribuisce alla pace e alla sicurezza internazionali. Ma alla luce del nuovo studio e della sofferta decisione di Trump forse bisognerebbe pensare anche all’insicura e pericolosa eredità che – terroristi o meno – il nucleare e le sue scorie ingestibili lasceranno alle generazioni future.