La rimozione dei rifiuti, moderna psicosi contro ambiente e salute

Lampante il caso amianto: a 25 anni dal bando semina ancora malattie e paure, ma le bonifiche latitano e i materiali rimossi non hanno impianti dove essere smaltiti

[12 Aprile 2017]

Rimozione. Solo la psicanalisi può aiutarci a capire come mai l’essere umano tenti in ogni modo di “allontanare dalla propria coscienza ciò che non tollera perché provoca vergogna”. E in questo caso parliamo di rifiuti. La rimozione dei rifiuti.

L’esempio più lampante che torna in questi ultimi giorni, per avere un aggancio con la cronaca, è l’amianto. Una parola che da tempo fa paura solo a pronunciarla. Amianto che fa rima con morte per mesiotelioma. E che nella nostra provincia – anche l’Osservatorio naizonale amianto (Ona) ce lo ricorda continuamente – ha già mietuto tante troppe vittime e altre ne mieterà.

Soluzione finora cercata? Rimozione fisica di tutto l’amianto presente (tonnellate e tonnellate, e ce ne saranno ancora per anni) e risarcimento per le vittime e i loro parenti. Ma ecco l’altra “rimozione”: dove si mette l’amianto raccolto? La normativa indica che deve essere smaltito in sicurezza, in discariche ad hoc o almeno in moduli appositamente dedicate all’interno delle discariche esistenti.

Pacifico che più è vicina la discarica rispetto a dove l’amianto viene bonificato, minori saranno i costi e più brevi – e quindi più sostenibili e maggiormente rintracciabili – i viaggi dei camion che lo trasporteranno.

Tutto bene? No, tutto male. Perché se si rimuove a livello di coscienza questa parte per paura (della cittadinanza), per codardia (delle istituzioni) o per qualunque altra ragione, che ragione non è, la soluzione al problema amianto non la troveremo mai e le vittime non avranno giustizia.

Perché la discarica con modulo dedicato all’amianto che, una volta sotterrato torna a fare il minerale come spiegano gli esperti, non la vuole nessuno. Si preferisce spedire tutto in Germania a costi folli (almeno finché in Germania troveranno conveniente lo scambio) girando le spalle al problema e quindi “rimuoverlo”, piuttosto che prendersi l’onere di una gestione corretta fatta in casa nel rispetto della legge.

Fare una bonifica e non occuparsi di dove smaltire ciò che viene rimosso, rende invece in parte vana la bonifica stessa. Spostare in Germania (se va bene, perché molte volte l’amianto finisce direttamente nei nostri boschi e nelle nostre colline, quando non prende la via dei paesi poveri alimentando traffici illegali) vuol dire solo spostare “altrove” lo stesso problema.

La cosa peraltro vale esattamente allo stesso modo per tutti i rifiuti, perché altra spiegazione non c’è di fronte a chi crede che una raccolta differenziata fatta ottimamente bene, ma dei soli imballaggi (che sono il 7% di tutti i rifiuti, urbani e speciali) e per di più “dimenticando” che anche dal riciclo si ottengono nuovi rifiuti come scarti di processo, possa tout court palesarsi come la migliore corretta gestione del ciclo dei rifiuti. La battaglia quindi rimane innanzitutto culturale, ma su questo fronte purtroppo i progressi latitano da anni.

di Fabiano Alessandrini