20 mila km di mare percorsi e monitorati con imbarcazioni, aerei e droni. 6.500 oggetti galleggianti registrati di cui il 90% plastiche

MedSeaLitter: l’impatto delle plastiche sulla fauna marina e i risultati dei monitoraggi

Oggetti e frammenti di plastica nel 65% delle tartarughe marine e nel 50% dei pesci

[11 Giugno 2019]

Il Mediterraneo è uno dei 25 biodiversity hotspots del mondo, cioè una delle regioni con il maggior numero di specie viventi in tutto il pianeta. È anche un punto cruciale per gran parte delle rotte migratorie degli uccelli paleartici, e nelle sue acque vivono circa 900 specie di pesci e cetacei e circa 400 specie vegetali. Come per tutti i mari e gli Oceani, il Mediterraneo è fortemente minacciato dalle concentrazioni di rifiuti. Secondo l’Unep, la maggior parte dei rifiuti marini (circa il 95%) è composta da plastica e il Mar Mediterraneo è attualmente una delle sei aree maggiormente invase da marine litter nel mondo, con concentrazione dei rifiuti in alcune aree comparabile a quella delle cosiddette “isole galleggianti” dell’Oceano Pacifico. Questo è dovuto principalmente alla sua struttura di bacino semichiuso con ridotti scambi d’acqua con l’Oceano Atlantico.

L’impatto sull’ambiente e sul biota marino dei rifiuti, in particolare le plastiche, è ormai noto e per poter conoscere nei dettagli il fenomeno, le fonti di origine, la distribuzione ed il rischio di esposizione del biota (in particolare i cetacei e tartarughe presenti all’interno della Direttiva Habitat per i quali la plastica galleggiante è considerata una minaccia per la loro conservazione) il programma Interreg Med a finanziato il progetto Medsealitter che aveva come scopo principale lo sviluppo e la validazione di un protocollo di monitoraggio del marine litter e dei sui potenziali effetti sulle specie animali marine protette. Il poter utilizzare un protocollo unico di semplice applicazione ma validato scientificamente, permette di paragonare nel tempo e nello spazio l’evoluzione del fenomeno, e quindi di valutare tempestivamente ed efficacemente i risultati delle misure messe in atto per la riduzione delle plastiche a mare.

MedSeaLitter è un progetto guidato dal Parco Nazionale delle Cinque Terre, che vede collaborare Ispra, le università di Barcellona, Valencia e Medasset (Grecia), l’Hellenic Centre for Marine Research (Grecia), l’Area marina protetta di Capo Carbonara, l’Ecole Pratique des Haute Etudes ed EcoOcean (Francia) e Legambiente, che ha portato ai risultati sperati: «Oltre 20.000 km di transetti di mare percorsi, di cui circa 1.600 km con piccole e medie imbarcazioni e quasi 19.000 km con grandi imbarcazioni (traghetto); 6.500 oggetti galleggianti registrati tra naturali (tra il 13 e il 25%) e rifiuti dovuti ad attività umane (tra il 75 e l’87%), di cui la maggior parte (tra l’80 e il 90%) composto da polimeri artificiali (plastica), mentre il restante è composto da carta (circa 3%), e poi vetro, metallo e tessuti».

A Legambiente spiegano che «I monitoraggi per testare la metodologia di osservazione dei rifiuti sono stati effettuati durante il periodo da febbraio 2017 a dicembre 2018 nel Mediterraneo (es. costa spagnola, Golfo del Leone, AMP Capo Carbonara, lungo transetti transfrontalieri in mar Ligure, Mar di Sardegna-Baleari, Mar Tirreno, Canale di Sardegna e Sicilia, Mar Adriatico e Ionio). Nello specifico, in alto mare tramite traghetto, sono stati percorsi oltre 23.500 km (per un totale di 2.088 chilometri quadrati) su rotte che percorrono il Mediterraneo (Ancona-Patrasso, Civitavecchia-Barcellona, Livorno-Bastia, Palermo-Tunisi, Tolone-Ajaccio, Tolone-Ile Rouse, Cagliari-Palermo) e sono stati registrati 4.859 rifiuti con dimensioni maggiori di 20 cm, con una densità media variabile da 1 a 10 rifiuti ogni km2 percorso. Lungo la costa invece, i monitoraggi sono stati effettuati con piccole o medie imbarcazioni dalle quali è possibile avvistare anche i rifiuti di minori dimensioni. Sugli oltre 1600 chilometri percorsi sono stati avvistati 1415 rifiuti con dimensione maggiore di 2,5 cm, per una densità che, secondo le stime, può arrivare sino a 600 oggetti per chilometro quadro di mare. Il monitoraggio ha riguardato anche i rifiuti galleggianti alla foce del fiume Tevere. In questo caso, durante l’anno di osservazioni sono stati registrati 1442 oggetti, con una media che varia da 76 a 95 oggetti all’ora, di cui l’85% con dimensione compresa tra 2,5 e 20 cm e il restante superiore a 20 cm».

A MedSeaLitter dicono che «La comparazione tra i dati relativi agli oggetti maggiori di 20 cm in zone di alto mare, con quelli costieri e alla foce di un corso d’acqua come il Tevere conferma un gradiente che aumenta andando sottocosta fino alla foce dei fiumi, dimostrando che le foci sono gli input principali della dispersione dei rifiuti in mare e che le azioni di mitigazione devono considerare anche le aree dell’entroterra e non solo quelle costiere. L’aumento dei rifiuti nel periodo primavera – estate conferma poi l’importanza della pressione antropica sulla produzione dei rifiuti nelle località costiere e marittime».

Invece,. i monitoraggi effettuati con un drone hanno permesso di registrare sottocosta «una densità di oggetti che varia da 34 a 40 oggetti ogni chilometro quadro. Questi dati emergono dall’analisi di oltre 4700 immagini registrate a una quota variabile da 20 a 65 metri sul livello del mare. Gli oggetti galleggianti più frequenti provengono dal settore pesca e da quello legato al cibo: il 23% sono cassette di polistirolo, il 16% bottiglie di plastica, il 15 frammenti di oggetti non riconoscibili, il 13 % buste di plastica e l’11% frammenti di polistirolo.»

La collaborazione internazionale di MedSeaLitter ha permesso non solo di sviluppare per la prima volta un protocollo condiviso di monitoraggio sui rifiuti marini e i loro effetti nel Mar Mediterraneo, ma anche di mettere a punto metodologie di analisi dei contenuti stomacali del biota per verificare la presenza di microframmenti di plastica grazie alle attività dei partner di MedSeaLitter in collaborazione con i centri di recupero tartarughe marine e le reti di monitoraggio degli spiaggiamenti. Anche questa metodologia viene messa ora a disposizione delle Aree Marine Protette. Patrizio Scarpellini, direttore del Parco Nazionale delle Cinque Terre, evidenzia che «Oltre 260 specie, tra cui invertebrati, tartarughe, pesci e mammiferi marini, sono direttamente o indirettamente colpiti dal fenomeno; alcuni rimangono impigliati, altri ancora li ingeriscono, con conseguente disfunzione del movimento e dell’efficienza riproduttiva, lacerazioni, ulcere e morte. Il problema dei rifiuti marini e in particolare la frazione plastica, è un fenomeno che ha effetti devastanti non solo sulla biodiversità, ma anche sulla qualità delle acque e degli interi sistemi territoriali. Nel nostro parco la sinergia con i fruitori del mare è obbiettivo condiviso… il battello spazzamare, i libretti su cui si segnalano le “catture” e le presenze plastiche, l’informazione e la tutela, la formazione per i ragazzi e gli adulti».

Il monitoraggio effettuato ha rivelato «la presenza di oggetti e frammenti plastici nel tratto digestivo di oltre il 65% delle tartarughe Caretta caretta esaminate e nel 50% dei pesci Boga».  Lo studio è stato eseguito su oltre 130 esemplari di tartaruga marina Caretta caretta, già decedute, recuperate grazie alle reti di spiaggiamento tra il 2017 e il 2018 in Spagna, Francia, Italia e Grecia, e «Le analisi delle feci e del contenuto del tubo digerente ha evidenziato la presenza di rifiuti ingeriti pari al 65%, con un’incidenza che varia dal 43% (in Italia) al 100% (in Spagna). Il 70% delle particelle rinvenute è plastica. Nel 53% si tratta di frammenti di buste, per il 20% frammenti più spessi di oggetti e per il 9% filamenti di plastica. Tra gli oggetti identificabili trovati durante le necropsie ci sono, ad esempio, etichette di birra, bastoncini di lecca-lecca, palloncini e involucri di caramelle».

Per i monitoraggi sulle microparticelle ingerite dalle specie ittiche è stato usato come indicatore il pesce Boga (Boops boops): «Nel complesso, tra il 2018 e il 2019, sono stati analizzati 750 individui e sono stati trovati oltre mille frammenti di plastica in poco più della metà di questi (51%), con una media presenza tra 1 e 5 frammenti, con un’incidenza variabile a seconda dell’area geografica di analisi».

Commentando i risultati del progetto, Beatrice Covassi, capo della rappresentanza in Italia della Commissione europea, ha ricordato che «L’Unione europea è fortemente impegnata nella tutela dell’ambiente ed è in prima linea nella lotta globale contro i rifiuti marini – Oltre alla definizione di politiche e provvedimenti normativi, come il piano d’azione per l’economia circolare e la direttiva sulla plastica monouso, l’Ue sostiene finanziariamente progetti e tecnologie che contribuiscono a salvaguardare gli ecosistemi. In quest’ottica MedSeaLitter rappresenta un progetto molto importante: auspichiamo che il protocollo sviluppato venga adottato dal maggior numero possibile di Aree Marine Protette, in modo da definire modalità di gestione uniformi dei rifiuti marini per limitarne l’impatto ambientale».

Le zone monitorate per la sperimentazione comprendevano la costa spagnola, il Golfo del Leone, l’AMP Capo Carbonara, e transetti transfrontalieri in mar Ligure, Mar di Sardegna-Baleari, Mar Tirreno, Canale di Sardegna e Sicilia, Mar Adriatico e Ionio e i ricercatori fanno notare che «I risultati finali evidenziano come il protocollo messo a punto può essere utilizzato da diverse imbarcazioni e con l’uso di diverse tecniche, ovvero tramite monitoraggio visivo operato da un osservatore esperto o tramite la registrazione di immagini e/o video. Il metodo permette anche di valutare il rischio di esposizione ai rifiuti da parte delle specie quali cetacei e tartarughe. La valutazione dei trend di abbondanza e dei materiali dei rifiuti marini galleggianti potrà dare un supporto alle politiche di riduzione dei rifiuti previste dalle Direttive Europee quali Waste e Strategia Marina. Lo sforzo scientifico nella validazione del protocollo realizzato dal progetto Medsealitter verrà inoltre capitalizzato sia a livello europeo, con il suo inserimento nelle Linee Guida del monitoraggio del Marine Litter per la Strategia Marina, sia a livello nazionale nel del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, con l’utilizzo nei monitoraggi nazionali previsti dal ministero dell’ambiente».