Il Parlamento Ue avvicina l’addio agli shopper di plastica, e l’Italia è già avanti

Approvata in prima lettura la Direttiva presentata dalla Commissione europea

[16 Aprile 2014]

Con  539 voti a favore, 51 contrari e 72 astensioni è stata approvata in prima lettura dal Parlamento europeo la proposta di Direttiva sugli shopper presentata dalla Commissione Ue il 4 novembre dello scorso anno: i paesi membri dovranno raggiungere gli obiettivi di riduzione nell’utilizzo dei sacchetti di plastica, rispetto ai valori 2010, fissati in un taglio del 50% entro il 2017 e dell’80 % entro il 2019.

«I deputati oggi hanno votato per rafforzare in modo significativo i progetti di norme comunitarie volte a ridurre l’uso dei sacchetti di plastica – ha commentato la relatrice, Margrete Auken – in particolare per includere obiettivi obbligatori europei di riduzione e l’obbligo di far pagare per i sacchetti di plastica un costo. Come hanno dimostrato i paesi che hanno già iniziato questo processo, ridurre drasticamente il consumo di questi sacchetti è un obiettivo facilmente raggiungibile con una politica coerente».

Tra questi paesi figura anche l’Italia, che su questo punto si è mossa in anticipo rispetto ai partner europei. Allo stato attuale la direttiva votata dal Parlamento Europeo riconosce la positività dei risultati prodotti  dalla  norma italiana sugli shopper.

L’Italia, con la sua legge, infatti, ha già portato il consumo di shopper usa e getta da circa 180.000 ton del 2010 a circa 90.000 del 2013 con una riduzione dell’ordine del 50% e – commenta l’italiana Novamont, azienda leader nel campo delle bioplastiche – ha migliorato qualità e quantità del rifiuto organico creando un vero e proprio modello di raccolta differenziata, che funziona allo stesso modo in aree a bassa ed alta densità di popolazione, come sta dimostrando il caso di Milano. Se la Direttiva europea venisse approvata definitivamente, con i risultati già raggiunti l’Italia si troverebbe già da subito in linea con la performance necessaria per tagliare il traguardo fissato per il 2017.

Le armi a disposizioni dei governi per raggiungere l’obiettivo dettato in sede europea variano dalle tasse alle restrizioni più o meno severe nel commercio degli shopper, fino a vietarne l’utilizzo (come nel caso italiano).

In caso di tassazione e non di bando, ricorda la stessa Novamont, l’imposizione fiscale deve essere sufficientemente elevata da portare ai target di riduzione stabiliti. Per evitare distorsioni e aggiramenti della direttiva è previsto che i sacchi riutilizzabili non possano costare meno dei sacchi usa e getta. A titolo di esempio, l’Irlanda per raggiungere una riduzione dell’80% degli shopper ha applicato una tassa di 22 cents. I sacchi riutilizzabili non potranno, quindi, essere venduti sotto questa soglia. Inoltre non potranno essere usati sacchi ultrasottili del tipo frutta e verdura per asporto merci. Attraverso un differenziale di prezzo viene riconosciuto il contributo dei sacchi biodegradabili e compostabili  nel migliorare qualità e quantità del rifiuto organico raccolto in modo differenziato. In questa logica i sacchi frutta e verdura sotto i 10um dovranno essere biodegradabili e compostabili entro 5 anni dall’applicazione della direttiva.

«Ci auguriamo – ha commentato Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente – che si arrivi nei prossimi mesi, durante il semestre di presidenza Ue dell’Italia, all’accordo in Consiglio ambiente per l’approvazione definitiva della direttiva, un testo importante per imprimere un cambiamento in tutta Europa nell’uso degli shopper».