La diffusione del coronavirus favorita dal commercio illegale di pangolini in via di estinzione?

Il consumo di carne di pangolino potrebbe essere stata all’origine della diffusione della malattia

[10 Febbraio 2020]

Come molti scienziati avevano detto fin dall’inizio, era improbabile che la fonte della diffusione del Coronavirus fossero i pipistrelli e i serpenti. Infatti, l’8 febbraio l’agenzia ufficiale cinese Xinhua, subito ripresa da altri media, ha annunciato che, secondo uno studio realizzato dai ricercatori della South China agricultural university, «Le sequenze del genoma del nuovo ceppo di coronavirus isolato dai pangolini sono identiche al 99% a quelle delle persone infette, indicando che i pangolini possono essere un ospite intermedio del virus».

Quindi, gli scienziati cinesi dicono che a facilitare la diffusione del nuovo coronavirus in Cina potrebbero essere stati i pangolini, almeno una delle specie asiatiche delle 8 conosciute nel mondo e tutte via di estinzione ma che vengono venduti illegalmente in grande quantità nei mercati cinesi, soprattutto per le scaglie che ne ricoprono il corpo.

Il Wwf spiega che «il genoma del virus rinvenuto nei pangolini, che si suppone essersi sviluppato originariamente nei pipistrelli, è quasi identico (al 99%) al Coronavirus 2019-nCoV rinvenuto nelle persone infette. Sebbene i risultati di questo studio non siano ancora stati pubblicati, paiono tuttavia confermare come il commercio illegale di animali selvatici vivi e di loro parti del corpo sia veicolo per vecchie e nuove zoonosi, aumentando il rischio di pandemie che potrebbero avere grandissimi impatti sanitari, sociali ed economici su tutte le comunità coinvolte. Non è la prima volta, infatti, che si sospetta che l’ospite intermedio di una malattia infettiva sia un animale vivo venduto in un mercato cinese: circa 17 anni fa, la sindrome respiratoria acuta grave (SARS), è comparsa in un mercato cinese che vendeva civette delle palme (dei piccoli mammiferi viverridi). Altre famose pandemie come l’Aids ed Ebola sono state ricollegate ad un passaggio tra animali selvatici (come scimpanzé e gorilla probabilmente bracconati in foresta) e l’ospite umano».

Il commercio dei pangolini è stato dichiarato illegale dal settembre 2016 da una risoluzione della Convention on International Trade in Endangered Species of wild fauna and flora (Cites) che vieta qualsiasi tipo di commercio di parti o derivati delle specie di pangolino esistenti. Il Wwf sottolinea che «Sono proprio le scaglie, la sua “corazza”, che lo rendono ambito dal commercio illegale: fatte di cheratina, come le nostre unghie, secondo diverse superstizioni sarebbero una panacea per molti mali e vengono utilizzate, alla stregua delle ossa di tigre e del corno di rinoceronte, dalla medicina orientale. A questo si aggiunge il fatto che la carne di pangolino viene considerata da alcune comunità asiatiche e africane una vera e propria prelibatezza: ecco perché oggi il mite pangolino è divenuto l’animale più contrabbandato al mondo. La sottospecie cinese è declinata del 90% dal 1960, proprio a causa del commercio illegale».

Secondo Traffic, il programma internazionale dedicato al contrasto di commercio illegale di fauna e flora selvatici al quale partecipa anche il Wwf, I pangolini sono considerati di gran lunga il ​​mammifero più trafficato al mondo. Il commercio comprende tutte e otto le specie, quattro delle quali originarie dell’Africa e quattro dell’Asia. A Traffic evidenziano che «Con il forte calo delle popolazioni asiatiche, gli animali sono stati sempre più trafficati dall’Africa verso l’Asia, dove vengono consumati come cibo e per le loro presunte proprietà medicinali. In particolare, alcuni ritengono che le squame di pangolina trattino una serie di disturbi da problemi di lattazione nelle donne fino all’asma e alle condizioni della pelle».

Il rapportoThe global trafficking of pangolins: A comprehensive summary of seizures and trafficking routes from 2010–2015” pubblicato da Traffic nel 2017 ha rilevato «una media di 20 tonnellate di pangolini e le loro parti trafficate a livello internazionale ogni anno». Lo studio è stato pubblicato sull’onda del più grande sequestro di pangolini del mondo, quando la Cina nel novembre 2017 annunciò il sequestro di 11,9 tonnellate di scaglie di pangolino su una nave attraccata al porto di Shenzen.

A Traffic ricordano che «stanno aumentando le prove sulle circostanze in cui è probabile che i virus mutino in modo tale da ottenere la capacità di attraversare la barriera delle specie nell’uomo: si tratta essenzialmente di condizioni non igieniche e promiscue in cui gli animali sono tenuti vicini l’uno all’altro e anche alle persone. Tali condizioni sono prevalenti nei mercati della fauna selvatica scarsamente regolamentati e gestiti e spesso, per definizione, illegali. Per prevenire tali eventi, la regolamentazione dei mercati della fauna selvatica è fondamentale per il controllo delle malattie (ovviamente la diagnosi precoce è vantaggiosa, così come la necessità di garantire che tutti i mercati siano sottoposti a elevati standard di igiene), il che sottolinea l’importanza di fermare il traffico illegale di animali selvatici e la vendita nei mercati in cui le condizioni ad alto rischio sono prevalenti. Durante e dopo l’epidemia di SARS del 2002-2003, le autorità cinesi hanno intensificato le azioni di contrasto nei confronti del mercato degli animali selvatici, effettuando ingenti sequestri di prodotti della fauna selvatica e avviando procedimenti giudiziari nei confronti di operatori e commercianti illegali. Ciò ha portato alla chiusura dei mercati della fauna selvatica e al divieto di commercio e consumo di animali selvatici. Anche i consumatori sono sempre più riluttanti a consumare animali selvatici. Ciò ha indubbiamente contribuito ad accrescere la consapevolezza dei rischi posti dal commercio illegale e/o insostenibile della fauna selvatica e delle potenziali minacce alla salute pubblica e alle specie selvatiche. Traffic ritiene che gli sforzi per limitare il commercio illegale e / o insostenibile di prodotti della fauna selvatica dovrebbero essere una priorità per la comunità globale.

Isabella Pratesi, direttrice conservazione del Wwf Italia, conclude: «La crisi sanitaria legata alla diffusione del coronavirus, che è causa di grandissima preoccupazione a livello globale e che sta provocando numerosissime vittime è un’ulteriore conferma di come il commercio e l’uso insostenibile degli animali in via di estinzione e delle loro parti, sia per il consumo di cibo che per le credenze su un mai provato valore curativo, non solo rappresenti un danno enorme per la natura ma anche un pericolo sempre più grande per la salute del genere umano. Gli animali selvatici e gli ecosistemi che li ospitano devono essere protetti e rispettati perché le conseguenze delle nostre azioni miopi hanno effetti su tutta l’umanità in tanti sensi, compreso la distruzione di equilibri delicati che sono alla base della nostra salute. Il Wwf, attraverso il Traffic, lavora per la conservazione della biodiversità e lo sviluppo sostenibile in tutto il mondo. Da anni conduce campagne e progetti in Africa e in Asia per fermare il massacro di pangolini. I campanelli d’allarme che risuonano dalla scienza sono una ragione in più fermare il commercio dilagante di fauna selvatica, che rappresenta una sfida cruciale per proteggere gli equilibri degli ecosistemi ed evitare che in futuro si verifichino altre epidemie legate alla diffusione di zoonosi, causate dal passaggio di virus dagli animali all’uomo».