L’Ue studia le difese degli animali e i funghi per trovare cure rapide contro i coronavirus

Una “pipeline” di tecnologie per trovare un rimedio per quasi tutti i virus emergenti. Trattamenti pronti per i test di sicurezza su pazienti Covid-19 entro la fine dell'anno?

[7 Aprile 2020]

La forte collaborazione tra enti pubblici e privati pubblico ha messo in comune e collegato tra loro una serie di diverse tecnologie che possono permettere di costruire quella che oggi Horizonthe EU research & Innovation Magazine definisce «una pipeline veloce nella quale da un lato può essere inserito il codice genetico di un nuovo virus e pochi mesi dopo dall’altro lato possono emergere migliaia di vaccini o anticorpi»,

Questo “tubazione” scientifico/tecnologica non è ancora pronta, ma gli scienziati che lavorano alla sua realizzazione dicono che «Ha già generato anticorpi attivi contro SARS-CoV-2, il virus che causa Covid-19». Si tratta di una ricerca di grandissima importanza che recentemente ha ricevuto   da parte della Commissione europea nell’ambito dell’appello di emergenza per proposte di ricerca relative a Covid-19 lanciato a fine gennaio.

Horizon ricorda che «In natura si nascondono centinaia di migliaia di virus, in particolare nei mammiferi, che possono potenzialmente fare il salto di specie come nell’uomo o nel bestiame». Negli ultimi 30 anni, 20 agenti patogeni hanno fatto il salto nell’uomo, compreso il nuovo coronavirus, SARS-CoV-2.

Jean-Christophe Audonnet, direttore senior ricerca e sviluppo sui vaccini della società farmaceutica tedesca Boehringer Ingelheim Animal Health e coordinatore del progetto Zoonoses Anticipation and Preparedness Initiative (ZAPI), ha evidenziato che «Non si può davvero prevedere cosa accadrà.Gli scienziati hanno provato a farlo per dozzine di anni, soprattutto per l’influenza, ma senza risultati. Ma forse possiamo reagire molto più velocemente quando si tratta di qualcosa all’inizio»

Il team ha creato la pipeline per rispondere a tre virus che sta testando: la  febbre della Rift Valley, che colpisce l’uomo e il bestiame; Schmallenberg, che colpisce il bestiame; la Sindrome respiratoria del Medio Oriente da coronavirus (MERS-CoV), che ha colpito per la prima volta l’uomo nel 2012. Gli scienziati europei puntano a sviluppare vaccini per animali domestici, in parte per combattere il disastro economico che fa seguito alle epidemie di malattie virali e in parte come barriera contro le malattie che saltano dal bestiame agli esseri umani. Vogliono anche produrre anticorpi con cui trattare direttamente gli esseri umani.

Audonnet. Sottolinea che «Inizialmente, ci mancavano gli strumenti effettivi, ma molto presto dopo l’inizio del progetto ci siamo imbattuti in diverse idee e tecnologie che abbiamo incorporato».

Horizon spiega che «La pipeline viene attivata quando il codice genetico virale è stato decifrato, il che richiede in genere alcuni giorni dopo la scoperta della prima infezione. Gli scienziati devono quindi trovare un frammento del virus che può innescare una risposta immunitaria e può essere utilizzato per realizzare un vaccino».

ZAPI ha cercato di accelerare questo percorso utilizzando algoritmi informatici che prevedono, sulla base di banche di informazioni, il tratto più piccolo del rivestimento esterno di un particolare virus che attiverà comunque una forte risposta immunitaria. Il team ha scoperto che grazie a questo approccio de alla condivisione delle conoscenze può identificare rapidamente la migliore sub-unità del virus per la fase successiva.

Ma per fare il passo successivo nella realizzazione della pipeline avevano quindi bisogno di trovare un veicolo che potesse trasportare quella sub-unità all’interno del corpo.

Audonnet spiega ancora: «L’idea è che abbiamo un’impalcatura comune (per la consegna) che sarà sempre la stessa, e che possiamo conservare, e al momento di una crisi è sufficiente aggiungere la parte specifica corrispondente al nuovo virus».

A risolvere il difficile problema di come realizzare un forte legame tra il frammento di innesco immunitario e il suo veicolo di consegna è stata una “supercolla proteica scoperta nel 2012 dagli scienziati britannici dell’università di Oxford e che consente a qualsiasi subunità virale di attaccarsi con un “clic”, come un mattoncino Lego, all’impalcatura. La struttura super-incollata costituisce la base per un buon vaccino, ma il team voleva anche produrre anticorpi a risposta rapida per il trattamento dei pazienti.

Dopo prove ed errori, i ricercatori hanno scoperto che l’approccio più rapido era quello di somministrare il nuovo vaccino agli animali. Gli anticorpi della risposta immunitaria che ne risulta potrebbero essere raccolti e riprodotti. E’ quel che hanno fatto utilizzando una tecnologia inventata dalla società biotecnologica olandese Harbour Antibodies, partner del progetto, che ha sviluppato topi geneticamente modificati per avere il repertorio di geni necessari per produrre anticorpi umani. Quando è sto somministrato loro un vaccino per la MERS realizzato da ZAPI, hanno prodotto anticorpi che possono essere clonati e prodotti rapidamente in serie ,utilizzando un nuovo metodo sviluppato dalla società farmaceutica svedese AstraZeneca, un altro partner.

Horizon scrive che «Il team sta inoltre esplorando il potenziale di un fungo prolifico, sviluppato da un altro partner del progetto, Dyadic, che può sfornare vaccini e anticorpi in quantità senza precedenti e accelerare ulteriormente il processo di produzione».

Audonnet ritiene che «la pipeline di ZAPI possa ridurre notevolmente il tempo necessario per preparare vaccini per animali e anticorpi per l’uomo. Tuttavia, questo non significa che tali trattamenti e vaccini potrebbero essere implementati in così poco tempo. Allo stesso tempo stiamo anche dialogando con le autorità di regolamentazione. Se si segue le (attuali) regole, per dimostrare sicurezza, efficacia e così via, lo sviluppo di un vaccino o l’introduzione di nuovi anticorpi terapeutici richiederà anni. Quindi stiamo discutendo di come avere nuove regole da implementare (per ridurre drasticamente questo lasso di tempo) ma non le abbiamo ancora modificate. Abbiamo appena dimostrato che, per la produzione, è possibile passare da (gli attuali) 18 mesi – 2 anni a 2-3 mesi per consegnare grandi quantità di vaccini: 10 milioni per gli animali e migliaia di trattamenti di anticorpi neutralizzanti per i pazienti umani».

La pipeline ZAPI ha prodotto anticorpi per tutte e tre le malattie ed è progettata per entrare in azione ogni volta che emerge un nuovo virus e per essere in grado di rispondere a circa il 90% dei possibili virus emergenti.

Audonnet sottolinea: «Non stiamo cercando il miglior vaccino al mondo o il più elegante. L’obiettivo è distribuire i vaccini (per animali) e gli anticorpi (per l’uomo) a un numero massimo di persone o animali. Anche se il tuo vaccino protegge solo l’80% della popolazione, fermerai l’epidemia».

Intanto, alcuni degli anticorpi che hanno prodotto e che funzionano contro la MERS risultano essere attivi anche contro altri beta-coronavirus, una famiglia che include l’attuale virus pandemico. »Sono questi – dice Horizon – che vengono accelerati per vedere se potrebbero essere usati, forse, se ci sarà una seconda ondata di Covid-19 l’anno prossimo. I partner sperano di averli pronti per i test umani entro la fine dell’anno».

Guardando in avanti, aumentano anche le prospettive di avere anticorpi ad ampio spettro pronti per la prossima epidemia, se proviene dalla stessa famiglia. Audonnet. Aggiunge: «Pensiamo di poter davvero produrre anticorpi che proteggono in modo incrociato contro diversi beta-coronavirus umani, quindi non è necessario cercare un nuovo anticorpo per il prossimo, è possibile avere l’anticorpo pronto all’uso».

Secondo Volker Thiel, un virologo dell’università di Berna che dirige il progetto COV RESTRIC, che dtudia le diverse risposte delle specie animali differiscono all’attacco dei diversi coronavirus, «Quel che vediamo ora con il nuovo coronavirus è, direi, molto eccezionale. Di solito un virus non è ben adattato a un nuovo ospite».

Con sorpresa il team di COV RESTRIC ha scoperto un potente meccanismo di difesa comune a tutti gli animali che hanno studiato: pipistrelli, cammelli, macachi rhesus e topi. «E’ una potenziale strada per nuove terapie», afferma Thiel.

Quando un agente patogeno ci attacca, il nostro sistema immunitario organizza una risposta a due stadi: uno immediato, generico e uno più lento su misura per l’agente patogeno specifico. Nella prima risposta, le cellule rilasciano interferone, un allarme per i tessuti in tutto il corpo che lo portano a produrre fino a 350 proteine ​​diverse, nella speranza che fermino il virus. Gli scienziati hanno approfittato di una catalogo di geni realizzato da scienziati statunitensi, ognuno dei quali codifica per una di queste 350 proteine. Quando hanno somministrato un coronavirus a delle cellule che contenevano ognuna uno di questi geni, hanno scoperto che una molecola, LY6E, si distingue per l’efficacia del contrasto al virus rispetto alle altre. E hanno ottenuto lo stesso risultato per un certo numero di coronavirus che hanno testato, compresi quelli che causano MERS, SARS e il comune raffreddore. Stephanie Pfänder, ora alla Ruhr Universität Bochum, in Germania, che ha lavorato al progetto, ha detto: «Sono stata molto sorpresa nel vedere un effetto così forte».

Quel che ha sorpreso di più gli scienziati che, «in un modello murino, i coronavirus hanno preso di mira in particolare le cellule coinvolte nella seconda risposta immunitaria su misura del corpo. Se queste cellule immunitarie non producono rapidamente LY6E, il coronavirus le cancella, distruggendo la possibilità del corpo di lanciare la seconda ondata di difese sostenute contro la malattia».

Per Thiel è la conferma che «Questa è una molecola molto importante. Se qualcuno nella nostra popolazione ha un difetto in quel gene (che lo codifica), potrebbe essere molto vulnerabile alle malattie infettive. Tuttavia, potrebbe anche essere una potenziale strada per nuove terapie contro la SARS-CoV-2 e altri coronavirus, incluso il raffreddore comune. L’altra implicazione è che se si potesse stimolare l’espressione di questo gene potremmo essere meglio protetti».