Nanoveicoli biomimetici per trattare il cancro senza effetti collaterali

Un progetto italiano per nanoveicoli fino a 1.000 volte più piccoli della larghezza di un capello umano

[6 Novembre 2019]

Horizon, il magazine scientifico dell’Unione europea, ricorda che «Per miliardi di anni la natura ha perfezionato modi ingegnosi per permettere alle cellule biologiche di spostarsi nel loro ambiente e trasportare innocui pacchetti di sostanze chimiche, ora gli scienziati stanno imitando alcuni di questi processi per creare nuove “nanomacchine” che potrebbero eventualmente aiutare a curare malattie come la leucemia e altri tumori. Un approccio che prende ispirazione dalla storia dell’assedio di Troia, quando i Greci nascosero i loro guerrieri all’interno di un gigantesco cavallo di legno per entrare nella città».

Valentina Cauda, ​​ingegnere chimico del Politecnico di Torino, è a capo del progetto TrojaNanoHorse (TNH) che punta a produrre cristalli nanometrici di ossido di zinco che possono uccidere le cellule tumorali dall’interno. Questi cristalli, che hanno una dimensione di circa 20 nanometri – circa 6.000 volte più piccoli della larghezza di un capello umano – possono essere tossici per le cellule sane del corpo umano e innescare una reazione immunitaria che impedisce loro di raggiungere il tumore. Ma il team del TNH Lab del Politecnico torinese ha sviluppato un guscio attorno ai cristalli in modo che possano passare oltre le difese del corpo e penetrare all’interno delle cellule tumorali.

La Cauda spiega su Horizon: «L’idea è quella di eludere il sistema immunitario ed eludere la barriera della membrana cellulare grazie al guscio biomimetico. Facendo un’analogia col cavallo di Troia, la cellula (del cancro) può essere la città di Troia».

I piccoli gusci creati dal team torinese sono tra 100-200nm – 1.000 volte più piccoli di un capello umano – e sono realizzate con lipidi, le sostanze grasse che formano la membrana esterna di quasi tutte le cellule viventi. Horizon fa notare che «In natura, piccole goccioline prodotte da questi lipidi – conosciute come vescicole – spuntano costantemente dalla superficie delle nostre cellule con messaggi chimici o materiali indesiderati all’interno, in modo che possano essere trasportate in sicurezza in altre parti del corpo».

La Cauda e il suo team hanno cercato di copiare questo meccanismo naturale rivestendo i loro nanocristalli con vescicole prodotte da cellule cresciute in laboratorio in modo che anche loro possano passare in modo innocuo attraverso il corpo umano. La superficie delle vescicole può anche essere costellata di anticorpi contro specifiche cellule tumorali, aiutandole a prendere di mira solo le cellule che vogliono uccidere. Una volta che una vescicola trova una cellula cancerosa, i suoi anticorpi si legano alla superficie, permettendo ai lipidi di fondersi con la cellula e rilasciando il nanocristallo tossico all’interno.

E facendo crescere nanogusci da cellule prelevate dal corpo di un paziente, la Cauda ritiene che «Sarà possibile creare trattamenti personalizzati in grado di eludere il sistema immunitario mentre uccidono ancora le cellule tumorali».

Il team del Politecnico di Torino ha già testato questo approccio in laboratorio contro le cellule della leucemia e il cancro della cervice uterina e i ricercatori sperano di essere in grado di eseguire in futuro test sugli esseri umani ma la Cauda ha avvertito che «Potrebbero volerci ancora molti anni prima che raggiungiamo quel livello». Ma, in caso di successo, questo approccio alla bio-nanomedicina potrebbe portare enormi benefici rispetto ai tradizionali trattamenti chemioterapici, prendendo di mira solo le cellule tumorali, lasciando inalterato il tessuto sano e riducendo così gli effetti collaterali. La Cauda è convinta che «L’approccio alla nanomedicina potrebbe offrire un trattamento selettivo e personalizzato per il paziente».

Tuttavia, horizon evidenzia che questo approccio «si basa ancora in gran parte sui nanogusci che si propagano sulle cellule tumorali mentre circolano nel flusso sanguigno del paziente in modo che possano legarsi a esse», mentre un altro team di ricercatori sta lavorando a nano e micro-macchine che potrebbero essere in grado di migliorare i nanogusci portando trattamenti nel punto esatto del corpo dove sono necessari.

Si tratta del progetto ChemLife al quale sta lavorando il team di Larisa Florea del Trinity College di Dublino che punta a creare veicoli in miniatura che possono muoversi da soli in un liquido.

I ricercatori irlandesi stanno tentando di riprodurre la chemiotassi, che viene utilizzata da alcuni microrganismi per spostarsi e consente loro di passare da soluzioni a bassa salinità ad altre ad elevata salinità o da soluzioni acide a soluzioni alcaline.

In precedenza, degli studi realizzati da ricercatori statunitensi hanno dimostrato che le goccioline artificiali possono essere guidate in modo molto preciso complessi labirinti e la Florea e il suo team hanno cercato di estendere questo approccio utilizzando la luce per controllare il movimento delle goccioline. Hanno quindi creato delle goccioline simili a vescicole che uniscono molecole sensibili alla luce con dei tensioattivi come quelli che si trovano comunemente nei detergenti ma anche in molti sistemi biologici. Quando vengono esposte alla luce, le molecole “fotosensibili” reagiscono cambiando forma, alterando la tensione superficiale su ciascun lato della goccia. Questo fa sì che le molecole nella gocciolina scorrano da un lato all’altro, spingendole in avanti.

Il team del Trinity College ha dimostrato di poter guidare con precisione le goccioline attraverso spazi tridimensionali e di poter raggiungere velocità fino a 10,4 mm al secondo (0,02 mph). La Florea evidenzia che «Se si confronta la velocità del movimento con la dimensione di questi microdroplet, sono più veloci rispetto ad alcuni dei migliori nuotatori del mondo».

I ricercatori sono stati anche in grado di dimostrare che i loro veicoli a forma di gocciolina possono trasportare dei carichi, consegnandoli ad altre goccioline per innescare una reazione chimica. La speranza è che in futuro metodi simili possano essere utilizzati per somministrare farmaci o altri tipi di trattamenti a cellule specifiche del corpo.

Dato che può essere difficile utilizzare la luce per far navigare una gocciolina che trasporta farmaci attraverso il corpo umano, la Florea e i suoi colleghi hanno anche testato l’utilizzo di lievi correnti elettriche.

Il team irlandese ha anche sviluppato micromacchine più complesse che possono nuotare o strisciare attraverso liquidi come minuscoli batteri. Utilizzando tecniche di stampa 3D estremamente precise, sono stati in grado di creare strutture di idrogel grandi pochi micrometri che possono contrarsi ed espandersi per spingere in avanti una struttura. La Florea precisa. «Ad esempio, abbiamo realizzato minuscole strutture simili a fiori che possono aprirsi e chiudersi in risposta a diversi stimoli. Per esempio, potrebbe aprirsi ad un certo pH e chiudersi ad un altro. Questo avviene perché gli idrogel si espandono assorbendo acqua e si contraggono espellendolola in base al pH della soluzione circostante. Speriamo di controllare il movimento degli idrogel anche con variazioni della temperatura o impulsi luminosi».

Il team di ChemLife sta utilizzando questi idrogel per creare strutture con piccoli flagelli rotanti, le piccole appendici simili a coda che alcuni batteri usano per spostarsi, e stanno anche creando strutture simili a vermi fatte con lo stesso tipo di idrogel che possono strisciare lungo le superfici o attraverso i liquidi.

La Florea conclude. «L’obiettivo finale è che questi micro-veicoli eseguano azioni come la consegna di farmaci o il rilevamento (chimico). Ma dobbiamo essere realistici sul fatto che ciò potrebbe non essere ottenuto nel prossimo futuro in quanto il corpo è un ambiente molto difficile. Le minuscole strutture mobili potrebbero anche trovare utilizzi in altri modi. Questi includono la consegna di sostanze chimiche per migliorare le reazioni industriali o la creazione di micro-pinze morbide che possono essere attivate da remoto per gestire componenti delicati come le cellule senza danneggiarle. Quando si guarda a ciò che la natura può raggiungere, le opportunità sono infinite».