Quante persone ci vogliono per fare una rivoluzione? (VIDEO)

Secondo uno studio, il punto di svolta per un cambiamento sociale su larga scala è l’adesione del 25% della popolazione

[11 Giugno 2018]

Quanto (e chi) ci vuole perche abbia successo un cambiamento globale nella società – una rivoluzione politica o economica o una mutazione radicale di convinzioni o costumi?  Per esempio, fino a quando le società chiudono un occhio sulle molestie sessuali sul posto di lavoro o sull’omofobia o lo sfruttamento dei lavoratori? Quante persone devono  prendere posizione prima che un comportamento tollerato e diffuso non sia più visto come normale?

Sono le domande alle quali cerca di rispondere  lo studio “Experimental evidence for tipping points in social convention”, pubblicato su Science da Damon Centola, Joshua Becker e Devon Brackbill dell’università della Pennsylvania e da Andrea Baronchelli dell’università di Londra, socondo il quale «Prima che si verifichi un cambiamento sociale su larga scala, deve prendere posizione circa il 25% delle persone».  Un punto di svolta sociale che può essere applicato sia ai diritti dei lavoratori che a qualsiasi tipo di movimento e iniziative politiche, ambientali e di cambiamento di opinione e costumi.

All’università della Pennsylvania fanno notare che «Online, le persone sviluppano norme su tutto, da quale tipo di contenuto è accettabile ostare sui social media, a quanto civile o incivile possa essere il loro linguaggio. Di recente, abbiamo visto di recente come gli atteggiamenti pubblici possono cambiare su questioni come il matrimonio gay, le leggi sulle armi, il razzismo e l’uguaglianza di genere, così come quali credenze sono o non sono pubblicamente accettabili. Negli ultimi 50 anni, molti studi sulle organizzazioni e sui cambiamenti nelle comunità hanno tentato di identificare le dimensioni critiche necessarie per un punto di svolta, basandosi semplicemente sull’osservazione. Questi studi hanno ipotizzato che il range dei tipping points possa variare tra il 10% e il 40%».

Ma il problema è che nel mondo reale le dinamiche sociali  sono complicate e che per gli scienziati non è possibile riprodurre la storia esattamente nello stesso modo, per misurare con precisione se i risultati sarebbero stati diversi se un gruppo di militanti che ha dato il via a una rivoluzione fosse stato più grande o più piccolo.

Il leader del team di ricerca Centola,  che insegna alla Annenberg school for communication e alla School of engineering and applied science dell’università della Pennsylvania, spiega: «Quello che siamo stati in grado di fare in questo studio è stato quello di sviluppare un modello teorico che prevedesse la dimensione della massa critica necessaria per cambiare le norme di gruppo, e quindi testarlo sperimentalmente».

Attingendo a più di un decennio di lavoro sperimentale, il team di Centola ha sviluppato un metodo online per testare come modificare su vasta scala le dinamiche sociali. Lo studio pubblicato su Science è stato realizzato dando a 10 gruppi composti ognuno da 20 partecipanti un incentivo finanziario per concordare una norma linguistica. Ai membri di ciascun gruppo è stata mostrata l’immagine di un volto e gli è stato chiesto di dargli un nome. I partecipanti dovevano interagire l’uno con l’altro in coppie che ruotavano, fino a che tutti erano d’accordo sul nome. Nella seconda fase, Centola ei suoi colleghi hanno aggiunto a ciascun gruppo «un piccolo numero di complici … che hanno tentato di cambiare la convenzione stabilita (il nome concordato) presentando una nuova alternativa».

I ricercatori hanno anche testato la forza dei loro risultati aumentando i pagamenti che le persone ottenevano per aderire alla norma prevalente. Nonostante la quantità di denaro per attenersi al comportamento stabilito raddoppiasse e triplicasse, il team di Centola ha scoperto che «Un gruppo minoritario poteva ancora ribaltare la norma del gruppo».

I ricercatori hanno introdotto nei gruppi una quota di complici “confederati” pari al 15% del totale e questa minoranza è stata gradualmente aumentata al 35%.  Con il 15% non è cambiato nulla e fino a quando un gruppo minoritario che premeva per il cambiamento era inferiore al 25% del gruppo totale, i suoi sforzi sono falliti. Ma quando la minoranza di attivisti ha raggiunto il 25% c’è stato un brusco cambiamento nella dinamica di gruppo e la maggior parte della popolazione ha adottato molto rapidamente la nuova norma. In una test, è bastata una singola persona che facesse scattare la quota magica del 25% per fare la differenza tra successo e fallimento del cambiamento.

Centola, che alla Annenberg school dirige il  Network Dynamics Group, evidenzia che «Non c’è modo che una comunità sappia quando è vicina a un punto di svolta che causerà cambiamenti sociali su larga scala. E se sono appena al di sotto di un tipping point, i loro sforzi falliranno. Ma, cosa davvero notevole, solo aggiungendo un’altra persona e superando il punto di svolta del 25%, i loro sforzi possono avere un rapido successo nel cambiare l’opinione dell’intera popolazione».

Pur riconoscendo che le situazioni della vita reale possono essere molto più complicate, i ricercatori dicono che  il loro modello consente di fissare esattamente al 25% il punto di svolta, in base alle circostanze.

Una delle variabili chiave è la “lunghezza della memoria”, che si riferisce a quanto sono radicati una convinzione o un comportamento. «Ad esempio – dicono gli scienziati – qualcuno le cui convinzioni sono basate su centinaia di interazioni sociali passate può essere meno influenzato da un agente di cambiamento. Mentre qualcuno che considera solo le loro interazioni più recenti sarebbe più facilmente influenzabile».

Centola aggiunge: «I nostri risultati presentano un netto contrasto con i secoli di riflessione sui cambiamenti sociali fatte dall’economia classica, in cui gli economisti pensano che sia necessaria una maggioranza di militanti per cambiare le norme di una popolazione. Il modello classico, chiamato analisi della stabilità dell’equilibrio, imporrebbe che per avviare un vero cambiamento sociale sia necessario il 51% o più. Abbiamo scoperto, sia teoricamente che sperimentalmente, che una frazione molto più piccola della popolazione può farlo efficacemente».

Che poi non è molto diverso dalla teoria leninista del Partito comunista come avanguardia rivoluzionaria del proletariato e mette fortemente in dubbio le speranze di chi pensa che il “governo del cambiamento” italiano sua un fenomeno passeggero, visto che il Movimento 5 Stelle è oltre la soglia del 25% (e che per arrivarci ha usato proprio i nuovi moderni mezzi di comunicazione di massa “parcellizzati”  dell’attivismo online) e che la Lega salviniana della controrivoluzione iperconservatrice si sta avvicinando a quella soglia grazie a un’organizzazione tradizionale di tipo “leninista” e a un capo che usa i nuovi media come tribuna reazionaria.

Centola è convinto che «Gli ambienti possano essere progettati per spingere le persone in direzioni pro-sociali, in particolare in contesti come quelli delle organizzazioni, dove i vantaggi personali dei singoli sono legati direttamente alla loro capacità di coordinarsi su comportamenti che i loro pari troveranno accettabili». Ma è lo stesso Centola ad evidenziare che «Questo lavoro ha implicazioni dirette per l’attivismo politico su Internet, offrendo nuove informazioni su come l’uso da parte del governo cinese della propaganda filogovernativa sui social network come Weibo, per esempio, possa modificare efficacemente le norme di conversazione escludendo storie negative che potrebbero fomentare disordini sociali».

Mentre far cambiare le convinzioni di base delle persone può essere difficile, i risultati dello studio forniscono nuove prove del fatto che «Una minoranza impegnata può far cambiare comportamenti considerati socialmente accettabili, portando potenzialmente a risultati sociali come la riduzione del consumo di energia, minori molestie sessuali sul posto di lavoro e miglioramento dell’abitudine a fare esercizio fisico. Al contrario, può anche provocare comportamenti anti-sociali su vasta scala come l’internet trolling, il bullismo su Internet e le esplosioni di razzismo in pubblico».

Le implicazioni per il cambiamento comportamentale su larga scala sono anche il tema del nuovo libro di Centola, How Behavior Spreads: The Science of Complex Contagion, che sarà pubblicato nei prossimi giorni dalla Princeton University Press.

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