I segreti del mindfulness training rivelati dalla meditazione del topo?

La luce può attivare nei cervelli dei topi onde Theta simili a quelle della meditazione umana

[22 Febbraio 2017]

I topi posso meditare? Un team di ricercatori guidati da Michael Posner, professore emerito del Dipatimento di psicologia dell’università dell’Oregon, crede di aver creato il primo modello al mondo di meditazione di un topo, lo hanno fatto utilizzando la luce per attivare un’attività cerebrale simile a quella che induce la meditazione negli esseri umani e dicono che «I topi coinvolti apparivano molto meno ansiosi».

Intervistato da Deborah Netburn, science reporter del Los Angeles Times, Cris Niell, un neuroscienziato dell’università dell’Oregon che ha co-condotto lo studio pubblicato su Plos One, ha sottolineato: «Pensiamo alla meditazione come a una cosa umana, una cosa di alto livello, ma noi vogliamo esaminare la biologia che ci sta sotto». La ricerca è stata chiamata scherzosamente, mouse meditation project.

Esperimenti sugli esseri umani hanno dimostrato che la meditazione riduce l’ansia, abbassa i livelli di ormoni dello stress e migliora l’attenzione e la cognizione.  Studiando gli effetti di  2 – 4  settimane di meditation training, Posner e i suoi colleghi hanno scoperto nel cervello dei volontari dei cambiamenti nella materia bianca, legata all’efficienza della comunicazione tra le diverse regioni del cervello. La scansione di questi cambiamenti ha dimostrato che erano particolarmente evidenti tra la corteccia cingolata anteriore (Acc –  anterior cingulate cortex)  e in altre aree. Dato che l’Acc regola l’attività nell’amigdala, che controlla le risposte alla paura,  il team di Posner ha concluso che «i cambiamenti nella materia bianca potrebbero essere responsabili degli effetti della meditazione sull’ansia».  Ma restava il mistero su come la meditazione potrebbe alterare in questo modo la materia bianca.

Il team di Posner ha intuito che tutto questo era  legato ai cambiamenti nelle onde cerebrali theta (4-7 cicli al secondo), che corrispondono a uno stato di rilassamento profondo o di sonno, o di ipnosi,  misurate con elettrodi sul cuoio capelluto. La meditazione aumenta l’attività delle onde theta, anche quando le persone non stanno più meditando.

Per testare questa teoria, il team di scienziati ha utilizzato l’optogenetica, inserendo delle proteine nel cervello dei topi perché alcune cellule si attivassero con la luce. I ricercatori sono stati in grado di mettere il codice genetico per queste proteine esclusivamente nei neuroni dell’Acc. Poi hanno collegato una sorgente luminosa al cervello dei topi in modo da poter esporre queste proteine a diversi tipi di luce. Così hanno potuto utilizzare impulsi luminosi sui topi per stimolare l’attività delle onde cerebrali simili alle theta nell’Acc. Niell spiega ancora che non necessariamente è stata indotta una forma di meditazione nei topi: «Ma abbiamo cambiato il modello di attività in quella regione del cervello».

I topi sono stati sottoposti a 30 minuti di questa stimolazione per 20 giorni e, prima e dopo il trattamento, sono stati  sottoposti a test comportamentali per misurare l’ansia. Quando venivano messi in una scatola con un’area illuminata chiara e un’area buia, i topi impauriti  passavano più tempo al buio.

Il team ha scoperto che i topi che avevano ricevuto la stimolazione delle onde Theta  erano meno ansiosi rispetto ai topi nei quali gli impulsi luminosi avevano indotto altri tipi di onde cerebrali, o che non avevano ricevuto nessun trattamento. I topi in meditazione erano più propensi a esplorare il lato illuminato, ad alzarsi sulle zampe posteriori e si guardavano di più intorno rispetto agli altri topi. Si tratta di comportamenti che indicano che un topo è tranquillo  e suggeriscono che gli effetti comportamentali della meditazione negli esseri umani possono essere ricreati nei topi.

Gli autori dello studio hanno anche fatto test per ottenere lo stesso effetto sull’Acc con oscillazioni a frequenze diverse, ma hanno visto che i maggiori effetti calmanti si verificano quando il cervello del mouse “oscilla” allo stesso ritmo di quello umano: circa 8 volte al secondo.

Secondo Posner,  «Questo rispecchia la capacità della meditazione di abbassare l’ansia negli esseri umani e sostiene il coinvolgimento delle onde theta in questo effetto». Il team sta ancora studiando la materia bianca nel cervello dei topi per capire se vengano prodotte altre modifiche.

Posner però non vuol palare della possibilità che i topi possano aver sperimentato stati mentali simili alla consapevolezza durante la stimolazione luminosa o se sarebbe possibile replicare altri effetti del meditation training: «Non sappiamo quanto sia applicabile. Forse la gente segue altri aspetti nella meditazione».

Willem Kuyken , uno psicologo clinico dll’università di Oxford, sottolinea su  New Scientist che «I modelli animali sono utili per comprendere e sviluppo di trattamenti per l’ansia. Potrebbero essere utili anche ulteriori indagini su come le onde cerebrali ritmiche riguardino  l’ansia, ma che descrive il modello del topo per rappresentare la meditazione è problematico. A mio parere, la meditazione  implica una scelta intenzionale di distribuire l’attenzione in modo particolare, per  qualità della curiosità, pazienza, serenità e cura. In questo senso, i topi non sono chiaramente in grado di meditare, ma sarà interessante vedere quali aspetti della meditazione potranno essere esaminati e se il risultato potrà essere comune a tutti gli animali e agli esseri umani».

Niell detto che «Il lavoro è importante perché offre ai ricercatori uno strumento scientifico per studiare come funziona la meditazione nel cervello, e suggerisce che una stimolazione periodica potrebbe essere utilizzata per influenzare il cambiamento nel cervello delle persone che non vogliono meditare.

I ricercatori si chiedono se un giorno «Un protocollo simile potrebbe essere utilizzato per aiutare le persone a recuperare più rapidamente da un ictus o da un disturbo da stress post-traumatico».

Per Niell questo studio è solo un primo passo  e spera che, entro 6 mesi un anno, si possa comprendere davvero come e perché la meditazione cambia il cervello»