Realacci: varare subito la legge ferma al Senato

Consumo di suolo, dossier Ispra: in Italia in 6 mesi cementificati 5.000 ettari (VIDEO)

Le peggiori Lombardia e Veneto, seguite dalla Campania. Maglia nera a Monza - Brianza

[23 Giugno 2017]

Secondo il rapporto 2017 “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemi” del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), presentato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), «Da novembre 2015 a maggio 2016, nonostante la crisi economica che ne ha rallentato la velocità, l’Italia ha consumato quasi 30 ettari di suolo al giorno, per un totale di 5 mila ettari di territorio. Come se in pochi mesi avessimo costruito 200.000 villette».

L’Ispra parla di una riduzione di velocità del consumo di suolo, visto che quest’anno si attesta sui 3 m2 al secondo, ma aggiunge che «continua inesorabilmente ad aumentare cancellando, al 2016, 23 mila km2 (pari alla dimensione di Campania, Molise e Liguria messe insieme), il 7,6% del territorio nazionale».

Nonostante gli impegni, le proposte di legge, i piani paesaggistici e le belle parole, l’istituto scientifico del ministero dell’ambiente non è molto fiducioso e dice che «Il futuro non è roseo». Ispra, in base agli scenari di trasformazione del territorio italiano al 2050 che ha ipotizzato, prevede che «Nel migliore dei casi (interventi normativi significativi e azioni conseguenti che possano portare a una progressiva e lineare riduzione della velocità di cambiamento dell’uso del suolo), di una perdita di ulteriori 1.635 km2 , di 3.270 km2 in caso si mantenesse la bassa velocità di consumo dettata dalla crisi economica e di 8.326 km2 nel caso in cui la ripresa economica riportasse la velocità al valore di 8 m2 al secondo registrato negli ultimi decenni».

Il rapporto Snpa (Ispra e Agenzie per la protezione dell’ambiente delle Regioni e delle Province Autonome) è un lavoro congiunto di monitoraggio sul consumo di suolo e una raccolta di dati aggiornati, prodotti con un dettaglio a scala nazionale, regionale e comunale, dal quale emerge che «Dagli anni ‘50 al 2016, il consumo di suolo nazionale è passato dal 2,7% al 7,6%, con una crescita del 184%. Le colate di cemento continuano ad interessare zone a pericolosità sismica (oggi è ricoperto oltre il 7% nelle aree a pericolosità alta e quasi il 5% in quelle a pericolosità molto alta), idraulica (oltre 257.000 ettari, l’11% del totale del suolo artificiale nazionale) e da frana (circa l’11,8% del totale nazionale, con un incremento medio dello 0,2%), fascia costiera (con un aumento dell’impermeabilizzato nella fascia sotto i 300 metri, pari allo 0,15% a livello nazionale) aree protette (32.800 ettari di territorio consumato ed un aumento di ulteriori 48 ettari tra il 2015-2016) e parchi nazionali (nell’Arcipelago di La Maddalena e nel Parco nazionale del Circeo)».

Ispra e Arpa pubblicano anche un “Atlante del consumo di suolo” che presenta i dati di tutti i comuni italiani e dal quale risulta che le Regioni che hanno perso una percentuale di suolo superiore al 5% sono 5 e tra queste spiccano Lombardia, Veneto con oltre il 12% e la Campania con oltre il 10%. Ma gli incrementi maggiori in valori assoluti, sono avvenuti in Lombardia (648 ettari di nuove superfici artificiali), Sicilia (585 ha), e Veneto (563 ha).

Se si guarda al consumo di suolo rispetto al territorio amministrato, la maglia nera spetta alla provincia Monza e della Brianza con oltre il 40% e che tra il 2015 e il 2016 segna un’ulteriore crescita  di 22 ettari cementificati. Seguono Napoli e Milano (oltre il 30%), Trieste, Varese, Padova e Treviso. Proprio nella provincia di Treviso si registra  l’incremento maggiore a livello nazionale: 186 ettari tra il 2015 e il 2016.

Anche il  comune italiano che batte tutti per crescita percentuale maggiore delle superfici artificiali è lombardo: si tratta di Calcio (in provincia di Bergamo) che fa registrare un più 9,5%, seguito da Oschiri (Olbia-Tempio, 7,4%) e Altivole (Treviso, 6,9%). Per Ispra si tratta della conferma che «Sono spesso comuni piccoli o medio piccoli che mostrano una maggiore tendenza a consumare suolo».

Montalto di Castro (in provincia di Viterbo, con 65 ettari di nuovo consumo di suolo tra il 2015 e il 2016), Eboli (Salerno, 57 ettari), Roma (54 ettari) e Alcamo (Trapani, 52 ettari) sono i comuni dove l’incremento è stato maggiore in valore assoluto. Tra i comuni con più di 150.000 abitanti, gli incrementi maggiori sono a Roma, seguita da Torino e Bologna.

Il rapporto evidenzia che «Ogni italiano ha a disposizione una percentuale di suolo “sano”. Il picco di suolo libero per abitante si ha nel comune di Briga Alta (provincia di Cuneo) con oltre 1.300.000 m2 disponibili per ognuno dei suoi 39 abitanti, e in altri comuni montani poco abitati e con vasti spazi naturali. La maglia nera del 2016 va invece ad alcuni comuni della Provincia di Napoli, che registrano dagli 8 m2 /ab ai 23 m2 /ab di suolo non consumato».

Commentando il rapporto Snpa, il presidente della Commissione ambiente e lavori pubblici della Camera, Ermete Realacci (PD)  ha detto che «Il consumo di suolo resta un’urgenza per il nostro territorio e una priorità per la politica anche se il fenomeno è migliorato, scendendo da 7 a 3 metri quadri al secondo». Per questo Realacci si augura che «il Senato vari entro la legislatura la legge per il contenimento del consumo di suolo e la difesa delle aree agricole già approvata dalla Camera nel maggio 2016. Un provvedimento i cui obiettivi sono azzerare il consumo di suolo entro il 2050 e incentivare da subito, anche fiscalmente, la rigenerazione urbana e l’edilizia di qualità, favorire il costruire sul costruito puntando su risparmio energetico, sicurezza e qualità. Una legge che va nella direzione indicata anche dall’Europa e che va affiancata anche da politiche adeguate, in particolare nel fronte delle infrastrutture e dell’edilizia».

Secondo il presidente della Commissione ambiente, «Occorre cambiare verso a questi settori dando priorità, come sta già facendo il ministro Delrio, alla manutenzione e al potenziamento delle infrastrutture esistenti e alle opere utili. Da una nuova edilizia legata alla qualità, al recupero, all’efficienza energetica e alla sicurezza antisismica, oltre che una riduzione del consumo di suolo può venire una spinta al rilancio dell’economia interna insieme a una riduzione dei consumi energetici e dell’inquinamento delle nostre città. Lo scorso anno, come emerso da una recente indagine di Cresme e Symbola, il credito di imposta per le ristrutturazioni e l’ecobonus hanno generato 28,2 miliardi di euro di investimenti e attivato 419 mila posti di lavoro tra diretti e indotto. A questi strumenti si è aggiunto il “sisma bonus” che consente il recupero sino all’85% delle spese per la messa in sicurezza antisimica degli edifici. E’ questa la strada che ci consente di incrociare difesa del territorio e sicurezza dei cittadini, sviluppo e occupazione, innovazione e bellezza».

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