La pandemia e il ruolo dell’ambiente urbano

Le città del futuro nascono dall’idea che lo sviluppo edilizio e le infrastrutture sono complementari e foggiati sull’ecologia, per far sì che la natura si rigeneri e sia in grado di sostenere le popolazioni urbane in rapida crescita

[16 Aprile 2020]

L’attività antropica e il suo impatto sull’ambiente naturale ha generato come deleteria conseguenza del degrado ambientale l‘alterazione della capacità degli ecosistemi di assorbire o contenere gli agenti patogeni e virali e un incremento delle zoonosi, ovvero delle trasmissioni tra gli animali e l’uomo. Tale relazione non è mai stata sufficientemente evidenziata ed approfondita nei vari documenti o seminari inerenti lo sviluppo sostenibile.

La rimozione dei naturali filtri, come ad es. le foreste, tra l’ambiente urbano in continua espansione e la natura, congiuntamente con la crescita demografica, le trasformazioni degli ecosistemi e le conseguenti modifiche della struttura della biodiversità indotte dai cambiamenti climatici, hanno ridotto l’abitabilità di ampie parti del pianeta e, conseguentemente, la sopravvivenza degli esseri umani.

Tra le cause della diffusione di malattie infettive emergenti, come l’ebola, la febbre emorragica di Marburg, la Sars, la Mers, la febbre della Rift Valley, la Zika e l’attuale pandemia Sars-Cov-2, infatti, vi sono fattori importanti come la perdita di habitat, la creazione di ambienti artificiali, la crisi climatica, la manipolazione e il commercio di animali selvatici e la distruzione della biodiversità.

Va sottolineato che i virus facilitati dalla distruzione degli ecosistemi e dal riscaldamento globale, dall’inquinamento e dall’aumento della popolazione si propagano in nuovi spazi con nuove prospettive di sviluppo. Le periferie degradate e senza verde di tante metropoli rappresentano l’habitat ideale per la diffusione di malattie pericolose come ad esempio la febbre dengue, il tifo, il colera e la chikungunya.

L’ambiente urbano

Nel mondo, le città occupano appena il 2% della superficie terrestre, ma ospitano la metà della popolazione mondiale. Attualmente, in Europa il 75% della popolazione vive nelle città, luoghi in cui il consumo energetico rappresenta il 69% del totale dell’intero continente con evidente espressione della maggior parte delle emissioni di gas a effetto serra.

Le città sono nate per unire le persone e per originare delle comunità. La crescita incontrollata degli ultimi secoli ha snaturato tale funzione originaria tramutando le città in ambienti caotici, disconnessi e privi di identità. La configurazione di una città, invece, dovrebbe essere studiata con attenzione poiché non può essere modificata o “corretta” in tempi brevi.

Le città, pur essendo tutte diverse, sono accomunate da progressivo incremento del consumo di suolo, densità dei degradi, scarso investimento in dotazioni infrastrutturali, radicalizzazione di sistemi di mobilità sostanzialmente affidati al trasporto privato su gomma ed esposizione ai rischi indotti dai cambiamenti climatici.

L’effetto più noto dell’urbanizzazione sul clima locale è rappresentato dall’isola di calore[1].Le città, inoltre, sono caratterizzate da un elevato rischio idrogeologico determinato dalle precipitazioni molto intense, concentrate in brevi periodi e accompagnate da forti venti.

I dati relativi agli eventi alluvionali occorsi nei centri urbani individuano i sottopassi (ad es. ponti ferroviari e rilevati stradali) come uno dei punti più pericolosi dell’assetto idrogeologico in quanto causano deficit di funzionamento dal punto di vista della capacità di smaltimento delle acque durante le piene improvvise.

L’assetto idrogeologico urbano è, inoltre, influenzato dal pessimo stato di manutenzione delle opere idrauliche, dagli alvei impermeabilizzati e/o con flusso ristretto.

Le reti idriche di molte città, infatti, sono vetuste e caratterizzate da un’elevata dispersione di acqua. La maggior parte delle città non riceve una regolare e sufficiente fornitura di acqua potabile, mentre altre non dispongono di adeguati sistemi di fognatura e depurazione e, infine, pochissime effettuano la raccolta separata, il trattamento ed il recupero delle acque meteoriche.

Le città, infine, sono interessate da fenomeni di esondazione dal basso determinati da una non adeguata ampiezza delle sezioni di deflusso di alcuni corsi d’acqua che la attraversano.

La città del futuro

Il clima sta cambiando, i fenomeni metereologici estremi aumentano e a soffrirne di più sono soprattutto le grandi città non in linea con le strategie di adattamento per limitare gli effetti dei cambiamenti climatici. Non è continuando ad intubare, limitare o deviare il corso dei fiumi, ad alzare argini o ad impermeabilizzare altre aree urbane che possiamo dare risposta ad equilibri climatici ed ecologici complessi che hanno bisogno di analisi nuove e moderni programmi di adattamento.

Pertanto, non si può prescindere dal rendere tempestivamente operative le seguenti attività: monitorare costantemente il territorio e tutelare le zone già sottoposte a vincolo idrogeologico e paesaggistico per evitare l’insediamento di nuovi elementi a rischio in aree allagabili; rispettare il principio di invarianza idraulica; introdurre la chiave dell’adattamento climatico nella pianificazione di bacino e negli interventi di messa in sicurezza dei fiumi nelle aree urbane; approvare piani di monitoraggio e tutela degli ecosistemi più sensibili ai cambiamenti climatici sul territorio; approvare linee guida per l’utilizzo di materiali e tecniche di costruzione in grado di ridurre l’impatto ambientale rispetto ai cambiamenti climatici; subordinare al vincolo di inedificabilità le aree ancora libere dalla edificazione come quelle agricole, incolte e naturali.

Inoltre, per contrastare il calore latente presente nelle città occorre convertire le superfici asfaltate con quelle erbose o semi vegetate, sostituire il colore delle superfici verticali con colori freddi, creare o migliorare i corridoi ecologici tra le aree urbane e quelle periurbane, promuovendo la forestazione urbana, preservare le zone verdi e le zone umide esistenti.

Per ridurre l’impatto di siccità e inondazioni occorre ristabilire nelle città i flussi naturali dell’acqua in quanto l’acqua è una risorsa da proteggere e il suo utilizzo include sistemi di raccolta, trattamento e riciclaggio. Infatti, occorre restituire alle aree urbanizzate la capacità di laminare ed infiltrare l’acqua di pioggia attraverso i sistemi urbani di drenaggio sostenibili (SUDS) come le vasche d’acqua, i giardini verdi, gli stagni e le aree di ritenzione vegetata.

Le infrastrutture, quindi, dovranno essere realizzate in modo da consentire all’acqua di percolare nel terreno per alimentare la falda freatica.

È necessario, altresì, un adeguamento gestionale e tecnico delle infrastrutture idrauliche al mutare delle condizioni climatiche e demografiche al fine di ridurre la dispersione nelle reti di distribuzione.

Nelle aree a rischio di alluvioni sarebbe opportuno limitare lo sviluppo edilizio alle sole superfici permeabili e alle strutture di raccolta dell’acqua. La possibilità di edificare nelle aree costiere, a causa dell’innalzamento del livello del mare e, del conseguente, incremento del rischio di alluvioni, dovrebbe essere vietato.

Gli edifici dovranno essere in gran parte modulari e con facciate verdi, giardini pensili, orti verticali o tetti in alto. Gli edifici storici, invece, verranno valorizzati modificandone l’utilizzo al fine di promuovere la diversità e la continuità culturale. Infine, occorre agevolare ed incentivare il recupero di aree inutilizzate ed imporre dei limiti quantitativi di superfici libere trasformabili in aree urbane.

Per incentivare la mobilità sostenibile occorre realizzare un quadro analitico della mobilità nella città e della sua evoluzione; estendere le zone pedonalizzate e limitate alla circolazione dei mezzi pubblici e quelle a velocità ridotta o con accessi a pagamento;ridurre gli spostamenti incentivando lo smartworking; aumentare i parcheggi di scambio nelle città; estendere le reti di percorsi ciclabili e pedonali tramite infrastrutture lineari già esistenti e di nuova realizzazione che mettano a sistema aree pedonali,spazi di sosta per le biciclette, bike sharing e nodi di scambio intermodali; favorire il modal shift con sistemi di integrazione modale e tariffaria; rafforzare le diverse modalità di trasporto collettivo urbano e metropolitano e di sharingmobility.

La città del futuro, quindi, dovrà essere un telaio di spazi pubblici di qualità paesaggistica per l’identità, la vita sociale e la sicurezza dei territori e delle comunità. Le città del futuro saranno composte da quartieri compatti, con isolati piccoli, precorribili a piedi e serviti da una rete di trasporto pubblico capillare e veloce.

Le città del futuro saranno costituite da una rete strutturale e funzionale di sistemi naturali e semi – naturali capaci con i propri servizi d migliorare la qualità della vita e la resilienza delle città (ad es. la mitigazione dell’isola di calore, la capacità di drenaggio delle acque meteoriche, la tutela della biodiversità, ecc).

Le reti strutturali presenti nelle città future saranno rappresentate dalle infrastrutture verdi, blu e del riciclo in grado, rispettivamente, di migliorare le condizioni microclimatiche urbane e la qualità dell’aria; di permettere la ritenzione e il riciclo della risorsa idrica, la mitigazione e l’adattamento al rischio idrogeologico; e, infine, di creare delle reti di scarto come le aree dismesse e le matrici inquinate da bonificare e ri-naturare per usi collettivi.

Le città del futuro, quindi, nascono dall’idea che lo sviluppo edilizio e le infrastrutture sono complementari e foggiati sull’ecologia, per far sì che la natura si rigeneri e sia in grado di sostenere le popolazioni urbane in rapida crescita.

[1]L’isola di caloredetermina un aumento della temperatura dell’aria spostandosi dalle aree rurali al centro di una città. Si stima che tra le aree urbane e quelle rurali ci siano tra gli 0.5°C e i 3°C di differenza. I fenomeni temporaleschi sono del 10 – 15% maggiori rispetto alle zone rurali a causa della maggiore quantità di calore a disposizione nei moti convettivi. L’intensità massima di isola di calore si verifica in condizioni anticicloniche con cielo sereno nelle prime ore dopo il tramonto del sole. L’intensità minima, invece, si ottiene in condizioni meteorologiche di forte vento e tempesta. In condizioni anticicloniche e in estate l’isola di calore contribuisce negativamente alla formazione di elevate concentrazioni di ozono al suolo su tutta l’area urbana.   

di Ilaria Falconi*

*Tecnico ISMEA presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Consigliere Nazionale SIGEA (Società Italiana di Geologia Ambientale), Consigliere SIGEA (Società Italiana di Geologia Ambientale) Sez. Lazio