Se la mossa del cavallo è il Ponte sullo Stretto di Messina…

Renzi, Salvini e Franceschini ritirano fuori una ricetta vecchia e irrealizzabile, ma sempre buona in tempi di crisi

[1 Giugno 2020]

Presentando il suo nuovo libro “La mossa del cavallo. Come ricominciare, insieme ” sul Giornale di Sicilia, l’ex premier e attuale leader di Italia Viva Matteo Renzi si è lanciato in una spericolata equazione: «Per vincere la sfida della povertà serve più il ponte sullo Stretto che il reddito di emergenza. Qui si pone il grande tema che da anni attraversa ciclicamente e carsicamente il dibattito sulle grandi opere. C’è chi dice “facciamo il ponte sullo Stretto” e chi risponde “in Sicilia servono prima le ferrovie”. Entrambe le affermazioni contengono una verità quasi banale ed è ovvio che servono strade e ferrovie in una Sicilia il cui handicap infrastrutturale grida vendetta, specie per chi, come me, ha liberato miliardi di euro per quella regione, denaro che è stato inspiegabilmente bloccato dalla burocrazia locale e nazionale».

A dire il vero quella di Renzi più che una mossa del cavalo sembra un arrocco, una vetusta mossa, ormai conosciuta da tutti i giocatori di scacchi un minimo sgamati, che viene tirata fuori quando, in tempo di crisi nera e mancanza di idee, si vuole far deragliare il discorso con l’ipotesi più miracolistica, irrealizzabile e vecchia: il mitico Ponte sullo Stretto assurto a miglior fama televisiva qualche anno fa con l’ingegner Cane, interpretato da Fabio De Luigi a “Mai Dire” con la Gialappa.

Inoltre, sul ponte sullo stretto di Messina Renzi la mossa del cavallo l’ha già fatta, passando dal no all’inutile ponte quando faceva le primarie del PD per diventarne segretario, al sì al ponte-panacea quando diventò presidente del Consiglio dei ministri e che ora, a cavallo tra il governo e l’opposizione, eliminerebbe la povertà in Italia.

Naturalmente si è subito accodato l’altro Matteo – Salvini – che a Non è l’Arena su La7 ha rilanciato con un pizzico di malevola furbizia: «Se l’Italia decide di fare il Ponte sullo Stretto, che per me serve, dobbiamo poterlo fare». Anche il capo della Lega (ex Nord) è un esperto di mosse del cavallo, visto che è passato dalla proposta di erigere una nuova linea gotica di confine tra la Padania indipendente e il risorto Regno delle due Sicilie all’Italia unita dal Ponte… sapendo bene che l’Unione europea non ha mai considerato il Ponte sullo Stretto un’opera prioritaria.

Ma poi la partita di scacchi sul ponte è diventata a tre, con l’irruzione, cavallo bianco in  mano, addirittura del ministro della cultura Dario Franceschini (PD ed ex Margherita e DC come Renzi) che in un’intervista al Corriere della Sera parla addirittura di «grandiosa Ricostruzione» e che nel suo piano in tre mosse – ridagli con gli scacchi – per rilanciare il Sud dice che «dobbiamo fare scelte strutturali che ci mettano in condizione di governare quella crescita e distribuire la ricchezza su tutto il territorio nazionale, a partire dal Sud, la parte del mondo più ricca di bellezze artistiche e naturali, in cui paradossalmente vanno meno del 20% dei turisti stranieri» e per farlo ci vuole l’alta velocità che arrivi in Sicilia, e quindi bisognerà fare questo benedetto Ponte sullo Stretto: «Beh, i treni ad alta velocità dovranno pur attraversare lo Stretto. Ma andranno visti costi e benefici di tutte le soluzioni alternative».

I nostri leader scacchistici del governo e dell’opposizione pensano in grande ma, come scrivevamo già nel 2016 si tratta di «una valutazione opinabile, mentre “un pizzico di buonsenso” dovrebbe suggerire quanto uno spreco da 8 miliardi di euro per un’opera inutile se non pericolosa non rappresenti l’investimento migliore per il Paese, né oggi né poi». Insomma, Renzi, Salvini, Franceschini sanno benissimo che parlare di Ponte sullo Stretto è come discutere di fare una cattedrale di vetro in mezzo allo sfasciopendulo del nostro territorio meridionale assassinato dal cemento.

Anche quel che è accaduto prima e durante il blocco del Covid-19 ha confermato le condizioni di dissesto idrogeologico in cui versano il territorio calabrese e quello siciliano, che il ponte vorrebbe unire. E studi succedutisi negli anni hanno confermato la pericolosità di fare un ponte su uno Stretto che è una delle aree più sismicamente pericolose del pianeta, che si abbassa, si innalza e si allontana.

Forse i due Matteo della politica italiana sono troppo presi a farsi le mosse del cavallo per poter sopravvivere politicamente, ma Franceschini, da ministro, dovrebbe pensare di più a come investire meglio i miliardi europei nell’unica vera grandiosa Ricostruzione di cui ha bisogno l’Italia: il recupero del territorio. E se vuole fare davvero la mossa del cavallo e valorizzare le ricchezze e le bellezze del nostro Sud, il ministro della cultura cominci a far abbattere gli abusi che ne deturpano spiagge, coste e montagne e le tante grandi opere che avrebbero dovuto alleviare la povertà del mezzogiorno e che – pagate con i soldi dello Stato e dell’Europa – sorgono come cattedrali abbandonate in un deserto di furbizie e simboli dello sperpero di denaro pubblico.