Coronavirus, preoccupazione per 500 aziende agricole e stalle nella in zona rossa. 100.000 mucche e maiali nella fascia di quarantena

Coldiretti: il made in Italy agroalimentare a rischio per la quarantena imposta ai lavoratori romeni provenienti da Lombardia e Veneto

[26 Febbraio 2020]

Secondo Coldiretti, «Con l’emergenza coronavirus c’è il rischio paralisi per il lavoro di 500 aziende agricole negli undici comuni della zona rossa fra Lombardia e Veneto che si aggiunge alle difficoltà sui mercati nazionali ed esteri».

Dal monitoraggio della Coldiretti sugli effetti economici ed occupazionali dei provvedimenti restrittivi adottati in aree a forte vocazione agricola, dagli allevamenti ai vigneti, dagli agriturismi alle cantine, emerge che «Nella fascia di quarantena vivono oltre centomila fra mucche e maiali e la limitazione della circolazione di merci e persone nonché le misure di prevenzione impediscono una adeguata assistenza nelle stalle mentre nei campi pesano i vincoli agli spostamenti degli operari trattoristi dalle proprie abitazioni al posto di lavoro, in vista delle semine. Occorre verificare quanto prima che tutto il personale addetto al controllo dei varchi tra zona rossa e gialla sia adeguatamente formato ed informato sulla deroga alla movimentazione di persone, mezzi e prodotti per il settore agricolo ed agroalimentare, comprese le aziende di biogas».

Coldiretti segnale che «Ci sono stati diversi casi di mungitori che sono stati bloccati ai posti di controllo e fatti allontanare, sebbene si siano presentati con i documenti che attestano il loro lavoro in aziende zootecniche della zona rossa. Il personale Coldiretti si è attivato e sta stilando un elenco delle imprese zootecniche e dei nominativi dei lavoratori operanti nelle stalle, da comunicare alla Prefettura per poter risolvere quanto prima la situazione garantendo anche il movimento degli operai impegnati nella lavorazione di prodotti deperibili nelle industrie e cooperative agroalimentari limitrofe. Per il vino il problema maggiore riguarda il blocco delle visite nelle cantine e i lavori fra i vigneti e negli agriturismi decine di aziende stanno subendo disdette e cancellazioni. In sofferenza il sistema delle vendite dirette degli agricoltori con la sospensione ingiustificata dei mercati di Campagna Amica in alcune realtà dove svolgono un ruolo centrale per garantire l’approvvigionamento locale di beni alimentari per evitare speculazioni».

Coldiretti evidenzia che «Le difficoltà si estendono in realtà all’intera area della pianura padana dove nasce oltre 1/3 del Made in Italy agroalimentare, direttamente condizionato dall’emergenza coronavirus nell’attività produttiva e commerciale.Il sistema agricolo sta già pagando un prezzo pesante alla crisi generata dal coronavirus, per questo è importante dare sostegni immediati alle imprese attraverso sgravi fiscali e contributivi con il rinvio di pagamenti, compensazioni previdenziali delle giornate di lavoro perse e attivazione degli ammortizzatori sociali per i lavoratori nonché la proroga delle scadenze dei piani di sviluppo rurale regionali e nazionale, favorendo al tempo stesso i contratti di filiera per garantire prezzi equi agli agricoltori».

Cia – Agricoltori italiani evidenzia che dopo un attento monitoraggio dell’emergenza Coronavirus nelle regioni colpite, confermato anche da una nota della Regione Lombardia che tranquillizza il sistema allevatoriale, non c’è «Nessuno stop nelle imprese zootecniche nella zona rossa, la produzione di latte non è a rischio e sono garantiti gli approvvigionamenti quotidiani. La situazione è, dunque, sotto controllo e gli allarmismi ingiustificati rischiano di danneggiare pesantemente non solo i cittadini, ma anche le imprese. In generale, la produttività delle imprese agricole nelle aree colpite è sotto controllo ed è in grado di assicurare il rifornimento di beni alimentari a tutti i cittadini».

Ma anche la Cia rileva «un’indubbia ricaduta dell’emergenza Coronavirus sulle aziende agricole del Paese. L’impatto negativo è avvertito soprattutto da tutte le realtà produttive che hanno rapporti commerciali con le aree colpite. Anche sul versante export si registra una contrazione del mercato, con ordinativi al ribasso e disdette causati da un clima generale di sfiducia che sta contagiando i nostri principali sbocchi commerciali all’estero. Cia segnala anche ripercussioni nel settore agrituristico, con numerose disdette dei turisti stranieri per i mesi di aprile, con le feste pasquali, e di maggio».

I produttori Cia stanno comunque continuando a lavorare con trasparenza vigilando sulla filiera e respingendo ogni tentativo di speculazione sui prezzi dal campo alla tavola.

«Va detto però – conclude Cia – che le difficoltà sono in costante aumento e occorre risolvere i problemi legati alla logistica e alla distribuzione che limitano l’attività delle strutture produttive, a partire dalla cosiddetta zona rossa».

Intanto, al di fuori delle aree in quarantena, l’agricoltura e l’industria alimentare sembrano beneficiare dell’assalto ai supermercati per fare scorte. Da un monitoraggio della Coldiretti nei mercati di Campagna Amica per verificare gli effetti dell’emergenza coronavirus con l’annuncio delle prime misure per il contenimento emerge che «Nel week end si è registrato un sensibile aumento negli acquisti di prodotti alimentari freschi e trasformati. La crescente preoccupazione sembra spingere molti a fare scorte con la sollecitazione delle autorità alla limitazione degli spostamenti per evitare la diffusione del contagio. Anche perché – continua la Coldiretti – nelle aree già a rischio sono state adottate misure cautelative con la chiusura di negozi, centri commerciali e mercati all’aperto per evitare rischiose forme di aggregazione. Tra i prodotti più richiesti frutta, verdura e carne ma anche altri alimenti conservabili».

Ma sempre Coldiretti rivela un effetto imprevisto: il made in Italy agroalimentare a rischio per la quarantena imposta dalla Romania ai suoi cittadini provenienti da Lombardia e Veneto dove rappresentano la comunità straniera più numerosa nei campi con oltre centomila lavoratori a livello nazionale. E il presidente della Coldiretti Ettore Prandini denuncia «Una misura restrittiva unilaterale, anti europea e anti italiana adottata fuori dal quadro comunitario paradossalmente da un Paese che è un grande beneficiario dei fondi europei».

La Coldiretti sottolinea che «La misura restrittiva della quarantena per 14 giorni imposta dal ministero della Sanità di Bucarest riguarda le persone che arrivano via terra in Romania dal Veneto e dalla Lombardia o quelle che hanno viaggiato in aereo nelle ultime due settimane. Una decisione che ha provocato le disdette degli impegni di lavoro da parte dei cittadini rumeni in Italia proprio alla vigilia della primavera con la ripresa dell’attività nei campi con il rischio concreto della perdita dei raccolti nazionali».

E così la più grande organizzazione agricola italiana svela nuovamente il segreto di Pulcinella sul quale tacciono i sovranisti (ex) Padani: «Viene ottenuto da mani straniere più di un quarto del Made in Italy a tavola, con 370mila lavoratori provenienti da ben 155 Paesi diversi che hanno trovato regolarmente occupazione in agricoltura fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia – spiega Coldiretti – è proprio quella rumena con 107.591 occupati, davanti a marocchini con 35.013 e indiani con 34.043, che precedono albanesi (32.264), senegalesi (14.165), polacchi (13.134), tunisini (13.106), bulgari (11.261), macedoni (10.428) e pakistani (10.272)».

E, nonostante i vari Salvini, Coldiretti ricorda che in terra leghista «Sono molti i “distretti agricoli” del nord dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti da latte e caseifici in Lombardia dove a svolgere l’attività di bergamini sono soprattutto gli indiani mentre i macedoni sono coinvolti principalmente nella pastorizia».

E, mentre Salvini invoca il blocco delle frontiere, Prandini conclude: «Occorre un intervento sul piano nazionale e comunitario per evitare che vengano poste ingiustificate barriere alla circolazione dei lavoratori e delle merci con decisioni estemporanee delle autorità di Paesi comunitari e non che generano grande insicurezza ma anche danni economici ed occupazionali. L’emergenza coronavirus sta purtroppo impattando in modo sostanziale sulle attività delle imprese».