La gestione della pesca (se viene fatta davvero) funziona

Nonostante quel che si crede, gli stock di pesci non sono in calo in tutto il mondo. Ma mancano i dati di India, Indonesia e Cina

[24 Gennaio 2020]

Quasi la metà dei pesci catturati in tutto il mondo proviene da stock che sono scientificamente monitorati e, in media, stanno aumentando in abbondanza. E’ la sorpendente conclusione alla quale arriva lo studio “Effective fisheries management instrumental in improving fish stock status” pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un folto team internazionale di ricercatori che lavorano a un progetto globale di ricerca, guidato dall’università di Washington – Seattle, che analizza e compila i dati della pesca in tutto il mondo e dal quale emerge che «Una gestione efficace sembra essere la ragione principale per cui questi stock sono a livelli sostenibili o ricostruiti con successo».

Il principale autore dello studio, Ray Hilborn dell’UW School of Aquatic and Fishery Sciences, sottolinea che «Si racconta che gli stock ittici stanno diminuendo in tutto il mondo, che la gestione della pesca sta fallendo e che abbiamo bisogno di nuove soluzioni: ed è totalmente sbagliato. Gli stock ittici non sono tutti in calo in tutto il mondo. Stanno aumentando in molti luoghi e sappiamo già come risolvere i problemi attraverso un’efficace gestione della pesca».

Il progetto si basa su una collaborazione internazionale decennale che punta a mettere insieme le stime dello stato degli stock ittici – o delle distinte popolazioni di pesci – in tutto il mondo. Informazioni che aiutano gli scienziati e i gestori a sapere dove avviene la pesca eccessiva o quali sono le aree che potrebbero sostenere un maggiore sforzo di pesca. Attualmente, il database del team include informazioni su quasi la metà delle catture ittiche mondiali, rispetto a circa il 20% del 2009.

Hilborn spiega che «La chiave di tutto è che vogliamo sapere quanto stiamo facendo bene, dove dobbiamo migliorare e quali sono i problemi. Dato che la maggior parte dei Paesi sta cercando di fornire un rendimento sostenibile a lungo termine delle proprie attività di pesca, vogliamo sapere dove si sta pescando eccessivamente e dove esiste il potenziale per un maggiore rendimento in luoghi che non stiamo sfruttando completamente».

Negli ultimi dieci anni, il team di ricerca ha creato una rete di collaboratori in tutti i Paesi delle regioni marittime del mondo, inserendo dati preziosi sulle popolazioni di pesci del Mediterraneo e di Perù, Cile, Russia, Giappone e ‘Africa nord-occidentale. In tutto, ora il database include circa 880 stock ittici, fornendo un quadro globale molto più completo della salute e dello stato delle popolazioni ittiche. Ma per la maggior parte degli stock ittici dell’Asia meridionale e nel Sud-est asiatico non sono ancora disponibili stime scientifiche sulla salute e sullo stato degli stock ittici. Ed è un problema, visto che la sola pesca in India, Indonesia e Cina rappresenta dal 30% al 40% delle catture ittiche mondiali che sono essenzialmente non valutate.

Una delle autrici dello studio, Ana Parma del  Centro Nacional Patagonico dell’Argentina e di The Nature Conservancy, ammette che «Vi sono ancora grandi lacune nei dati e queste lacune sono più difficili da colmare. Questo perché le informazioni disponibili sulla pesca minore sono maggiormente disperse, non sono state standardizzate ed sono più difficili da raccogliere, o perché la pesca in molte regioni non è monitorata regolarmente».

I ricercatori hanno messo insieme informazioni sugli stock ittici con dati recentemente pubblicati sulle attività di gestione della pesca in circa 30 Paesi e questa analisi ha rilevato che «Una gestione più intensa ha portato a stock ittici sani o in miglioramento, mentre una gestione scarsa o nulla ha portato alla pesca eccessiva e allo stato di cattiva qualità degli stock. Questi risultati mostrano che quando viene applicata la gestione della pesca funziona e che le soluzioni per sostenere la pesca nel mondo stanno implementando un’efficace gestione della pesca».

I ricercatori hanno elaborato un index of fisheries management per classificare gli sforzi dei Paesi di tutto il mondo e ne è venuto fuori che le regioni che hanno preso provvedimenti per gestire con forza le loro attività di pesca – tra cui l’Alaska, la costa occidentale degli Stati Uniti, la Norvegia, l’Islanda e le Isole Faroe – hanno mostrato un aumento dell’abbondanza di stock o che almeno stavano almeno migliorando.  Al contrario, nelle regioni che si classificano in fondo all’Index perché hanno una gestione della pesca più lassista – come alcune aree del Mediterraneo e del Nord Africa – i livelli di pesca rispetto agli stock disponibili sono tre volte più alti e così l’abbondanza gli stock ittici era solo la metà rispetto alla pesca meglio gestita.

Un altro autore dello studio, Christopher Costello, professore di economia ambientale e delle risorse all’Università della California – Santa Barbara e che fa parte del a board dell’Environmental Defense Fund aggiunge: «Con i dati che siamo stati in grado di raccogliere, abbiamo potuto verificare se la gestione della pesca consente il recupero degli stock. Abbiamo scoperto che, enfaticamente, la risposta è sì. Questo dà davvero credibilità ai gestori della pesca e ai governi di tutto il mondo che sono disposti a intraprendere azioni forti».

I ricercatori fanno notare che, per avere successo, la gestione della pesca dovrebbe essere adattata alle caratteristiche delle diverse attività di pesca e alle specifiche esigenze di Paesi e regioni: «Gli approcci che sono stati efficaci in molte attività di pesca industriale su larga scala nei Paesi sviluppati non possono funzionare per attività di pesca su piccola scala – evidenzia la Parma – in particolare nelle regioni con risorse economiche e tecniche limitate e sistemi di governance deboli. L’obiettivo principale dovrebbe essere quello di ridurre la pressione totale della pesca quando è troppo elevata e trovare modi per incentivare le flotte pescherecce a valutare gli stock ittici sani».

Costello è d’accordo: «Non esiste davvero un approccio gestionale unico per tutti. Dobbiamo progettare il modo in cui gestiamo la pesca in modo che i pescatori di tutto il mondo abbiano una partecipazione a lungo termine nella salute dell’oceano».