Pesca: nel mondo il picco produttivo è ancora lontano, ma quella più insostenibile è nel Mediterraneo

Studio Fao: notevoli aumenti di produzione previsti per i prossimi 10 anni. Il settore dovrà affrontare sfide importanti

[9 Luglio 2018]

Secondo il nuovo rapporto Fao “The State of World Fisheries and Aquaculture” (Sofia) «La produzione ittica mondiale continuerà ad espandersi nel prossimo decennio anche se la quantità di pesci catturati in natura si è stabilizzata e la crescita precedentemente esplosiva dell’acquacoltura sta rallentando»
Dall’ultima edizione di Sofia energe che «Entro il 2030 la produzione combinata di pesca di cattura e acquacoltura crescerà raggiungendo 201 milioni di tonnellate. Si tratta di un aumento del 18% rispetto all’attuale livello di produzione di 171 milioni di tonnellate. Ma la crescita futura richiederà un progresso costante nel rafforzamento dei regimi di gestione della pesca, nella riduzione delle perdite e degli sprechi e nel trattamento di problemi come la pesca illegale, l’inquinamento degli ambienti acquatici e il cambiamento climatico».

Sofia 2018 sottolinea quanto sia importante la pesca e la piscicoltura per i mezzi di sostentamento delle persone, inclusi milioni di famiglie appartenenti ad alcune delle comunità più povere: «In tutto il mondo, circa 60 milioni di persone (il 14% delle quali donne) lavorano direttamente nel settore della pesca e dell’acquacoltura, il cui valore di produzione di vendita nel 2016 ha raggiunto i 362 miliardi di dollari.Il pesce rappresenta circa il 17% delle proteine animali consumate dalla popolazione globale e complessivamente fornisce a circa 3,2 miliardi di persone sul pianeta quasi il 20% delle loro proteine animali. E il pesce rappresenta un alimento altamente nutriente particolarmente utile nel contrastare le carenze di micronutrienti. Le tendenze globali possono mascherare i contributi nutrizionali fondamentali che i pesci danno nei paesi più poveri, comunque. Ad esempio, in Bangladesh, Cambogia, Gambia, Ghana, Indonesia, Sierra Leone, Sri Lanka e alcuni piccoli stati insulari in via di sviluppo, il pesce fornisce il 50% o più del consumo di proteine delle persone«.

Presentando il rapporto, il direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, ha sottolineato che «Il settore della pesca è fondamentale per soddisfare l’obiettivo della Fao di un mondo senza fame e malnutrizione, e il suo contributo alla crescita economica e alla lotta contro la povertà è in crescita. Il settore non è esente da sfide, tuttavia, compresa la necessità di ridurre la percentuale di stock ittici pescati oltre la sostenibilità biologica».

Il rapporto informa che «Nel 2016 sono stati catturati 90,9 milioni di tonnellate di pesce in natura – un leggero calo di 2 milioni di tonnellate rispetto all’anno precedente, principalmente a causa delle periodiche fluttuazioni dell’Anchoveta peruviana associate a El Niño. In generale, la quantità di pesce catturato in natura è iniziata ad aumentare a partire dagli anni ’90 ma da allora è rimasta sostanzialmente stabile».
I principali dati di The State of World Fisheries and Aquaculture sono: La produzione ittica globale totale nel 2016 ha raggiunto i 171 milioni di tonnellate, 79,3 milioni di tonnellate delle quali provenienti dalla pesca marina, 11,6 milioni di tonnellate dalla pesca di acqua dolce e 80 milioni di tonnellate dall’acquacoltura. Gli esseri umani hanno consumato direttamente 51,2 milioni di tonnellate di pesce, mentre la produzione persa per deterioramento e/o gettata via dopo lo sbarco e prima del consumo è stata del 27%.

Il valore di prima vendita di tutta la produzione di pesca e acquacoltura nel 2016 è stato di 362 miliardi di dollari, quello dell’acquacoltura di 232 miliardi di dollari. Il continente dove ci sono più pescatori e allevatori di pesci, ben l’85% del totale, è l’Asia, Nel mondo ci sono 4,6 milioni di pescherecci e ben il 75% sono asiatici: 3,3 milioni di imbarcazioni, Il 35% della produzione ittica mondiale che entra nel commercio internazionale e le esportazioni di prodotti ittici valgono 143 miliardi di dollari. I ricavi netti da esportazione di pesce per i Paesi in via di sviluppo (37 miliardi di dollari) superano le entrate derivanti dalle esportazioni di carne, tabacco, riso e zucchero messi insieme. Il più grande produttore ed esportatore di pesce al mondo è la Cina e il più grande mercato al consumo di pesce e prodotti ittici al mondo è l’Unione Europea, seguita dagli Usa e  e poi dal Giappone. La pesca più insostenibile è quella del Mediterraneo e Mar Nero, con il 62,2% degli stock sovra-sfruttati, seguita dal Sud-est del Pacifico (61,5%) e dall’Atlantico sudoccidentale (58,8%). La pesca più sostenibile è quella esercitata nel Pacifico centro-orientale, centro-occidentale, nord-orientale, nord-occidentale, sud-occidentale che hanno tutti stock sovra-sfruttati inferiori al 17%.

Negli anni ’60  nel mondo si consumavano poco meno di 10 kg pro capite all’anno di pesce, nel 2016 erano più che raddoppiato a 20,4 kg pro-capite, grazie in gran parte all’aumento della produzione da acquacoltura, un settore che si è espanso rapidamente durante gli anni ’80 e ’90 e che è riuscito a star dietro anche alla crescita della popolazione mondiale.  Ma la crescita dell’acquacoltura, che tra il 2010 e il 2016 aveva registrato un più 5,8%, dopo un calo del 10% negli anni ’80 e ’90, è nuovamente rallentata, ma si prevede continuerà a espandersi nei prossimi decenni, specialmente in Africa. Il rapporto evidenzia che «Gli sforzi per ridurre la quantità di pesce che viene scartato o eliminato dopo la cattura, ad esempio utilizzando scarti e rifilature per produrre farina di pesce, contribuiranno anche a soddisfare gli aumenti in corso della domanda di prodotti ittici».

Circa il 59,9% delle principali specie ittiche commerciali monitorate dalla Fao, «vengono attualmente pescate a livelli biologicamente sostenibili, mentre il 33,1% viene pescato a livelli biologicamente insostenibili» una situazione che Sofia 2018 definisce «preoccupante» e ricorda che «Solo 40 anni fa, il 90% delle attività di pesca monitorate dalla Fao venivano utilizzate a livelli biologicamente sostenibili e solo il 10% veniva pescato in modo non sostenibile.  Queste tendenze non significano necessariamente che non siano stati compiuti progressi verso l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 14, che fa appello alla comunità internazionale a regolamentare efficacemente la pesca eccessiva, la pesca illegale e le pratiche di pesca distruttive, e ad attuare piani di gestione su base scientifica per ripristinare le scorte».

Ma il rapporto avverte che «Il mondo si è differenziato nel suo approccio alla pesca sostenibile, con il peggioramento della sovraccapacità e dello stato delle scorte – troppe barche che cacciano troppi pochi pesci – nei Paesi in via di sviluppo che compensano una migliore gestione della pesca e migliore stato delle scorte in quelli sviluppati. Per contrastare ciò sarà necessario creare partenariati efficaci, in particolare nel coordinamento delle politiche, nella mobilitazione delle risorse finanziarie e umane e nella diffusione di tecnologie avanzate (ad esempio per monitorare le attività di pesca)».

Preoccupano anche i cambiamenti climatici e l’inquinamento: «Mentre la ricerca suggerisce che i cambiamenti climatici potrebbero far sì che i livelli globali di cattura siano soggetti a variazioni inferiori al 10%, sono previsti cambiamenti rispetto a dove i pesci sono catturati – osserva Sofia  2018 – E’ probabile che le catture diminuiscano in molte regioni tropicali dipendenti dalla pesca e aumentino nelle zone temperate del nord». Cambiamenti nella distribuzione delle attività di pesca che «avranno importanti implicazioni operative, manageriali e giurisdizionali. Saranno necessarie ricerche per sviluppare strategie che consentano sia alla pesca che alle specie che sfruttano di adattarsi senza problemi ai cambiamenti climatici. E’ anche necessaria una maggiore collaborazione per affrontare i problemi che i detriti degli attrezzi da pesca abbandonati e l’inquinamento da microplastiche stanno causando negli ecosistemi acquatici. La priorità dovrebbe essere data alle misure preventive che riducono i rifiuti marini e le microplastiche, e  agli sforzi per migliorare i sistemi di riciclaggio verso “economie circolari” e la graduale eliminazione della plastica monouso».