Il Cile dei privilegi è in fiamme. La faccia nascosta del Paese “più tranquillo” dell’America Latina

Un’insurrezione popolare che si fida solo della Mesa de Unidad Social

[25 Ottobre 2019]

II 23 ottobre centinaia di migliaia di cileni hanno sfidato il governo di destra del presidente Sebastián Piñera e i militari, tornati a uccidere e a ferire – e si dice a torturare e stuprare –, per rappresentare con uno sciopero generale lo scontento e la rabbia per un Paese sempre più disuguale e ingiusto, nel quale le risorse minerarie e naturali vengono svendute alle multinazionali straniere. L’attacco e la devastazione della sede dell’Enel a Santiago vengono da qui: dalla rabbia contro le grandi imprese straniere che sfruttano il rame cileno e costruiscono dighe e miniere in aree ambientalmente sensibili, distruggendo comunità, stili di vita servizi ecosistemici.

Si è rotto l’incanto del miracolo cileno – propagandato dalla destra liberista ma anche da un prudente centro-sinistra – e i cileni tornano a chiedere di uscire davvero dall’eredità fascista di Pinochet, ancora fissata in una costituzione che i manifestanti e la sinistra politica e sociale chiedono di cambiare.

Quelle avvenute in Cile negli ultimi giorni sono manifestazioni inedite – per partecipazione e violenza – negli ultimi decenni e senza precedenti dopo la fine della dittatura. Il Partido Comunista de Chile riassume bene quel che sta succedendo. «Il Cile esige e reclama cambiamento ora. E non rimedi cosmetici». Che poi sono quelli proposti da Piñera dopo aver tentato di reprimere con la forza la rivolta del suo popolo innescata da un aumento di pochi centesimi del biglietto dei trasporti pubblici.

Ma anche i Partiti di Sinistra che hanno partecipato ai governi della presidente Michelle Bachelet prima che il Cile si riconsegnasse con rassegnazione e disincanto alla destra di Piñera sembrano marginali e questo magmatico movimento “pre-rivoluzionario” che sfida apertamente i militari che hanno terrorizzato il Cile per decenni e lo hanno seminato di desaparecidos e fosse comuni – in mare e a terra – sembra fidarsi solo della Mesa de la Unidad Social che ha convocato lo sciopero generale che è stata una colossale risposta al pacchetto di misure di emergenza annunciato da Piñera.

I comunisti cileni ne sono ben coscienti e hanno scritto in un comunicato: «Crediamo che i partiti politici che stanno davvero ascoltando il popolo devono appoggiare questo spazio ampio, democratico e plurale di movimenti e organizzazioni sociali».

Unidad para el Cambio, che riunisce Partido Comunista de Chile, Partido Federación Regionalista Verde Social e Partido Progresista de Chile, e tutti i Partiti di opposizione hanno partecipato alla Mesa de Unidad Social convocata dalla Central Unitaria de Trabajadores, Movimiento no + AFP, Colegio de Profesores, Confusam, Anef, Confech, Cones, Feministas e alla quale aderiscono numerose associazioni che riconoscono che «La mobilitazione sociale che vive il Paese è legittima e riflette il sentire comune di fronte a una situazione di profonda ingiustizia che non è stata risolta in decenni».
Unidad para el Cambio ha concordato un insieme di proposte minime comuni per proporre ai cileni un uscita ragionevole dalla crisi. Eccole: «1. Salario minimo sopra la linea di povertà, Ora! 2. Giornata di 40° ore. Ora! 3. Biglietti dei trasporti pubblici gratuiti per studenti e anziani e riduzione generale del costo del biglietto, e passare alla nazionalizzazione del trasporto pubblico. Ora! 4. Congelare gli aumenti dei costi dei servizi di base. Ora! 5. Aumentare le pensioni di base. Ora! 6. Congelare i progetti sulle pensioni e la riforma tributaria. Ora! 7. Riduzione degli alti salari dei parlamentari e delle alte autorità. Ora!».

La crisi del governo Piñera, che era additato come esempi di buon governo neoliberista in opposizione alla crisi dei governi di sinistra latinoamericani, è solo l’ultimo episodio di un rapido declino dell’alternativa conservatrice, come dimostra il disastro del governo di centro-destra argentino, la confusione del governo neofascista di jair Bolsonaro in Brasile, l’infinita china corruttiva che ha travolto le istituzioni del Perù e il disperato invito dell’inquilino della Moneda all’unità nazionale fatto ad alcuni Partiti cileni non ha senso e la gente lo ha visto come una manovra dilatoria del governo e che volta le spalle alla cittadinanza e ignora i movimenti sociali.

Secondo la Mesa de Unidad Social «Il Cile affronta la più grande crisi politica e sociale dalla fine della dittatura militare. La sollevazione sociale innescata dagli aumenti dei trasporti pubblici ha rivelato la rabbia trattenuta e il malcontento per le politiche promosse negli ultimi decenni, aumenti permanenti dei servizi di base, stipendi stagnanti e la commercializzazione dei diritti sociali, tra le altre cose. Di fronte a questo, il governo sta realizzando un vero e proprio “auto-golpe”, utilizzando la più grande delle pratiche antidemocratiche che consiste nell’utilizzare le Forze Armate per imporre la “pace sociale” attraverso la forza e, in tale contesto, imporre le sue politiche anti-popolari su pensioni, tasse, orario di lavoro, ecc. Il governo con le sue azioni, ha paralizzato il Paese con il clima di violenza instaurato con la presenza dei militari nelle strade. Sebastián Piñera non capisce i motivi alla base della diffusa protesta dei cittadini su tutto il territorio, con il suo atteggiamento è evidente che non è in grado di continuare a dirigere il Paese».

La Mesa de Unidad Social ha anche rivolto un appello urgente all’opposizione e ai progressisti a raccogliere le richieste popolari, a promuovere leggi che vadano in questo senso e ad agire immediatamente per il bene del Paese, unitariamente e secondo le esigenze e la gravità del momento.

Le accuse della Mesa de Unidad Social sono precise: «Siamo certi che la principale responsabile della violenza sia questa arrogante e insensibile élite che per decenni ha abusato dell’impunità e ha mercificato anche i diritti più elementari; non sono un buon esempio per nulla, sono quelli che hanno portato questo Paese al grave conflitto che stiamo vivendo oggi. Ma con la stessa chiarezza condanniamo nel modo più forte la violenza irrazionale generata dall’atteggiamento del governo, che ha permesso azioni di vandalismo e delinquenza dei gruppi minoritari, mentre la stragrande maggioranza del Paese ha manifestato pacificamente e in modo organizzato in tutto il territorio. E’ assurdo distruggere la metropolitana che non viene utilizzata dai potenti ma dai lavoratori, è da condannare il saccheggio dei negozi, alcuni dei quali appartenenti a piccoli commercianti, nonché la distruzione di beni pubblici. Quella violenza irrazionale è funzionale solo ai potenti per giustificare la repressione e la militarizzazione del Paese. Ma abbiamo anche sollevato la questione della sospetta assenza di sorveglianza della polizia e della mancata protezione della rete della metropolitana, delle imprese e degli edifici». ,

Mentre il Cile bruciava, Piñera non aveva formalmente invitato a discutere nessuno dei partiti di Unidad para el Cambio e solo il 23 ottobre, con le piazze piene di manifestanti, il ministro alla presidenza Gonzalo Blumel ha invitato a un incontro solo il presidente del Partito comunista, cosa che la coalizione di sinistra ha immediatamente denunciato come un opaco tentativo della destra di dividere i partiti politici tra loro e di isolarli dai manifestanti.

In un comunicato congiunto, Partido Comunista, Partido Federación Regionalista Verde Social e Partido Progresista, respingono il tentativo di Piñera: «Nessuno di noi può arrogarsi la rappresentazione del movimento sociale e partecipare a un pranzo sulle alture del Palazzo. Il Cile ha assistito a questi incontri per decenni e ci guadagnano sempre gli stessi, cambiano tutto in modo che nulla cambi. Sono i potenti gruppi economici che stanno dietro questi settori politici che hanno impedito le riforme sostanziali che i nostri partiti hanno proposto. Pertanto, sosteniamo un dialogo nazionale con la presenza attiva e protagonista dei movimenti sociali e dei cittadini, senza esclusioni di nessun tipo, senza veti di alcun tipo, senza stato di emergenza o militarizzazione delle nostre città, città e regioni in tutti i nostri territori Sosteniamo la richiesta di uno sciopero generale promosso dalla la mesa de Unidad Social.

Come Unidad para el Cambio comprendiamo che ci sono emergenze delle quali dobbiamo farci carico e che sono contenute nelle nostre proposte che abbiamo formulato. Tuttavia, ribadiamo anche che, per affrontare una soluzione nazionale e democratica condivisa dalla cittadinanza, il Cile richiede oggi una nuova Costituzione politica».

Una nuova costituzione che dovrà essere scritta da un’assemblea costituente. Intanto sinistra e Mesa de la Unidad Social chiedono di congelare i progetti di legge che favoriscono solo i più ricchi, come le riforme fiscale e delle pensioni e le leggi sul lavoro.

Il Partido Comunista de Chile chiede un nuovo sistema parlamentare, unicamerale nel quale siano migliorate la pluralità e la rappresentanza dei cittadini e con deputati con stipendi a livello del sistema dei funzionari pubblici; la fine subito dello stato di emergenza e della repressione criminale, di rendere conto delle accuse di violazioni dei diritti umani e di avviare una severa indagine sulle azioni repressive e la presenza in Cile, con estrema urgenza, di organizzazioni e osservatori internazionali per la difesa dei diritti umani dell’Onu.

I comunisti cileni, facendosi interpreti di quel che pensano in molti, concludono: «Piñera deve rispondere. Lui e il suo governo sono responsabili di questa crisi. Promuoviamo un’accusa costituzionale per grave abbandono dello stato di diritto, con gravi conseguenze per la società e la democrazia».