Contro il santo ambientalista

Da parola di nicchia a inflazionata, ambientalista ha finito per divenire oggi un’etichetta cui non è facile dare forma e colore precisi. Ad esempio, è “ambientalista” chi si fa promotore della green economy tentando di incrociare lo sviluppo ambientale e sociale con quello economico, o chi difende i principi di una bucolica decrescita? Chi vede in una pala eolica produzione di energia verde o chi vi snida l’ennesimo sfregio paesaggistico insieme alla morte di ignari volatili?

In 225 pagine, l’agile volumetto “Ero ambientalista. Dizionario impertinente sull’ecologia e dintorni” (Europa edizioni) si muove tra questi e molti altri quesiti senza la presunzione di divenire categorico. Anzi: l’autore, Aldo Ferretti – che si definisce “consulente, giornalista e autore” ma rimane certamente anche un ambientalista, qualsiasi significato si voglia attribuire alla parola –, mostra in modo molto chiaro come sia tutt’altro che facile rispondere in modo univoco. Come suggerisce il titolo, il percorso si snoda attraverso la mappa concettuale di un dizionario, dalla A di Agricoltura alla Z di Zero, passando attraverso voci come Darwin, Entropia, Nimby, Rifiuti e – incidentalmente – anche qualche citazione da greenreport.it.

Ciò che emerge al termine della lettura, che a sua volta non risparmia paradossi e contraddizioni, è un’unica certezza. Rimanendo confinati in un modo tinteggiato da soli bianchi e neri, in realtà il verde “ambientalista” non trova spazi per esprimersi. Diventa anzi una bandiera a dividere fazioni, da sbattere in faccia al nemico di turno. «La definizione di ambientalista – nota Ferretti – può essere ritagliata su misura a chiunque. L’universo di simpatizzanti, iscritti, attivisti, sostenitori e seguaci dei vari movimenti di vegetariani, vegani, animalisti, conservazionisti, antivivisezionisti, fans dell’omeopatia e delle terapie naturali è immenso. Poi, se andiamo a scavare, vediamo che la coerenza assoluta è irraggiungibile e che bisogna sempre fare i conti con la realtà che ci circonda».

Il che significa semplicemente aver presente, come del resto già proponeva il padre della bioeconomia Georgescu-Roegen, che «l’umanità non tornerà nelle caverne o, piuttosto, agli alberi». L’impatto zero non esiste, e il compromesso da trovare è sia con l’ecosistema che ci dà vita sia con la società nella quale viviamo. In alternativa anche l’eremitaggio è una scelta, ma non è possibile pensare di estenderla a 7 miliardi di persone, ognuna con le proprie aspirazioni e difetti.

Dunque la parola “ambientalista” ha forse così tanti, troppi significati da non voler dire niente? La crescente passione che continua suscitare suggerisce il contrario, ma anche la necessità di far cadere quell’aura di santità che troppo spesso circonda il termine “ambientalista”. Concedendogli in cambio la possibilità di misurarsi con la realtà, con la complessità che è l’essenza stessa dell’ecologia, facendo tutto il possibile per trovare soluzioni realistiche a problemi – inquinamento, cambiamenti climatici, scarsità di risorse come anche povertà, disuguaglianze, mancanza di diritti – globali. Anche (soprattutto?) questa è testimonianza.

L. A.