Cosa ci insegna il Pnalm sul sistema normativo delle aree naturali protette in Italia

Dai quasi cento anni di storia del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise emergono tre osservazioni per migliorare ruolo e gestione dei parchi italiani

“L’ordinamento resiliente dell’ente autonomo del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise: un modello di analisi per una riflessione attualizzata sul sistema normativo delle aree naturali protette”: con questo titolo, il sottoscritto e il prof. Giampiero Di Plinio hanno di recente pubblicato sul fascicolo n. 2/2019 della rivista on line “Diritti Regionali”. L’approfondito scritto non solo ricostruisce l’evoluzione normativa dello storico Parco abruzzese, sino a giungere all’attualità di quello che può dirsi il particolare ordinamento giuridico esattamente vigente, ma si spinge oltre, giungendo a considerazioni severe sulle carenze genetiche ed applicative della legge quadro sulle aree protette, dopo aver esaminato con un’aggiornata lente di ingrandimento gli istituti più importanti di questa. Sia consentita la citazione di alcuni passaggi conclusivi del lavoro:

L’Ente autonomo del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, nei suoi quasi cento anni di storia, con le regole del r.d.l. 257/1923 e senza lo strumentario «a prova di bomba» della l. 394/1991, ha superato i problemi della speculazione edilizia, degli assalti turistici ed impiantistici del turismo invernale, del bracconaggio, del conflitto con le pretese dell’allevamento intensivo, ed oggi si confronta con la necessità di rendere “sostenibile” la forte pressione turistica nelle aree più sensibili, nonché di migliorare la gestionedella propria delicata fauna protetta.

Tutto ciò è avvenuto sia per veri e propri atti di forza dell’Ente parco compiuti nel passato, ma anche perché, nel tempo, è mutata la fisionomia economica del territorio, che ha sviluppato una particolare attenzione alla conservazione della wilderness attuata per mezzo di una moltitudine di istanze sociali e di sinergie direttamente proporzionate alla sua integrità ed alla capacità di riverberare verso una collettività indeterminata i wildland benefits.

Ma ciò è stato possibile, altresì, per una ragione oggettiva ineluttabile, e cioè che la perimetrazione del Parco include prevalentemente aree a scarsissima antropizzazione, nel mentre le popolazioni che vivono nei pochi centri urbani inclusi nel perimetro del Parco hanno progressivamente preso coscienza e sviluppato una cultura specifica dei vantaggi derivanti dall’inclusione nel territorio protetto.

Territori troppo estesi e troppo antropizzati non si prestano adessere gestiti secondo il sistema della protezione integrale. E l’assetto dello strumentario “da guerra” della 394/1991 è rimasto nelle casse inchiodate dei depositi d’arsenale, proprio perché sarebbe stato impossibile adoperarlo, secondo la “regola dell’arte”, nei parchi così come politicamente disegnati e confinati nella realtà. Senza sottacere la difficile trasposizione tra la law in the books e la law in action per lacune e malformazioni congenite della legge.

Riassumendo, se la costruzione semplice ma essenziale del r.d.l. 257/1923, seppur naïf e concettualmente superata per molti versi, ma strettamente legata ad una specifica teleologia gestionale e imperniata su misure minime ma essenziali di conservazione (come per il caso dell’enucleazione dei divieti) ha consentito una più che decorosa gestione di uno dei più delicati habitat dell’intero contesto naturalistico italiano, si può ripartire proprio da questa considerazione per:

1) rivisitare ormai l’inattuata l. 394/1991, ravvicinandola al sistema di classificazione delle aree protette disegnato dall’IUCN112;

2) ricostruire il sistema autonomo di gestione dei soli parchi nazionali (Cat. II IUCN) secondo gli standard europei, rimodellandone innanzitutto ed in particolare i criteri di perimetrazione e zonazione;

3) attuare la Carta della natura, ridisegnando la distribuzione, classificazione e perimetrazione di tutte le aree protette nel nostro paese, stabilendo esattamente i limiti dove finisce la tutela comparativa e dove è concretamente attuabile la protezione integrale, gettando nel cestino i tanti paper parks sino ad oggi inutilmente creati.

La pubblicazione è liberamente scaricabile all’indirizzo: https://www.dirittiregionali.it/wp-content/uploads/2019/08/documento-integrale-2.pdf