Emergenza ambientale in Libano, 941 discariche illegali a cielo aperto inquinano il Mediterraneo

In Libano c’è un’emergenza ambientale, ma non se ne parla. O almeno, non se ne parlava prima delle proteste che nelle ultime settimane di ottobre hanno scosso il Paese dal proprio torpore. Certo c’erano state le manifestazioni del 2015 a seguito della chiusura della discarica di Naameh e della conseguente sospensione delle attività di raccolta dei rifiuti dell’allora gestore (Sukleen). Erano scoppiate insieme alla pazienza dei cittadini di Beirut, dopo che cumuli enormi di spazzatura si erano gradualmente ammassati lungo le strade della capitale e a cui il governo non riusciva a trovare soluzioni.

Ma finalmente adesso qualcuno inizia a fare presente, nelle piazze, che la corruzione al potere ha anche significato l’impoverimento e inquinamento delle risorse naturali. Deforestazione, scarsità d’acqua aggravata dal moltiplicarsi di pozzi privati illegali, inquinamento delle sorgenti, bolle d’aria marronastra irrespirabile sopra le città maggiormente popolate e spazzatura scaricata ovunque, tanto nelle 941 discariche a cielo aperto (illegali) sparse su tutto il territorio quanto nelle riserve naturali o direttamente in mare.

Delle citate discariche, ben 24 si trovano entro i confini dell’Unione delle municipalità di Jurd el Kaytee – nella Regione di Akkar, nord del Libano – 4 delle quali formalmente gestite dai Comuni stessi. Questo è il quadro nel quale si inserisce il nostro progetto Swam (Solid waste management in Jurd el Kaytee). Obiettivo del progetto è la creazione di un sistema di raccolta e gestione dei rifiuti solidi tra le 15 Municipalità coinvolte, nonché la riduzione dell’inquinamento del bacino Mediterraneo. Purtroppo in questa verdeggiante regione alcune delle più grandi suddette discariche finiscono proprio per riversare i propri rifiuti e relativo percolato nel fiume Bared, che la attraversa da est a ovest finendo la sua corsa nel Mar Mediterraneo.

Come Cospe abbiamo in carico la parte di sensibilizzazione della popolazione locale sul tema dei rifiuti e del riciclo. Molte cattive pratiche sono talmente interiorizzate e aggravate dalla distrazione, o meglio, dal disinteresse delle istituzioni sul tema che senza agire sulla presa di coscienza del problema a tutti i livelli della società non è possibile pensare ad un cambiamento reale. E quindi si lavora con le scuole, con i gruppi di attivisti della società civile, e appunto con i rappresentanti delle istituzioni locali.

I nostri programmi hanno due componenti, quella teoretica durante workshops in classe, e quella concreta, di partecipazione attiva ad operazioni di pulizia in gruppo, per rafforzare il senso di partecipazione e di comprensione che l’ambiente circostante è bene comune. Durante il primo anno abbiamo quindi raggiunto 559 studenti (11-14 anni) con attività in aula; sensibilizzato 788 persone (tra leader di comunità, attivisti e gruppi di donne); 1280 tra ragazzi e adulti hanno partecipato ad eventi di piantumazione di alberi e pulizia all’aperto raccogliendo circa 600 Kg di rifiuti abbandonati nell’ambiente. Per l’anno in corso puntiamo a raddoppiare questi numeri. Inoltre vorremmo anche ampliare la parte di piantumazione degli alberi in quelle aree ad alta densità abitativa dove mancano totalmente spazi verdi e dove l’inquinamento dell’aria fa aumentare i casi di malattie respiratorie.

Una goccia nel mare, certo, ma ci auguriamo una goccia meno inquinata delle precedenti.

di Federico Saracini, cooperante Cospe