Equità e lavoro contro la crisi: la storia delle “imprese recuperate” che riciclano plastica

Era la fine degli anni Novanta quando, a causa della crisi economica, a San Paolo alcune imprese fallirono lasciando molti brasiliani senza lavoro. Ed è in questi stessi anni che in risposta alla crisi nasce e si diffonde il fenomeno delle “imprese recuperate”: i lavoratori decisero di associarsi per gestire direttamente le fabbriche, senza intermediari. In questo contesto è nato Unisol, un’associazione che si poneva l’obiettivo di appoggiare il recupero delle fabbriche attraverso la creazione di cooperative.

E da allora il percorso di quest’organizzazione è proseguito in salita: da un piccolo gruppo di cooperative nell’area di San Paolo attualmente la rete di Unisol si è estesa ed è diventata nazionale. Attualmente l’organizzazione riunisce più di 1.000 entità tra cooperative e imprese sociali brasiliane e opera in svariati settori: non solo di imprese recuperate, ma anche di agricoltura familiare, artigianato, turismo, design e di cooperative sociali legate all’assistenza a persone con problemi di salute mentale o diversamente abili.

Unisol persegue infatti un’ importante mission: quella di difendere le condizioni di vita dei lavoratori per favorire una crescita incentrata sulla democrazia e la giustizia sociale e, di fatto, realizzare un’esperienza che sembrerebbe quasi un’utopia: mettere al centro dell’economia le relazioni tra le persone.

«Lavoriamo non solo con le cooperative e le imprese autogestite ma anche con associazioni più informali; in questi casi le sosteniamo concretamente accompagnando queste associazioni verso un percorso di strutturazione», ci spiega Isodora Candian Dos Santos, tesoriera dell’associazione. E il tutto viene portato avanti con un occhio di riguardo alla sostenibilità e al rispetto dei lavoratori.

E il rispetto dei lavoratori non passa solo dagli aspetti monetari. Unisol pone all’interno delle sue politiche anche un’ottica di genere, indispensabile per sostenere un’economia solidale: «Solo con le azioni concrete si può favorire il cambiamento per un mondo del lavoro più equo: bisogna quindi impegnarsi per garantire la parità con percentuali di rappresentanza obbligatorie per le donne – dichiara il presidente dell’associazione, Leonardo Pinho – le donne possono risultare meno preparate proprio a causa della loro atavica estromissione da certi ruoli. Per eliminare le discriminazioni tra uomini e donne si deve quindi partire in primis dalla formazione».  E quest’aspetto risulta evidente fin dall’organigramma di Unisol: «Ci siamo impegnati ad avere sempre il 50% di donne negli assetti dirigenziali». Si tratta di un aspetto importante, poiché il mondo del lavoro, anche quello delle imprese recuperate, è maggiormente in mano agli uomini.

Inoltre l’economia solidale è un alternativa positiva anche per l’ambiente: ne è un esempio la “cadeia solidária bincional do Pet” (riciclaggio delle bottiglie di plastica), creata da un’idea dell’attuale vicepresidentessa di Unisol, Nelsa Fabian Nespolo. La catena solidale Pet è un insieme di cooperative tessili che hanno deciso di integrare tra i loro prodotti materiali derivati dalla lavorazione di fibre ottenute dal poliestere delle bottiglie di plastica. La catena parte proprio dalla raccolta delle bottiglie di plastica da parte dei catadores; queste bottiglie vengono successivamente trasportate in Uruguay, dove avviene la trasformazione della plastica in fiocchi di Pet e questi, una volta tornati in Brasile, vengono filati e divengono un componente per la tessitura. In questo modo le bottiglie di plastica si trasformano in cappelli, magliette, borse, scarpe e tovaglie.

La catena Pet, sostenuta da Unisol, è stata la prima catena in cui tutti i soggetti interessati sono cooperative o associazioni che sostengono l’economia equa e solidale, ed è una testimonianza vivente che un’economia sociale, che mette al centro delle loro politiche il rispetto dei lavoratori e dell’ambiente non è un sogno, ma un progetto realizzabile.