Il Libano ha un problema con la gestione dei rifiuti, e riguarda tutto il Mediterraneo

Ha toccato il suo apice con la crisi del 2015, quando le strade di Beirut si sono riempite di tonnellate di spazzatura, ma in realtà è ancora endemico. Un partenariato di organizzazioni locali, italiane e internazionali è in campo per affrontarlo

C’è un fiume: il Bared. C’è una comunità: l’Unione delle Municipalità di Jurd el-Kaytee. C’è una Regione: Akkar. C’è un Paese: il Libano. E c’è un’area: il bacino del Mediterraneo. Tutti questi elementi sono legati tra loro. Il filo che li lega: i rifiuti.

Partiamo dal macro: il bacino del Mediterraneo, come purtroppo ogni mare od oceano al mondo, si sta pian piano, ma con inesorabile regolarità, riempiendo di immondizia. Il Libano ne è Paese contribuente e lo fa in vari modi: o lasciando percolare in acqua la spazzatura ammassata nelle discariche temporanee situate sul litorale,oppure permettendo ai rifiuti provenienti dalle discariche in montagna di sfociare a mare, strappati via dalla corrente dei corsi fluviali che gli scorrono accanto.

Poi c’è la regione di Akkar, dove lo Stato è ancora meno presente che altrove e dove è allettante– tanto per il singolo abitante, quanto purtroppo per le Municipalità – utilizzare le svariate gole di montagna caratteristiche di queste altitudini come discariche a cielo aperto.

Come detto, nella regione scorre il fiume Bared, che nasce e attraversa le municipalità di Jurd el-Kaytee. Jurd el-Kaytee è un’area depressa, dove i Comuni stentano ad andare avanti per mancanza di risorse, inviate dal Governo centrale in maniera molto discontinua. Come spesso accade, in quella che è un’area naturalisticamente stupenda – appena sotto al monte Qurnat al-Sawda, 3088 mt, il picco più alto del Libano – 24 discariche a cielo apertosi adagiano lungo i fianchi scoscesi delle verdeggianti vallate. Lingue di sacchetti colorati, cartoni bruciati, vetri spezzati che in lontananza sembrano quasi una visione accattivante. Sarà poi il naso, avvicinandosi un po’, a rimettere le cose in chiaro tra l’odore di materia organica in decomposizione e di spazzatura bruciata. Ed è proprio questa immondizia a confluire nel fiume Bared, che attraversa tutta l’Unione il Jurd el-Kaytee.

Ce ne sono tracce fin troppo evidenti fino a 5/6 Km a valle rispetto alle discariche più vicine (Michmich e Qabeit). E ovviamente via via che le acque scendono verso la costa si riempiono di ulteriori rifiuti, terminando poi la loro corsa nel Mar Mediterrano in un tripudio di bottiglie, sacchetti di plastica e tessuti di varia origine

Quello dei rifiuti in Libano è un problema che sì ha toccato il suo apice con la crisi del 2015, quando le strade di Beirut si sono riempite di tonnellate di spazzatura, ma in realtà è endemico. E non riguarda solo la sfera ambientale, bensì anche quella della salute pubblica. Tornando infatti al macro livello, quello delle acque del Mediterraneo, un recente studio (2018) dell’Istituto Libanese di Ricerca Agraria (LARI) ha rilevato che la gran parte delle acque analizzate in Libano risultano in varia misura contaminate.  Come ha spiegato Michel Afram, direttore generale del LARI, “l’inquinamento è sia batterico che chimico, con porzioni significanti di metalli pesanti, in particolare di mercurio […] non esiste un solo punto lungo le spiagge che sia totalmente pulito […] Non è un segreto che tutte le acque nere delle aree di montagna e costiere finiscano in mare, senza parlaredella spazzatura che ci viene gettata dentro direttamente”.

È questo il contesto in cui si inserisce il progetto SWaM Akkar: Supporting Sustainable Solid Waste Management in Jurd el-Kaytee, volto a favorire una riduzione dell’inquinamento nell’area del bacino del Mediterraneo, anche per effetto di una maggiore prevenzione sui corsi fluviali che in mare si riversano. L’area di Jurd el-Kaytee, con il suo fiume Bared, è stata quindi identificata da un partenariato di organizzazioni locali, italiane e internazionali (Cospe, Coopi, Mada, Studio Azue, Cooperativa Erica, Union of Municipalities of Jurd el-Kaytee e American University of Beirut) come luogo di sperimentazione di un processo partecipativo che sta coinvolgendo 15 comunità. L’idea è quella di identificare e sviluppare, insieme alla cittadinanza, un sistema di raccolta e avvio a riciclo dei rifiuti che possa essere sostenibile sia sul lungo termine che a livello di costi, e che porti a un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale grazie ad una minore esposizione ai fattori inquinanti che derivano dalla gestione sregolata dei rifiuti.

È evidente che in un quadro del genere l’intervento delle istituzioni locali sia fondamentale. E proprio in quest’ottica il progetto SWAM Akkar ha tra i suoi partner principali l’Unione delle Municipalità di Jurd el Kaytee, il cui rappresentante, Mr Abdelilah Zakaria, non smette mai di sottolineare quanto questo programma sia necessario in una Regione marginale come Akkar. «D’altronde” – ci ricorda, seduto dietro a un’imponente scrivania nel suo ufficio di Hrar – questo è un posto che per vari motivi ha già visto fallire altri progetti precedentemente, quindi siamo vaccinati in questo senso. Però la voglia di migliorare le nostre condizioni di vita non ci manca, e quindi ci sentiamo tutti coinvolti direttamente. Ho alcuni sindaci che ogni settimana mi chiamano per chiedermi a che punto siamo. E questo è un ottimo segnale».

Il progetto, di durata biennale e finanziato dall’Unione Europea, è iniziato a fine giugno 2018 e si chiuderà nel giugno 2020. Al suo termine, le comunità coinvolte potranno godere di un nuovo servizio fondato su di una pianificazione proiettata su un periodo di 15/20 anni. Un progetto ambizioso quindi, ma che con il coinvolgimento diretto della cittadinanza e di tutti gli attori coinvolti nella gestione dei rifiuti ha tutte le potenzialità per divenire un modello di progettazione sostenibile.

di Federico Saracini, project manager Cospe in Libano