Il seguente testo è stato redatto per il settimanale ambientale de "il manifesto", Il Gambero verde, con cui greenreport ha attiva una collaborazione editoriale

La rivoluzione delle lattine

Come la banda stagnata ha permesso di portare (e conservare) nel mondo cibi di tutti i generi. Oggi in Italia se ne richiede 700mila tonnellate all’anno, ma se ne produce meno del 10%

Sono passati duecento anni da quando l’esploratore John Ross partì da Londra per il suo primo viaggio alla ricerca del passaggio a Nord ovest imbarcando una scorta di lattine di carne conservata fabbricate dalla premiata ditta Donkin &Hall, secondo un brevetto ispirato dagli esperimenti del francese Nicolas Appert.

Le scatole di banda stagnata cominciavano il loro viaggio alla conquista del mondo; il loro uso avrebbe permesso di portare nel mondo, fra i popoli, anche i più lontani e i più poveri, cibi di tutti i generi.

I succhi di agrumi conservati in scatola avrebbero permesso di sconfiggere lo scorbuto che affliggeva i marinai per mancanza nei loro cibi di quella che sarebbe stata identificata come vitamina C.

Le scatolette possono venir trasportate per migliaia di chilometri e raggiungere le aree geografiche più lontane, raggiungendo i negozi dei paesi opulenti e in quelli in via di sviluppo, senza che il loro contenuto si alteri.

Alberto Moravia, in una corrispondenza dal suo viaggio in Africa nel 1963, riferisce la sua sorpresa nel vedere, a Maralal, nel Kenya, «l’ultima località in cui arriva la strada asfaltata, prima delle piste che portano al Lago Rodolfo, piramidi di scatolame, con le variopinte etichette, sulle quali si vede il salmone che salta fuori dalle acque canadesi o il bue che sta fermo nel mezzo del prato australiano» (Da: Alberto Moravia, A quale tribù appartieni?)

L’uso dei contenitori di banda stagnata non si esaurisce nel settore degli alimenti; bidoncini di latta trasportano petrolio, benzina, olio lubrificante, vernici, detersivi, diserbanti; la banda stagnata è usata per le bombole spray per cosmetici e vernici.

Il suo successo è dovuto al basso costo, ai tempi brevi della sua fabbricazione e riempimento, alla robustezza unita alla leggerezza, al fatto che è impermeabile all’aria e non lascia passare la luce che può alterare il contenuto di vitamine e può provocare ossidazione e rancidità, è facile da stivare, trasportare e immagazzinare, può conservare inalterati i frutti di un raccolto fino al raccolto successivo, e oltre.

I fenomeni di rigonfiamento delle lattine, che una volta si verificavano, sono ormai molto rari e dipendono dal difetto di conservazione degli alimenti contenuti. Indagini statistiche mostrano che in oltre il 99,5% dei casi il rilascio di stagno negli alimenti non ha superato la soglia di sicurezza indicata in 200 milligrammi per chilo di contenuto e i 100 mg/kg nel caso delle bevande. Il corpo umano può comunque tollerare l’ingestione di molte centinaia di milligrammi di stagno.

È stato ed è oggetto di discussione la contaminazione del cibo da parte del bisfenolo A, un additivo delle resine epossidiche usate in alcuni paesi come rivestimento interno delle lattine per evitare il contatto del cibo col metallo ed oggi vietato.

L’industria degli imballaggi di banda stagnata ha un ruolo importante anche nell’economia mondiale.

Dei circa 1.600 milioni di tonnellate di acciaio prodotte annualmente (2016) nel mondo, circa 15 milioni di tonnellate all’anno sono trasformate in banda stagnata, il sottilissimo laminato di acciaio, con caratteristiche di composizione ben definite, che viene ricoperto con stagno attraverso un processo elettrolitico.

Delle 300-350 mila tonnellate di stagno prodotte nel mondo, circa il 20 per cento, 60 mila tonnellate all’anno, sono usate nella produzione di banda stagnata, che contiene circa l’1 per cento di stagno.

Il consumo di banda stagnata per usi alimentari nel mondo si valuta di circa 15 milioni di tonnellate all’anno; la produzione di scatole di conserva di acciaio viene stimata di 80 miliardi di barattoli all’anno nel mondo.

Decine di acciaierie nel mondo producono banda stagnata e centinaia di stabilimenti la trasformano nello scatolame usato nelle migliaia di stabilimenti dell’industria conserviera che nel mondo inscatolano pomodoro e derivati, legumi, frutta sciroppata, tonno e sardine, olio alimentare e altri prodotti.

In Italia la richiesta di banda stagnata è di oltre 700 mila tonnellate all’anno, ma se ne produce meno del 10 per cento. Il resto è importato sia dalle acciaierie italiane sia da quelle cinesi.

Alla banda stagnata fanno concorrenza, nel settore degli imballaggi per alimenti, il vetro, l’alluminio, le materie plastiche, il cartone accoppiato con fogli metallici o plastificato.

Ciascuno ha i suoi vantaggi e svantaggi e il suo settore di applicazione. Il vetro è più pesante, esente da pericoli di corrosione, trasparente e questo è un vantaggio quando si vuole che l’acquirente veda il suo contenuto, ma uno svantaggio se il contenuto, come l’olio, è esposto ad ossidazione catalizzata dalla luce, nel qual caso deve essere conservato in bottiglie di vetro opaco. Anche i contenitori di vetro sono facilmente riciclabili.

L’alluminio si presta bene per contenere bevande gassate o birra e le sue scatole sono facilmente riciclabili.

Le bottiglie di plastica, per lo più polietilentereftalato, sono largamente usate per le acque «minerali»; è controverso il rilascio di plastificanti all’acqua e le bottiglie sono riciclabili soltanto se sono raccolte tutte insieme, separate da altri oggetti di plastica.

Il successo dei contenitori in banda stagnata è stato assicurato anche dalla possibilità, e relativa facilità, del loro riciclo. Si stima che nel mondo circa 11 milioni di tonnellate di scatolame di banda stagnata siano avviati ogni anno al riciclo.

Gli imballaggi di acciaio immessi in commercio in Italia, per usi alimentari (la maggior parte) e non alimentari, risulta dell’ordine di 400-500 mila tonnellate all’anno.

Attraverso i vari sistemi di raccolta, ogni anno sono recuperate circa 300-350 mila tonnellate di imballaggi di acciaio usati. Gli imballaggi di acciaio, materiale magnetico, possono essere facilmente separati da altri rifiuti e da altri materiali mediante elettrocalamite.

La trasformazione in acciaio riutilizzabile ha luogo attraverso varie operazioni. Gli imballaggi vengono frantumati, sottoposti ad un lavaggio per eliminare materiali ancora presenti all’interno, selezione per eliminare le parti estranee.

A questo punto il materiale viene sottoposto a destagnatura con processi elettrolitici.

Il rottame di acciaio viene poi avviato alle fonderie con forni elettrici e va ad aggiungersi ai circa 17 milioni di tonnellate di rottami assorbiti dall’industria siderurgica italiana.

Con la produzione di acciaio dal rottane si consuma meno energia e si immettono nell’ambiente meno gas serra (specialmente anidride carbonica) rispetto alla produzione col ciclo integrale: minerale-carbone-calcare.

Il successo del riciclo degli imballaggi di banda stagnata dipende dalle caratteristiche del rottame che non deve contenere metalli estranei non graditi alle acciaierie.