Libano, il Paese con più rifugiati procapite al mondo vuole migliorare la gestione dei rifiuti

Alcune realtà italiane tra cui Cospe, insieme a partner locali, hanno dato avvio ad un progetto sul territorio al confine con la Siria

In Libano la situazione appare precaria: attualmente il Paese sta vivendo un momento complicato, sia dal punto di vista dell’instabilità politica che per quanto riguarda la situazione economico-finanziaria nazionale. In questo contesto, una delle problematiche più rilevanti riguarda la gestione dei rifiuti solidi urbani, la cui produzione annua ha toccato i 2 milioni di tonnellate (dati 2013) e che si stima aumenti a un tasso annuo pari all’1,7%.

La gestione dei rifiuti è una tematica delicata nel Paese dei cedri: non esiste una politica nazionale ben delineata che possa dar avvio ad un sistema di smaltimento efficace e sostenibile, e soprattutto la legislazione a riguardo – fino al 2010 del tutto assente – risulta ancora oggi contraddittoria, e in particolare manca chiarezza sulle responsabilità e i compiti affidati alle autorità pubbliche. La politica di gestione dei rifiuti risulta dunque caotica e disorganica.

Dopo le manifestazioni di piazza che nel 2015 hanno visto la popolazione di Beirut protestare contro l’accumularsi dei rifiuti in strada a seguito della chiusura della discarica di Naameh – individuata quale sito “temporaneo” 18 anni prima per conferirvi i rifiuti di Beirut e dell’area del Monte Libano –  ancora risultano enormi le differenze nei servizi offerti alle varie aree del Paese, e non è ancora chiaro quali siano le responsabilità e i compiti delle amministrazioni locali, che comunque mancano sia di risorse che di personale tecnico adeguato per gestire il sistema di raccolta e smaltimento rifiuti.

La situazione finanziaria libanese non aiuta gli investimenti in questo ambito e la mancanza di una tassa per lo smaltimento dei rifiuti rende ancora più complicata un’evoluzione della situazione. In questo contesto alcune realtà italiane, tra cui Coopi e Cospe insieme a partner locali, hanno dato avvio ad un progetto sul territorio, in particolare nell’area dell’Unione dei comuni di Akkar nel nord del Paese, al confine con la Siria.

In questa zona sono particolarmente numerosi i rifugiati siriani, che in tutto il Libano toccano quota 1,5 milioni, oltre a circa 250.000 palestinesi diffusi per il Paese, che conta un totale di 4,4 milioni di abitanti. La situazione precaria che vivono in questo territorio si ripercuote inevitabilmente sulla produzione di rifiuti, ed è proprio qui che la gestione degli scarti risulta più difficile e necessita di un importante coinvolgimento dei cittadini.

Il progetto “SwaM Akkar- Supporting Sustainable Solid Waste Managment in Jurd al-Kaytee”, è stato avviato ufficialmente gli scorsi 12 e 13 di settembre a Hrar (nella foto, ndr). Co-finanziata dall’Unione europea nel quadro del programma Pro-Mare, questa iniziativa vuole sostenere le autorità locali nello sviluppo di un sistema di smaltimento integrato dei rifiuti. Le attività saranno realizzate da un ampio consorzio di realtà italiane e libanesi tra cui Cospe, Coopi, Mada, Unione delle Municipalità di Jurd Al Kaytee, American University of Beirut, Erica e Studioazue.

Nel progetto è prevista anche una campagna di sensibilizzazione che vada ad agire sulla (scarsa) coscienza ambientale dei cittadini. La campagna “Don’t waste your Waste” sarà ideata a partire dall’analisi del contesto e dei dati raccolti in modo partecipato per delineare un master plan per lo smaltimento sostenibile dei rifiuti e coinvolgerà famiglie, donne, associazioni locali, attività economiche e tanti ragazzi e ragazze delle scuole dell’Akkar.

L’ideazione del piano, cui parteciperanno attori dell’associazionismo locale, rappresentanti della popolazione e delle autorità religiose e locali, sarà il punto di partenza per la costruzione del piano operativo per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, la successiva costruzione degli impianti di smistamento, l’avvio di un sistema di raccolta e conferimento in discariche controllate e la formazione di personale locale impiegato dall’Unione delle municipalità.  In generale, il progetto vuole poter dare avvio ad un meccanismo che parta sia dall’alto con le autorità pubbliche che dal basso con le comunità locali, che riesca a stravolgere la situazione e a dare origine ad un cambiamento radicale.