Pagamento per i servizi ecosistemici, Cospe dà il via a un progetto in Angola

La XXI Conferenza delle parti della convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (Cop21), conclusasi a Parigi il 12 dicembre scorso, ha lasciato un misto di speranze e perplessità tra quanti hanno a cuore il futuro del pianeta. Comunque si giudichi l’esito della Cop21, sperare che il solo contributo delle politiche internazionali sia sufficiente a rallentare l’aumento delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera e della temperatura globale è un’illusione. L’impegno della società civile nell’uso responsabile delle risorse naturali sarà altrettanto importante dei trattati internazionali.

Il fatto che il mercato volontario dei crediti di carbonio in ambito forestale continui a crescere, come riporta il report State of the carbon finance 2015 edito da Ecosystem marketplace dimostra che le prospettive per un approccio dal basso sono promettenti. Imprese, organizzazioni e cittadini che scelgono di ridurre la propria impronta ecologica hanno la possibilità di compensare parte delle proprie emissioni di gas ad effetto serra. Anche il mercato volontario dei crediti di carbonio, come quello istituzionale, non è privo di rischi e contraddizioni. Per esempio le comunità locali, soprattutto nei paesi tropicali, possono rimanere escluse dai benefici economici derivanti dalla vendita dei crediti, oppure specie esotiche a rapido accrescimento possono venire utilizzate al posto di quelle autoctone con gravi danni per la biodiversità.

Per questo motivo il sistema del Pagamento per i servizi ecosistemici (Pes), di cui il mercato dei crediti di carbonio fa parte, viene fortemente criticato da più parti. L’approccio Pes non è demonizzare né da osannare, è semplicemente uno strumento. Può creare nuove opportunità per rendere meno inique le dinamiche di uso delle risorse naturali, a patto che si trovi il modo di mitigarne i rischi. Cospe, dopo un’attenta valutazione, ha scelto di sperimentare un sistema di Pagamento per i servizi ecosistemici che garantisca il rispetto degli interessi delle comunità locali, la conservazione della biodiversità e la massima coerenza e trasparenza nella mitigazione delle emissioni di gas serra. In primo luogo, gli interventi di sequestro di carbonio si basano su un lungo percorso partecipativo con le comunità locali e sono certificati da un’entità di parte terza che verifica la correttezza e la coerenza dell’intervento.

Un progetto di riforestazione e agroselvicoltura in Angola verrà a breve presentato alla fondazione “Plan Vivo” per essere certificato. Lo standard Plan Vivo prevede il rispetto di rigorosi criteri di tipo ambientale ed etico. Inoltre i crediti generati non verranno collocati sul “mercato” dei crediti. Sarebbe troppo semplice, per aziende di dubbio profilo, tingere di verde le proprie attività. Cospe si propone di avviare una vera e propria partnership con una o più imprese europee che dovranno soddisfare i parametri di una griglia etica appositamente creata. Quindi non ci sarà spazio per aziende che promuovono attività legate alla produzione di armi, allo sfruttamento insostenibile delle risorse naturali o ad altre attività incompatibili da un punto di vista etico e ambientale. Inoltre, i soggetti con cui Cospe promuoverà queste alleanze dovranno seguire un percorso di misurazione e riduzione delle proprie emissioni, di cui la compensazione tramite l’acquisto dei crediti sarà solo l’ultimo passaggio. Ovviamente l’approccio non sarebbe coerente se il Cospe non fosse il primo a misurare e ridurre le proprie emissioni: il 2016 sarà infatti l’anno di calcolo della carbon footprint di Cospe, e di redazione di un piano di riduzione delle emissioni.

di Massimiliano Sanfilippo, Cosp