Senza il contributo dei giovani l’Onda verde nella politica italiana rimarrà un’utopia

Le elezioni europee hanno segnato l’ingresso dell’ambientalismo come istanza politica di primaria importanza in molti Stati membri, ma non in Italia. Rosina: «È necessario offrire ai giovani spazio politico in cui sviluppare un ripensamento più generale del modello sociale e di crescita»

I risultati delle elezioni europee mostrano come l’avanzata dei partiti populisti e sovranisti sia stata meno forte del previsto nel Vecchio continente – eccezioni a parte come l’Italia –, mentre in molti Paesi sono stati i Verdi a conquistare la ribalta della cronaca. Con oltre due milioni di voti raccolti nei vari Stati membri le formazioni politiche che fanno dell’ambientalismo il loro punto cardine hanno infranto un record dopo l’altro, fino a diventare il quarto gruppo all’Europarlamento con 69 deputati: in Germania e Finlandia rappresentano oggi la seconda forza politica di riferimento, in Francia, Danimarca e Lussemburgo la terza, e in molti altri Paesi hanno raggiunto il numero di voti più alto della loro storia. Una vera e propria Onda verde che in Italia non è però riuscita a trovare (con il 2,29% dei voti complessivi) altrettanto slancio, anche a causa del ruolo subalterno in cui da anni sono confinati i nostri giovani, nella vita politica come quella economica e sociale. Ne abbiamo parlato con Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica di Milano, coordinatore del Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo e storica firma del nostro think tank redazionale, Ecoquadro.

Le elezioni europee hanno segnato l’ingresso dell’ambientalismo come istanza politica di primaria importanza in molti Stati membri: che ruolo hanno avuto i giovani nel raggiungimento di questo risultato?

«Ovunque in Europa l’onda verde è stata mossa dal basso dall’energia delle nuove generazioni ed ha trovato strumenti capaci di amplificare tale energia e aiutarla a produrre un impatto politico. Questo è mancato in Italia, a conferma di una più generale incapacità del sistema paese di mettere a miglior frutto le potenzialità delle nuove generazioni facendo leva sulle loro sensibilità e aspirazioni».

Quali crede che siano stati i principali fattori frenanti?

«In Italia abbiamo una “forza giovani” più debole nel dar slancio al paese oltre i confini del presente, sia perché il loro peso demografico, quindi anche elettorale, si è ridotto, sia perché più schiacciati sulle preoccupazioni dell’oggi che incoraggiati a guardare con occhi nuovi il futuro e farsi parte attiva per soluzioni nuove».

Al di là del risultato elettorale, ritiene che l’attenzione dei giovani italiani verso le tematiche dello sviluppo sostenibile sia invece sempre vivo?

«Come i dati del “Rapporto giovani” dell’Istituto Toniolo hanno messo in evidenza, la domanda di impegno civile e verso i temi ambientali è molto forte nelle nuove generazioni italiane. In Italia, il valore assegnato al promuovere il bene della propria comunità raggiunge l’83% tra i 18 e i 32 anni, contro l’81% in Spagna e meno del 70% in Gran Bretagna, Francia e Germania. Due intervistati su tre si dicono indignati per quanto poco si fa per lo sviluppo sostenibile, ma oltre l’80% non ha mai avuto contatti con associazioni impegnate su questo fronte. Quello che è certo è che non funzionano più le modalità tradizionali di partecipazione e ingaggio. Serve una combinazione nuova di domanda e offerta politica, che le riavvicini e fornisca uno spettro all’interno del quale ciascuno possa trovare la propria migliore collocazione».

In che modo?

«Il tema ambientale è quello che ha maggiori potenzialità di catturare l’attenzione dei giovani e fare intravedere la possibilità di un proprio impegno attivo, che faccia la differenza nel migliorare il futuro collettivo. Affascina e stimola i coetanei di Greta Thunberg, ma via via che si cresce ci si confronta con le incertezze del lavoro e gli squilibri sociali, che diventano pressanti soprattutto per chi ha risorse socioculturali di partenza meno solide. È necessario quindi far leva su tale sensibilità spiccata ma aiutarla a trasformarsi in protagonismo consapevole e offrire spazio politico in cui sviluppare un ripensamento più in generale del modello sociale e di crescita. E questo significa integrare con l’ambiente soprattutto le sfide del cambiamento dei modi di produzione e consumo, dell’innovazione e inclusione sociale, dell’accesso equo e responsabile alle risorse naturali e culturali. Aiutare i giovani a diventare soggetti attivi nella costruzione del futuro è il miglior regalo che possiamo fare al presente».