[21/09/2009] News

Pil del benessere e Tobin tax: ora a proporli sono governi ed economisti!

GROSSETO. La Tobin tax pare ufficialmente sdoganata dall'appellativo di tassa sulla globalizzazione, grazie al dibattito avviato dalla proposta del direttore dell'autorità per i servizi finanziari del Regno Unito, Adair Turner, che ne ha individuato un ottimo freno da porre all'ipertrofia del settore finanziario.

Dall'applicazione di questa tassa sulle transizioni finanziarie, ne colgono infatti positive (ancorché non salvifiche) conseguenze economisti e capi di Stato; tanto che l'ha riproposta la cancelliera tedesca Angela Merkel, sostenuta da molti suoi colleghi (Francia in primis) e anche dalla Commissione europea, seppur con svariati e specifici distinguo. E ora accoglie favori anche da parte dei media. «Rispescare quella proposta ha un alto valore politico, anche se non risolve certo tutti i problemi aperti dalla crisi» scrive nel suo editoriale oggi il direttore di Affari& finanza, Massimo Giannini, che non nasconde però il fatto che anche questa volta il dibattito rischia di essere destinato all' archiviazione.

Al pari della necessità di rivedere la modalità con cui contabilizzare il livello di benessere di un paese. In questo caso il "la" è partito dal rapporto presentato dalla commissione Stiglitz, voluta dal premier francese Nicholas Sarkozy  e così chiamata perché è il Nobel per l'economia a guidare una pletora di economisti di suo pari, che individua le criticità che stanno alla base del Pil e delinea i criteri che dovrebbero essere adottati  per superarli.

Un rapporto che se anche non dovesse raggiungere il pieno obiettivo (ma speriamo di no) per cui è stato scritto e per cui la commissione è stata nominata, avrà sicuramente il merito di aver posto la questione fuori dagli ambiti ristretti in cui era stata relegata e di assurgere a tema di dibattito politico- economico e adesso anche mediatico.

L'idea che forse è giunta l'ora di mandare il Pil in soffitta sembra infatti colta non solo dalla Commissione europea che cercherà già dal prossimo anno di sperimentare un nuovo modo di misurare il benessere, ma con un certo interesse anche dal principale quotidiano economico del nostro paese dove Orazio Carabini scrive oggi in un suo editoriale che «il feticismo del Pil ha fatto il suo tempo» e dove si opera anche il tentativo di provare a vedere che cosa produrrebbe nella valutazione delle province italiane l'applicazione di indicatori più complessi del prodotto interno lordo. 

Tentativi non nuovi di cui greenreport ha dato conto più volte e che hanno visto tra i protagonisti organizzazioni internazionali quali l'Onu sino a quelle non governative, passando da istituzioni che spaziano da un capo all'altro del pianeta.

«La strada è lunga- avverte Carabini - perché mettere a punto una serie di indicatori del benessere che possano essere accettati a livello internazionale e nei singoli paesi dalle parti politiche e sociali richiede un lavoro di lunga lena».

Certo la strada è lunga e piena di ostacoli, ma alcuni passi sono già stati fatti e alcuni percorsi sono stati indicati - e non più dagli ambientalisti che finalmente invece vedono riconosciute battaglie storiche - , si tratta di mettere assieme le esperienze le competenze e analizzare in maniera scientifica quali possano e debbano essere gli indicatori da utilizzare e come pesarli. Resta da capire se è davvero superato il vero grande ostacolo che potrebbe mettere, ancora una volta, il sasso sulla rotaia, ovvero se davvero è diffusa l'opinione che il Pil è davvero un feticcio da mandare in soffitta. Vorrebbe dire che qualche passo verso un cambio di rotta dell'attuale modello di sviluppo e quindi della sua valutazione è un fatto in essere e quindi in divenire, non solo un mero auspicio.

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