[21/09/2009] News

La nuova ecologia politica - di Jean Paul Fitoussi, Eloi Laurent

«Questo saggio è un tentativo di triangolazione intellettuale, che ha l'ambizione di immaginare un nuovo percorso attraverso gli scogli simmetrici nei quali pare congelarsi il paesaggio ideologico sulla questione dell'ecologia: da un lato certi "progressisti " sembrano sempre più sensibili alle sirene della decrescita e della rinuncia al progresso; dall'altro, alcuni conservatori soccombono troppo facilmente all'idea che basti coniugare mercato e innovazione tecnica per superare ogni difficoltà. I primi riconducono il problema ecologico a quello economico; i secondi a quello tecnologico».
Ma entrambi gli atteggiamenti hanno in comune la caratteristica di prestarsi a semplici antagonismi e la tendenza a non considerare le esigenze democratiche, perché il primo tende a congelare le ineguaglianze e il secondo perché tende a ridurre ogni forma di scelta politica al minimo.

I due autori di questo saggio, entrambi economisti di chiara fama, partono dalla crisi attuale ed entrano nel dibattito che ha caratterizzato questo periodo per trovarne ragioni e vie d'uscita, provando a utilizzare un metro diverso, che tiene in conto i tre corni del problema: la crisi economica, quella ecologica e quella sociale.

Il nuovo percorso che delineano in questo saggio è una nuova ecologia politica in cui si tenta di «concepire l'economia, la politica e l'ecologia come sistemi che non solo si aprono gli uni agli altri, ma si determinano reciprocamente».
Il risultato cui approdano è che l'eguaglianza ecologica è la chiave dello sviluppo sostenibile, ovvero che sia possibile proseguire lungo il cammino delle sviluppo umano senza dover sacrificare gli ecosistemi terrestri. Ma questo sarà possibile solo innalzando il livello di esigenza di democrazia, senza la quale non potrà essere assicurato a ciascuno il diritto alla sussistenza.
Pertanto la conclusione è che l'unica decrescita davvero auspicabile è quella delle diseguaglianze.

Ma andiamo per ordine per capire meglio quale sia l'analisi da cui partono i due autori per arrivare a queste conclusioni. Il tutto fatto magistralmente in sole 120 pagine in cui si ripercorre il rapporto tra economia e natura e si analizzano i paradigmi economici classici,che vengono ricondotti a un economia a regolamentazione interna e a regolamentazione esterna.

Nella prefazione all'edizione italiana la prima domanda che viene posta è se la crisi ecologica di cui il saggio si occupa per provare ad individuarne le soluzioni può essere considerata in maniera distinta o assimilabile alla crisi economica e finanziaria in atto e se esistono cause comuni.
La risposta è affermativa in entrambi i casi, essendo derivate entrambe da un approccio che fa perno sulla capacità di autoregolazione da parte dei mercati e che viene definito il «fallimento di un'illusione».

Il primo punto in comune delle due crisi è il fatto che entrambe portano alla conseguenza di un necessario e urgente intervento del potere pubblico, per evitare disastri. Quindi il primo assioma per costruire una alternativa è quello di muoversi nell'ambito della regolazione esterna dell'economia da parte di un sistema pubblico.

Altro punto in comune è il sistema perverso su cui si basano entrambe le crisi che è quello di preferire il presente al futuro. L'esempio che viene utilizzato per spiegare questo concetto è l'accostamento dei rendimenti richiesti negli ultimi anni dai prodotti finanziari (eccessivi se non addirittura chimerici) all'eccessivo uso delle risorse. In entrambi i casi la prospettiva è ancorata al presente senza chiedersi di cosa accadrà in futuro.

Il secondo assioma è dunque la necessità di ripristinare l'equilibrio tra breve e lungo termine, una sorta di "rivincita del futuro sul presente" che porta a una lettura in chiave etica della finanza e che è utilizzata - e si cita a tale proposito il rapporto Stern- per individuare il tasso di sconto da applicare per valorizzare il futuro. Nell'ipotesi di voler applicare cioè una sorta di tasso d'interesse- tratto dalla logica finanziaria - agli ecosistemi, più basso questo sarà maggiore sarà l'importanza, o meglio, più valore verrà dato al futuro, perché in questo modo si terrà conto di cosa accadrà nel lungo termine. Questo è infatti l'approccio utilizzato da Stern nel suo rapporto, in cui si attribuisce un alto valore al futuro, che i due autori ritengono «quella che resta fino ad oggi la migliore analisi economica del problema del cambiamento climatico, che nei propri scenari di simulazione (riferendosi a Stern) si è rifiutato di deprezzare l'avvenire».

Altro punto in comune tra crisi finanziaria e crisi ecologica sta nella crisi dell'intelligenza collettiva: la magia ingannevole dei matematici ha stregato il settore finanziario, tanto che i processi ideati sono sfuggiti di mano agli stessi ideatori, allo stesso modo in cui il progresso della tecnologia e dei saperi ha illuso sulla capacità di riparare ai danni che l'uomo produce, permettendogli quindi di perseverare nei suoi disegni. Invece «cambiamo il pianeta più rapidamente di quanto non lo comprendiamo» come scrive Peter Vitousek, un biologo di Stanford citato nel testo.

Per intraprendere la strada verso una nuova ecologia politica è però necessario ripartire dalle origini, da come cioè è nato il rapporto dialettico tra l'uomo- e quindi il suo sviluppo tecnologico ed economico - e la natura, il capitale su cui questo sviluppo si è centrato e ha potuto reggersi.
Il saggio analizza quindi le tre tipologie di economie su cui questo rapporto si è fondato e si è andato delineando: l'economia finita ovvero un sistema chiuso su stesso che si lega ad una concezione anch'essa chiusa della natura e che è destinata a portare- per la legge dell'entropia-
alla scarsità e poi all'esaurimento delle risorse. In questo tipi di sistema in cui governa l'entropia vi possono essere solo due soluzioni per sfuggire al declino: o lo stato stazionario o la decrescita.
L'altra tipologia di economia è quella dinamica in cui all'erosione delle risorse esauribili o alla denaturazione altrettanto irreversibile di alcuni fondi ambientali corrisponde l'accumulazione dei saperi e dei progressi tecnologici. Ma non è detto che vi sia sincronia tra i due elementi e se anche andassero di pari passo (cosa improbabile) non risolverebbero comunque la questione delle diseguaglianze e quindi della giustizia sociale.
La tipologia di economia auspicabile è dunque quella aperta che deriva dal paradigma della regolazione esterna, perché «l'autonomia dell'economia è una chimera ed è sempre stata tale» e in relazione alla questione ecologica il processo economico diventa partecipe in uno scambio reciproco: «l'economia può essere messa in campo per servire l'ecologia, ma la questione ecologica è essa stesa al centro del mondo economico. Ed entrambe non sono che sottoinsiemi della questione della giustizia sociale, cioè della questione democratica».

Il senso di questo saggio è quindi quello di arrivare a determinare un nuovo paradigma - partendo da un analisi approfondita delle teorie economiche lette in relazione al rapporto con il capitale naturale e quello umano- per uscire dal nodo della crisi economica ed ecologica, e che dovrà fondarsi su un 'idea di economia aperta, ovvero consapevole del suo contesto ambientale, sociale e politico.
Ne emerge una nuova ecologia politica che gli stessi autori segnalano aver bisogno, per cominciare, «di un grande sforzo di revisione intellettuale».

 

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