[24/09/2009] News

Fao: nel 2050 saremo 9,1 miliardi, un terzo di esseri umani da sfamare in pił

ROMA.  Se nel 2050 si vorrà sfamare i 2,3 miliardi di esseri umani in più che abiteranno il pianeta, ci vorrà il 70% di cibo in più di quello che produciamo oggi. A dirlo è la Fao, che avverte anche che la crescita della produttività agricola andrà accompagnata dalla lotta ai «problemi della povertà e della fame, usando in maniera più efficiente le scarse risorse naturali e adattandosi al cambiamento climatico».

Il rapporto della Fao che spiega quali saranno le gigantesche sfide che il genere umano si troverà ad affrontare nei prossimi decenni e stato pubblicato in preparazione del Forum di esperti di alto livello "Come Nutrire il Mondo nel 2050", che si terrà a Roma il 12 e 13 ottobre 2009, ed al quale è annunciata la partecipazione di 300 tra i maggiori esperti del settore, di Ong e di imprese provenienti sia dai Paesi in via di sviluppo che da quelli sviluppati. «Il Forum - spiega la Fao - preparerà il terreno per il vertice mondiale sulla sicurezza alimentare, che si terrà a Roma dal 16 al 18 novembre 2009».

Nonostante la sfida da far tremare i polsi di un pianeta sovrappopolato, affamato ed a corto di risorse, il vice-direttore generale della Fao, l'egiziano Hafez Ghanem, dice che «La Fao è cautamente ottimista riguardo le possibilità del mondo di produrre cibo a sufficienza per nutrire la popolazione mondiale nel 2050. Riuscire a sfamare tutti per quella data non sarà così automatico e bisognerà affrontare numerose sfide. C'è la necessità di un'adeguata struttura socio-economica al fine di affrontare gli squilibri e le disuguaglianze esistenti, di assicurare che ogni essere umano nel mondo abbia accesso al cibo di cui ha bisogno e che la produzione alimentare sia realizzata in modo da ridurre la povertà, tenendo al tempo stesso conto dei limiti imposti dalle risorse naturali. Le stime a livello globale mostrano che oltre agli investimenti previsti saranno necessari cospicui investimenti ulteriori per garantire l'accesso al cibo, altrimenti circa 370 milioni di persone, quasi il 5% della popolazione dei paesi in via di sviluppo, potrebbero ancora soffrire la fame nel 2050».

Secondo i dati resi noti dall'Onu, nel 2050 la popolazione mondiale salirà dagli attuali 6,8 miliardi a 9,1 miliardi, un terzo in più di bocche da sfamare con esigenze probabilmente accresciute. Una crescita che riguarderà essenzialmente i Paesi in via di sviluppo.

A crescere di più dovrebbe essere l'Africa sub sahariana che dovrebbe raggiungere i 910 milioni di persone (più 108%), mentre in Asia orientale e sud-orientale rallenterà la sua crescita "solo" a 228 milioni di persone in più (una crescita dell'11%).

Gran parte di questi esseri umani andrà ad affollare luoghi già in crisi: «Nel 2050, circa il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città e nelle aree urbane, rispetto all'attuale 49%», spiega la Fao. Probabilmente il costo del cibo continuerà ad aumentare, sia come conseguenza dell'aumento della  popolazione che dell'innalzamento dei redditi.

Secondo il rapporto «La domanda di cereali (per l'alimentazione umana e del bestiame) è prevista raggiungere circa 3 miliardi di tonnellate nel 2050. La produzione cerealicola annuale dovrà aumentare di almeno un miliardo di tonnellate  (a partire dagli attuali 2,1 miliardi), mentre la produzione di carne dovrà aumentare di oltre 200 milioni di tonnellate per raggiungere nel 2050 un totale di 470 milioni di tonnellate, di cui il 72% verrà consumato nei paesi in via di sviluppo (dove oggi se ne consuma il 58%)».

C'è poi la novità introdotta dalla carenza di energia fossile prossima ventura: «La produzione di bio-combustibili potrebbe anch'essa contribuire all'aumento della domanda di beni alimentari, a seconda dell'andamento dei prezzi dell'energia e delle politiche adottate dai governi».

Fortunatamente l'aumento di produttività agricola dei terreni esistenti dovrebbe fornire il  90% del nuovo fabbisogno, ma comunque si prevede che per sostenere l'impatto della popolazione nei Paesi in via di sviluppo (soprattutto Africa e America Latina) occorrerà trasformare in terre agricole 120 milioni di ettari, solo in parte compensati dai 50 milioni di ettari di terre coltivabili che torneranno allo stato naturale nei Paesi più ricchi. A meno che le terre marginali non vengano utilizzate per soddisfare la domanda di bio-carburanti, allora la naturalità e la biodiversità di gran parte del pianeta subirebbe davvero un grosso colpo e, come in un brutto film di fantascienza, la natura rimarrebbe asserragliata in quel che resterebbe dei parchi naturali.

Secondo la Fao «A livello globale, ci sono ancora terre sufficienti a nutrire la popolazione mondiale futura», ma avverte che «gran parte di tali terre potenzialmente coltivabili è adatta solo a certi tipi di colture, che possono non essere quelle di cui c'è maggior domanda, ed è concentrata in un ristretto numero di paesi. Inoltre, molte delle terre non ancora sfruttate spesso presentano problemi legati alla presenza di sostanze chimiche dannose, alla predisposizione ad epidemie o alla mancanza di infrastrutture, che non sono facilmente risolvibili. Saranno quindi necessari notevoli investimenti per poterle rendere effettivamente produttive. Parte delle terre potenzialmente sfruttabili sono poi coperte dal manto forestale, o sono soggette all'espansione degli insediamenti urbani. Un gran numero di Paesi, in particolare in Medio Oriente/Nord Africa e in Asia meridionale, hanno già raggiunto o stanno per raggiungere il limite delle terre disponibili». 

L'altro grande problema è il consumo di acqua per l'irrigazione dei campi che nonostante la ridotta domanda e ad una maggior efficienza negli utilizzi, entro il 2050 aumenterà comunque dell'11%.

«A livello globale -sottolinea il rapporto - le risorse idriche sono sufficienti ma distribuite in maniera diseguale, tanto che la scarsità d'acqua raggiungerà livelli preoccupanti in un crescente numero di paesi, o di regioni interne ai paesi, in particolare in Medio Oriente/Nord Africa e in Asia meridionale. Utilizzare una minor quantità d'acqua riuscendo al tempo stesso a produrre più cibo sarà cruciale per affrontare i problemi legati alla scarsità delle risorse idriche. Tale scarsità potrebbe inoltre essere aggravata da alterazioni negli schemi delle precipitazioni causate dal cambiamento climatico». 

La Fao comunque è convinta del considerevole potenziale di crescita della produzione agricola per poter sfamare tutti i 9,1 miliardi del 2050: «Se vengono approntati gli appropriati incentivi socio-economici, vi sono ancora degli ampi gap produttivi ‘colmabili' (per esempio, le differenze tra la produzione agro-ecologica ottenibile e quella effettiva) che possono essere sfruttati. Il timore che la produzione agricola stia raggiungendo il suo tetto massimo non sembra essere giustificato, se non in rarissimi casi particolari».

Ma naturalmente occorrono «interventi più decisi per ottenere progressi più rapidi verso l'obiettivo della riduzione e dell'eliminazione della fame e della povertà nel mondo. Gli investimenti nell'agricoltura primaria dovrebbero diventare una priorità ed essere aumentati di circa il 60%, poiché l'agricoltura non solo produce cibo ma genera anche redditi e favorisce la sussistenza nelle aree rurali. La riduzione della povertà richiede inoltre investimenti nelle infrastrutture rurali (strade, porti, elettricità, sistemi di stoccaggio e d'irrigazione); investimenti nelle istituzioni, nella ricerca, nello sviluppo dei servizi, nei diritti di proprietà terriera, nella gestione del rischio, nei sistemi di controllo veterinario e della sicurezza alimentare; ed anche investimenti nel settore non agricolo, come per esempio la creazione di reti di sicurezza alimentare o trasferimenti monetari ai più bisognosi. Senza sviluppo ed investimenti nelle aree rurali dei paesi poveri, il bisogno e le disuguaglianze rimarranno estese, sebbene assai meno di quanto lo siano oggi».

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