[30/09/2009] News

Alluvioni, terremoti e tsunami... ci vorrebbero 100 miliardi di dollari all'anno

LIVORNO. Dopo l'alluvione nelle Filippine è arrivato il terremoto a seminare morte e distruzione nell'Asia-Pacifico, colpendo direttamente le Samoa, le Samoa Americane e Tonga e arrivando con l'onda lunga dello tsunami fino alle coste asiatiche. Non si sa bene cosa sia successo nelle isole e negli atolli vicino all'epicentro e colpiti dallo tsunami, che il mare gonfiato dal global warming stava già inghiottendo poco per volta.

Le onde mediatiche dello tsunami e dell'alluvione hanno colpito anche i Climate change talks in corso a Bangkok e già ieri gli esperti dell'Onu, di fronte al disastro umano ed ambientale di Manila invasa da un mare di fango, avevano avvertito che i Paesi dell'Asia-Pacifico e molti altri in via di sviluppo hanno bisogno di sostegno per combattere il cambiamento climatico perché si trovano ad affrontare una intensificazione di eventi meteorologici estremi e catastrofi naturali.

Ma a Bangkok i negoziati continuano ad essere dominati dal divario tra ricchi e poveri.
Anche per il capo dell'Unfccc, Yvo de Boer, un elemento chiave per ottenere un accordo a Copenhagen è quello di aumentare il sostegno ai Paesi in via di sviluppo, sia nella regione Asia-Pacifico che altrove, per intensificare gli sforzi per affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici.

«Tifoni, inondazioni e fenomeni meteorologici estremi fanno regolarmente notizia in questa parte del mondo - ha detto de Boer ha detto ai giornalisti - La devastazione nelle Filippine è stato l'esempio tragico più recente dei cambiamenti climatici che interessano la regione, come un numero di vittime che ha raggiunto 240, la stessa tempesta, Ketsana, ha anche ucciso 22 persone in Vietnam. Gli impatti sono destinati a diventare più intensi nel corso del tempo. Far fronte a situazioni di emergenza, riducendo i rischi di calamità e aumentando la resistenza climatica, è una necessità per questa regione».

Dalla Banca mondiale arriva a Bangkok uno studio commissionato dai governi di Olanda, Gran Bretagna e Svizzera che spiega che per adattarsi ai cambiamenti climatici i Paesi in via di sviluppo dovrebbero ricevere tra i 75 e i 100 miliardi di dollari all'anno fino al 2050.

Un conto molto salato che dipenderà soprattutto dalla crescente necessità di difendersi da precipitazioni più intense e dalla risalita del livello del mare, con costi superiori per infrastrutture, strade, difese dalle inondazioni. Secondo il rapporto, presentato ieri all'Aja, il settore economico più colpito sarà l'agricoltura ma fortunatamente è anche quello che si potrebbe adattare più facilmente al global warming.

Tra i Paesi in via di sviluppo è crescita l'impazienza per i troppi negoziati e summit e gli scarsi risultati ed i più poveri sono sempre più infastiditi dal rifiuto dei paesi industrializzati 'di impegnarsi per una profondità sufficiente tagli delle emissioni o fornire miliardi di dollari per aiutarle ad adattarsi ai cambiamenti climatici.

Lo sa bene de Boer che ha detto all'Associated Press: «Sta crescendo la frustrazione tra i Paesi in via di sviluppo. I Paesi in via di sviluppo stanno compiendo sforzi significativi per dimostrare ciò che stanno facendo per affrontare i cambiamenti climatici ed indicare ciò che sono disposti a fare di più. Abbiamo avuto una discussione, che si è trascinata per due anni, sugli ulteriori impegni che i paesi industrializzati devono assumersi nel quadro del protocollo di Kyoto. Questo dibattito deve essere portato a conclusione».

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