[06/10/2009] News

Stragi d’Italia di Enrico Falqui

FIRENZE. "Per mettere in sicurezza le aree più dissestate del nostro Paese, servono 25 miliardi di euro, poiché le aree ad elevato rischio di frana in Italia sono circa 10.000": queste le affermazioni del capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, mentre i volontari stanno estraendo ancora i corpi degli abitanti delle frazioni di Messina, sommersi dalla valanga di fango che ha distrutto le loro abitazioni e trascinato i corpi fino in mare.

Messina come l'Aquila è un territorio che convive da secoli con i rischi connessi alla natura dei suoli e delle viscere profonde del suo sottosuolo. Se scorriamo la lista storica del rischio sismico (elaborata dal Servizio Geologico nazionale, accessibile a qualsiasi cittadino) ci accorgiamo che fin dal MedioEvo( 31 agosto 853, il primo) questo territorio è stato sconvolto dall'azione del terremoto. Così come l'Aquila, già nel 1349 conobbe tragiche distruzioni ed oltre 1000 morti, a causa di un violento terremoto.

Dunque, la conoscenza e la percezione collettiva del rischio sismico appartiene al " codice genetico" delle popolazioni che hanno abitato nel corso dei secoli queste due città e questi due bellissimi territori.

Anche le frane rappresentano, nella memoria storica di molti territori del nostro Paese, un costante rischio per le popolazioni di molte regioni del sud. Le annotazioni su questi eventi erano svolte da notabili della città, come ad esempio un certo notaio di Avezzano,tal Battimeli che così descrive un evento di frana:

"...ricordo come ali VIII de octubro XIV indict.1540;fo assay acqua de cielo: et alle cinque in sey ore de nocte se fe un gran delluvio et fe assay danno ad più persune;sencza li altri damni che fece generalmente ad omni persone, maxime quelli che se ritrovare havere buoni stabili usque ad vallonate et pendenose et de frisco extirpari et zappati..."

Nell'immaginario collettivo di quei secoli lontani, il rischio sismico e il rischio geologico erano ampiamente conosciuti e temuti; spesso, essi hanno alimentato mitologie e leggende che si sono tramandate fino ai giorni nostri.

Tuttavia, questi rischi sconvolgenti prodotti dalla Natura , erano considerati imprevedibili e generatori di uno stato di "sottomissione responsabile" da parte dell'Uomo nei confronti delle leggi della Natura.

Nell'epoca moderna, l'Uomo possiede attraverso la Scienza e la Tecnologia una straordinaria capacità di previsione dei fenomeni che riguardano il dissesto idro-geologico e, pur non riuscendo a prevedere il "tempo"di nascita di un terremoto, una straordinaria capacità tecnologica di permettere di far " convivere in sicurezza" le popolazioni che abitano questi territori permanentemente gravati dal rischio sismico.

Nonostante ciò, le tragedie di Messina e dell'Aquila, apparentemente così diverse tra di loro, sono tenute insieme dalla cinica e consapevole indifferenza da parte di "governa" ( Stato e Enti Locali) gli strumenti della prevenzione del rischio sismico e del dissesto idro-geologico verso le popolazioni che abitano questi territori.

Nei fatti, gli uomini di governo di questo Paese, sia quelli nelle funzioni di Ministri, sia quelli nelle funzioni di Sindaci e di Governatori regionali, esprimono lo stesso grado di insipiente " sottomissione" del notabile medioevale di fronte agli eventi calamitosi, che vengono descritti, attraverso gli attuali mezzi di comunicazione, ancora come " calamità naturali".

La cifra fornita dal capo della Protezione civile per illustrare la quantità di risorse finanziarie necessarie per mettere in sicurezza dalle frane il nostro Paese è sicuramente vera e nota da decenni a chi studia e propone, attraverso le Autorità di Bacino, l'attuazione di quei Piani che la legge nazionale per la difesa del suolo vorrebbe "obbligatori e sovraordinati alle decisioni urbanistiche dei piani comunali e Provinciali.

Tuttavia, tale cifra appare largamente " in difetto " se si tiene conto che nonostante circa il 75% del territorio nazionale sia sottoposto a rischio sismico e a rischio di dissesto idro-geologico, quando vengono presentati i progetti delle Grandi Opere strutturali ed infrastrutturali da parte delle Autorità di Governo, oppure quando vengono presentati gli innumerevoli Piani insediativi( edilizia pubblica e privata, residenziale e commerciale, industriale ed artigianale), qualsiasi preoccupazione " preventiva" verso questi alti rischi potenziali, cui i cittadini sono costantemente esposti, viene totalmente dimenticata ( ivi comprese le risorse finanziarie necessarie per non aumentare il rischio idro-geologico e per far convivere gli insediamenti col rischio sismico.

In altre parole, la " cultura della manutenzione" del territorio e del suo paesaggio ( pochi sanno che è uno strumento per prevenire il dissesto idro-geologico) è considerata dalla maggior parte degli attori che progettano lo sviluppo territorio ( sia quelli pubblici che quelli privati, specie nel Sud d'Italia) un "lusso" che il nostro Paese non può permettersi.

Manca un'"etica" della programmazione e della progettazione del territorio,da parte degli attori pubblici e privati,tale che consideri i costi necessari a tale opera di manutenzione del territorio come un "investimento produttivo e attivo" verso le future generazioni che abiteranno quei territori.

Questi giovani dell'Abruzzo e della Sicilia , così come quelli che abitano in tante regioni del Nord e del sud d'Italia) stanno per ricevere in eredità dalle classi dominanti ( nella sfera economica e politica) un territorio e un sistema di città dissestati e sottoposti a rischi inaccettabili, per la cui riabilitazione ci vorranno risorse finanziarie immani, di tali proporzioni da creare un conflitto gigantesco con le risorse necessarie per far sopravvivere il sistema-Paese.

I grandi mutamenti climatici, non più "dietro l'angolo", come li definiva oltre 30anni fa, Antonio Cederna) che tutti oggi percepiscono e che causano un incremento dell'intensità delle precipitazioni e delle esondazioni in vaste aree del nostro Paese, sono dei veri e propri " catalizzatori"dei rischi idro-geologici su tutto il territorio nazionale e, dell'instabilità permanente dei suoli e della loro produttività.

Le tragedie di Messina e dell'Abruzzo sono destinati a divenire "rumor"di sottofondo, nella grancassa mediatica dei nostri tempi,( come i morti civili e militari di tutte le guerre moderne), se non sorgerà tra i giovani del nostro Paese una straordinaria volontà e capacità di sostituire la cultura di cinica paura e indifferenza verso il Futuro che guida gran parte della classe di Brontosauri che governa ormai ogni spazio utile dello Stato e delle sue Comunità Locali.

I morti dell'Abruzzo e di Messina non chiamiamoli più " vittime di calamità naturali" bensì vittime di questa cultura ancora oggi dominante, che produce stragi, distruzioni e sottomissione.

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