[09/10/2009] News

I "confini planetari" diventino priorità dell'agenda politica internazionale di G. Bologna

ROMA. Ritengo importante tornare sull'affascinante e importantissimo articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica "Nature" , nel numero del 24 settembre scorso ( "A Safe Operating Space for Humanity" Nature, vol,461; 24 September 2009; 472-475) da 28 tra i maggiori scienziati delle scienze del sistema Terra e della scienza della sostenibilità, tra i quali il premio Nobel Paul Crutzen.

Ho dedicato l'intera rubrica della scorsa settimana a questo articolo ed ai suoi approfondimenti che sono in via di pubblicazione su di un'altra autorevole rivista scientifica, "Ecology and Society", proprio perché questo lavoro analizza gli effetti del nostro sempre più pesante impatto sui sistemi naturali e tenta di individuare alcuni fondamentali punti critici, oltrepassati i quali gli effetti a cascata che ne derivano possono essere devastanti per l'umanità.

I 28 scienziati hanno indicato quelli che loro definiscono "i confini del pianeta" (Planetary Boundaries) che l'intervento umano non può superare, pena effetti veramente negativi e drammatici per tutti i sistemi sociali.

Vengono individuati nove grandi questioni planetarie e si cerca di indicarne i relativi  "confini planetari"; per tre di queste le ricerche svolte sin qui dimostrano che siamo già oltre il "confine" che non avremmo dovuto sorpassare.

Ricordo la lista delle nove problematiche: il cambiamento climatico, l'acidificazione degli oceani, la riduzione della fascia di ozono nella stratosfera, la modificazione del ciclo biogeochimico dell'azoto e del fosforo, l'utilizzo globale di acqua, i cambiamenti nell'utilizzo del suolo, la perdita di biodiversità, la diffusione di aerosol atmosferici, l'inquinamento dovuto ai prodotti chimici antropogenici.

Per tre di questi e cioè cambiamento climatico, perdita di biodiversità e ciclo dell'azoto, come dicevo, siamo già oltre il confine indicato dagli scienziati. Per il cambiamento climatico si tratta sia dell'indicazione della concentrazione dell'anidride carbonica nell'atmosfera (calcolata in parti per milione di volume -ppm -) che del cambiamento del forcing radiativo, cioè per dirla in maniera molto semplice la differenza tra quanta energia "entra" e quanta "esce" dall'atmosfera (calcolato in watt per metro quadro). Per la concentrazione di anidride carbonica nel periodo pre industriale, eravamo a 280 ppm, oggi siamo a 387 e dovremmo scendere, come obiettivo,  al confine già superato di 350 (immaginatevi la portata della sfida di questo limite che, tra l'altro, non è oggetto di discussione per la conferenza di Copenaghen, dove si parla di percentuali di riduzioni di emissioni di gas climalteranti che porterebbero a concentrazioni di CO2 nella composizione chimica dell'atmosfera ben superiori alle 350 ppm indicate .  Per quanto riguarda il forcing radiativo in era preindustriale è calcolato zero, oggi è 1.5 watt per metro quadro, il confine accettabile viene indicato dagli studiosi a 1 watt per metro quadro.

Per la perdita di biodiversità si valuta il tasso di estinzione, cioè il numero di specie estinte per milione all'anno. A livello pre industriale si ritiene che questo tasso fosse tra 0.1 e 1, oggi viene calcolato a più di 100, deve invece rientrare, come obiettivo, nel confine ritenuto accettabile di 10.

Per il ciclo dell'azoto si calcola l'ammontare di azoto rimosso dall'atmosfera per utilizzo umano (in milioni di tonnellate l'anno). A livello preindustriale si ritiene che tale ammontare fosse zero, oggi è calcolato in 121 milioni di tonnellate l'anno, mentre il confine accettabile, come obiettivo, viene indicato in 35 milioni di tonnellate annue. 

Indico, di seguito, gli altri "confini" presentati dagli studiosi che non ho riportato nella rubrica della scorsa settimana. Per il fosforo il valore della quantità di flusso negli oceani in milioni di tonnellate l'anno, viene  stimato in circa 1 milione di tonnellate nell'epoca preindustriale, mentre oggi siamo ad un valore tra gli 8.5 ed i 9.5 milioni di tonn. ed il confine proposto viene indicato in 11. Per la concentrazione di ozono nella stratosfera, il valore preindustriale viene ritenuto di 290 unità dobson  (unità in cui si misura la presenza di ozono), oggi siamo a 283 e il confine proposto viene indicato in 276; per l'acidificazione degli oceani il parametro di misura viene indicato nella media di saturazione globale nella superficie delle acque dei mari dello stato di aragonite ( si tratta di una delle forme in cui si manifesta il carbonato di calcio che costituisce quasi tutte le conchiglie dei molluschi e le loro perle e gli endoscheletri dei coralli) che viene stimato in 3,44 come valore nell'epoca pre industriale, valutato in 2.90 oggi e con la proposta di un confine di 2.75; per l'uso di acqua dolce, analizzato come consumo umano di km cubici annui, viene stimata una cifra di 415 per l'epoca pre industriale, di 2.600 di valore attuale ed un confine proposto di 4.000; per il cambio di utilizzo del suolo come percentuale della terra globale convertita in area agricole, si valuta un valore pre industriale basso, senza indicazione di una cifra, un valore attuale dell'11.7% ed un confine del 15%. Per quanto riguarda il carico di aerosol atmosferico e di inquinamento chimico i confini proposti sono ancora da determinare.

Nel successivo numero di "Nature" sono intervenuti sette rinomati esperti sulle tematiche per le quali i 28 esperti, hanno espresso delle indicazioni precise di Planetary Boundaries.

Praticamente tutti questi studiosi convergono, con commenti diversi, sull'importanza dello sforzo che i 28 scienziati hanno prodotto nell'indicare e motivare un confine planetario ai grandi problemi individuati come critici per il nostro futuro.

Si tratta di un importante convergenza sull'ampio lavoro scientifico che, da decenni, si sta facendo per chiarire l'esistenza dei chiari limiti posti alla nostra crescita dalla  dimensione biofisica del pianeta, come aveva pioneristicamente individuato il bellissimo rapporto al Club di Roma "I limiti dello sviluppo" del 1972.

Ovviamente sono presenti anche diverse note critiche, come è ovvio che sia ogniqualvolta si affronti questa tematica, relativamente all'indicazione precisa di un target limite. La domanda classica che nasce spontanea è "Perché proprio quella cifra, nulla di più e nulla di meno ?"

Come ho già più volte scritto, i 28 scienziati supportano l'individuazione dei loro target con una ricca documentazione scientifica che li giustifica (potrete approfondire meglio l'argomento scaricandovi i numerosi materiali presenti sul sito dello Sockholm Resilience Centre www.stockholmresilience.org ), ma certamente le osservazioni critiche sono di grande interesse.

Per esempio Steve Bass, dell'International Institute for Environment and Development (IIED), fa presente che il limite planetario indicato per l'utilizzo del suolo, limitato alla conversione in aree agricole, non è adeguato e deve essere  cambiato. E' invece necessario un limite per il degrado complessivo del suolo o la perdita del suolo. Dal canto suo un altro esperto, David Molden, dell'International Water Management Institute, ricorda che il dato sull'attuale utilizzo di acqua dolce è basato su pochi studi relativi all'approvvigionamento globale idrico e alla richiesta di acqua e ritiene il limite planetario indicato di 4.000 km cubici annui troppo alto.

Il dibattito può solo contribuire a migliorare le indicazioni dei Planetary Boundaries, ma questi confini planetari devono diventare oggetto prioritario dell'agenda politica internazionale.

E' fondamentale diffondere a tutti i livelli queste ricerche e queste riflessioni e spero tanto che i lettori di "greenreport" lo facciano e, soprattutto, far sì che possa finalmente avere una classe politica in grado di conoscere e prendere in seria considerazione quanto ci viene detto dalla comunità scientifica internazionale.

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