[15/10/2009] News toscana

Cinghiali: record di catture nel parco dell’Arcipelago toscano. Un esempio anche per la Toscana continentale?

LIVORNO. E' probabile che dall'isola d'Elba, il territorio che negli anni scorsi era ritenuto più problematico per la presenza di cinghiali (importati sull'isola negli anni '60 a scopo venatorio) possa venire un pezzo di soluzione per un problema diventato toscano e nazionale ed anche qualche "lezione" e sorpresa nelle quali ci si imbatte scorrendo i dati presentati dal parco nazionale dell'Arcipelago toscano.

Nel 2009 nel territorio protetto si è registrato un aumento di catture con le trappole del 30% rispetto al 2008, raggiungendo i 1050 cinghiali catturati e questo utilizzando solo 62 trappole nel parco che hanno preso molti più cinghiali dei 300 cacciatori che si dedicano all'Elba a questo tipo di caccia.

Il numero di capi catturati è molto più alto di quello ottenuto quando il parco consentiva le battute anche dentro l'area protetta, una pratica poi fatta cessare dal Tar e dal ministero perché violava la legge.

«L'incremento delle catture - spiega Giacomo Montauti, un biologo del parco - è stato probabilmente causato da condizioni meteorologiche favorevoli (contraddistinte da scarse precipitazioni), ma soprattutto da un notevole miglioramento della capacità operativa della ditta concessionaria».

Inoltre è stata sperimentata con successo per la prima volta la cattura dei mufloni (altro ungulato importato all'Elba ed esploso numericamente), sono stati prelevati 177 capi, mentre i selecontrollori devono contribuire ad ottenere una riduzione totale di 520 mufloni.

E qui accade qualcosa di strano, mentre la caccia di selezione al muflone per riportare la popolazione degli ovini selvatici entro un limite sopportabile dall'ecosistema elbano sembra funzionare, i selecontrollori sono molto meno efficienti con i cinghiali.

Dopo un corso di formazione ad hoc e due anni di sperimentazione i 46 selecontrollori iscritti all'albo del parco nazionale nel 2009 hanno abbattuto in tutto 174 cinghiali, ma se si va a vedere i numeri forniti dal parco 9 di loro non hanno preso neppure un animale ed i 15 "più bravi" hanno abbattuto 133 cinghiali (circa il 77% del totale).

E' evidente che sui selecontrollori pesano molto le pressioni delle squadre di caccia al cinghiale che non vedono di buon occhio gli abbattimenti selettivi e vogliono avere a disposizione cinghiali in abbondanza. Non è un caso se l'aumento delle catture è avvenuto nonostante un'attività continua ed organizzata di sabotaggio vandalico delle trappole del parco. 

«Le variabili che determinano l'efficacia di un selecontrollore sono essenzialmente: la disponibilità, la volontà, la capacità e la possibilità di operare in un'area con una buona densità di cinghiali - si legge nel rapporto del parco -  Questi fattori non sono di facile interpretazione anche se certamente in alcuni particolari casi è evidente, anche se non dimostrabile, il prevalere della mancanza di volontà di aumentare l'efficacia degli interventi per motivi legati all'attività venatoria».

Quello che sta succedendo all'Elba potrebbe servire da lezione per la Toscana continentale, dove il problema cinghiali è esploso in tutta la sua drammatica acutezza. I cacciatori non sono la "medicina" per guarire una malattia causata da una politica venatoria fatta di immissioni indiscriminate di animali provenienti dall'Europa centro-settentrionale, al loro intervento si deve associare un'opera di cattura che coinvolga enti pubblici, agricoltori e cittadini. Tenendo conto che, nonostante la nuova legge toscana sulla caccia che punta ad abbattere molti più cinghialio, il problema sarà sempre quello di chi vuole avere tanta "selvaggina" disponibile e facilmente cacciabile e che invece vuole difendere le attività agricole e la biodiversità dall'esplosione dei cinghiali.

Ci vorrebbe una gestione venatoria che diventi davvero gestione ambientale, ma, come dimostra l'esempio elbano, ai buoni propositi ed agli impegni non corrispondono sempre comportamenti conseguenti e virtuosi. E l'ente pubblico deve pagare il prezzo di una cattiva gestione faunistica e dell'introduzione di animali per scopi "sportivi" che si è trasformata presto in un problema ambientale e di salvaguardia dell'agricoltura. E magari poi sentirsi dire dai cacciatori che se ci sono tanti cinghiali è colpa del parco che ne cattura molti più di quanti loro ne abbattano con la libera caccia e come selecontrollori.

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