[26/10/2009] News toscana

Come si apre, come funziona (e come si finanzia) un negozio a duplice sostenibilità?

FIRENZE. Vendere alla spina prodotti a filiera corta: è questa la strategia attuata da "Effecorta", negozio situato a Marlia (frazione di Capannori) che, gestito da una cooperativa di 6 giovani imprenditori locali, ha aperto i battenti il 29 agosto scorso.

Già greenreport, nel commentare positivamente la notizia, parlò di strategia ispirata ad una "duplice sostenibilità" (vedi link in fondo all'articolo), che peraltro era rafforzata dall'apertura, all'interno del negozio, di uno "sportello ambientale", definito dal portavoce del gruppo, Pietro Angelini, come uno strumento di informazione e come «laboratorio di idee» incentrato prevalentemente su «progetti finalizzati alla riduzione dei rifiuti e orientati a promuovere e migliorare il concetto del riutilizzo del contenitore e contro lo spreco».

Ed è lo stesso Angelini che abbiamo incontrato, in occasione della 3-giorni "Sostenibilità del vivere, abitare, produrre, commerciare e consumare" che si è conclusa ieri a Lucca.

Angelini, come sta andando l'iniziativa?

«Stiamo vivendo un momento di forte visibilità nazionale: addirittura anche "Striscia la notizia" ha fatto un servizio su di noi, nell'ambito della rubrica "Occhio allo spreco". Inoltre abbiamo ricevuto moltissime richieste da varie regioni d'Italia i cui mittenti chiedevano come poter replicare l'iniziativa e varie altre informazioni.

Questo ci porta anche a chiederci che cosa fare: la nostra impostazione non è quella di fornire al cliente un servizio "chiavi in mano", ma è finalizzata a creare una rete di soggetti, che condividano visibilità e know-how. Questo ha un costo, ma almeno possiamo puntare, come si dice, a "insegnare a pescare, invece di regalare pesci". Il nostro obiettivo principale, infatti, è quello di raggiungere persone precedentemente digiune dei temi ambientali ed energetici, persone cioè da "portare dentro" ai temi della sostenibilità: a questo proposito, oltre allo sportello interno al negozio, abbiamo fatto un accordo di partnership con una azienda energetica (la Ecoenergia futura di Lucca, nda), che pure ragiona in termini di filiera corta dell'energia.

A questo si somma il progetto "Eco-corte", che stiamo cercando di attuare con gli esercenti dei negozi situati nelle vicinanze: è un progetto di riconversione energetica che va ancora sviluppato, ma  nell'ambito di esso noi abbiamo già chiesto l'autorizzazione a montare sopra il negozio un mini-impianto eolico, e di sistemare nella corte antistante al negozio una pensilina fotovoltaica con biciclette elettriche ricaricabili».

All'apertura del negozio, ci spiegò il 26 agosto, ancora i prodotti venduti non erano ancora al 100% derivanti da filiera corta. Il dato si è evoluto, dall'apertura?

«Ad ora vendiamo beni sfusi al 100%, e all'80% essi derivano da filiera corta, cioè il produttore dista al massimo 70 km. La percentuale di incidenza della filiera corta è aumentata del 5% dall'apertura.
Io credo, comunque, che arriveremo al massimo al 90-95% di prodotti a filiera corta: questo perchè non esiste una produzione locale di zucchero di canna e di caffè, mentre noi vogliamo fornire il cliente di tutto ciò che serve, di norma, in una famiglia. Per ovviare a questo difetto, vendiamo solamente zucchero biologico, e inoltre avevamo cercato di ottenere il caffè dal mercato equo e solidale, ma si sono creati problemi perchè da quel mercato giungono solo prodotti già confezionati».

Come avete pianificato lo sviluppo dell'iniziativa a priori? Era stato predisposto un business plan? E come avete fatto, nel caso, a redigerlo, visto che non sussistevano esperienze, già in atto sul territorio nazionale, a cui riferirsi?

«Si, abbiamo predisposto un business-plan: la prima variabile da definire era il mercato che avremmo potuto avere. In assenza di dati confrontabili, ci siamo riferiti al mercato del latte alla spina, che viene distribuito da macchine automatizzate, delle quali una è a 2 km dalla sede del nostro negozio, nella frazione di Lammari, di fronte ad una scuola.
Abbiamo analizzato che tipologie di mercato hanno queste macchine: peraltro, per ora non vendiamo latte, ma stiamo cercando un produttore interessato a installare un meccanismo analogo all'interno del negozio, e abbiamo già i preventivi. Comunque, attraverso l'analisi della tipologia di clientela (in specie se locale o no e se gli acquisti erano di impronta "familiare" o per single), e della frequenza di acquisti , abbiamo stabilito che il nostro target ammontava al 20% dei "clienti" del latte distribuito sfuso.
E poi abbiamo fatto un "sondaggio" sui detersivi, facendo provare ai potenziali clienti un prodotto biodegradabile al 98%, ma senza nominare questo aspetto "ecologico" e quindi chiedendo un giudizio sulla sola qualità del detersivo.
E da queste analisi è nato il piano: e devo dire che finora gli introiti sono esattamente identici a quelli stimati a priori dal business-plan, e ciò ha portato la banca cui ci siamo rivolti a fidarsi di più e a rinnovare il finanziamento, poiché dai numeri hanno potuto riscontrare che si trattava di un progetto sì "ecologico", ma con tutti i criteri "industriali" necessari alla solidità dell'azienda da finanziare». 

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