[29/10/2009] News

Le spine climatiche del Consiglio europeo

BRUXELLES. Cambiamenti climatici, situazione economica e questioni istituzionali legate al trattato di Lisbona sono al centro del Consiglio europeo che si tiene oggi e domani a Bruxelles.
«l primo Consiglio europeo sotto la presidenza svedese si propone di discutere di alcune delle maggiori sfide cui è confrontata l'Unione - si legge in un comunicato dell'Ue - In vista della conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà in dicembre, è previsto che i capi di Stato e di governo lavorino su un mandato globale per i negoziati di Copenaghen. L'UE desidera mantenere il suo ruolo guida nei colloqui sul clima».

La presidenza svedese dell'Ue non pare molto sicura di un buon risultato e il primo ministro Fredrik Reinfeldt in un'intervista televisiva ha voluto sottolineare che «A solo qualche settimana della Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico a Copenhagen, é più importante che mai che l'Ue continui a giocare un ruolo leader e che contribuiamo ad un accordo mondiale ed ambizioso sul clima. Abbiamo una forte posizione negoziale, soprattutto grazie all'eccellente lavoro compiuto dai nostri ministri dell'ambiente in materia di trasmissione tecnica, di adattamento, di riduzione dell'impronta di carbonio e di buona governance. Ma per pervenire ad un accordo a Copenhagen, dobbiamo metterci d'accordo sulla parte finanziaria».

Reinfeldt e gli altri capi dei governi europei sono davanti al rompicapo di come trasformare i buoni propositi dei ministri dell'ambiente negli euro (o sterline e corone) che i ministri delle finanze vogliono tenersi stretti per tappare le falle della crisi economica.

«La grande questione spinosa é il finanziamento climatico - dice Reinfeldt - per la quale la presidenza ha buone speranze di addivenire ad un accordo per fare in modo che un mandato europeo sia messo in campo in vista della Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico a Copenhagen a dicembre».

Non a caso, alla vigilia del Consiglio europeo, Il sito della presidenza di turno svedese dell'Ue da grande risalto ad un intervista a Lars-Erik Liljelund, il consigliere per il clima del premier svedese, che affronta di petto il ten ma di chi deve pagare per il clima : «Il finanziamentio climatico, questo nuovo tema della politica mondiale corrisponde ad uno dei soggetti più corposi tra quelli che i Capi di Stato e di gouverno morderanno durante il summit del Consiglio europeo a Bruxelles. Quando i ministri europei delle finanze la settimana scorsa hanno chiuso il loro Consiglio ed hanno lasciato il tavolo dei negoziati, non sono riusciti a mettersi d'accordosulla questione del cambiamento climatico. Questa si ritrova attualmente sul tavolo dei Capi di Stato e di governo. E' tempo di finirla».

Il consigliere di Reinfeldt fa qualche passo indietro nel tempo per farsi capire meglio : «Questo problema é composto da due parti, una esterna ed una interna. La parte esterna riguarda la posizione di ciascuno di fronte all estime fatte dalla Commissione europea dei costi necessari per far fronte al cambiamento climatico mondiale. Il dato della Commissione é di circa 100 miliardi di euro all'anno fino al 2020, é quel che chiamiamo il finanziamento quick Start. Di questa somma, tra i 22 e i 50 miliardi di euro devono provenire da finanziamenti pubblici internazionali. L'Europe se ne prende la sua giusta parte. Ma bisogna ancora riuscire a creare un quadro di sistema, al fine che le Parti più ricche del mondo possano a così lungo termine sostenere la transizione verso la lotta al cambiamento climatico dei Paesi in via di sviluppo».

Per quel che riguarda la parte del problema interna all'Ue, la domanda essenziale é: quale sarà il contributo economico di ogni Paese? Ed é su questo dettaglio che rischia di franare la diga europea prima di Copenhagen.

«E' proprio qui che è più difficile trovare una soluzione» sottolinea Lars-Erik Liljelund, secondo il quale é necessario condividere il carico degli oneri e rispettare il sistema di regole interne all'Ue che fissa la parte di contributo di ogni Paese membro : «In generale, i nuovi Paesi membri pensano che paghino troppo. Emettono spesso più gas serra dei vecchi Paesi membri, il che in alcuni casi comporta un aumento dei costi. C'é dunque una linea di demarcazione chiara tra i Paesi che vogliono mettere le cifre sul tavolo e quelli che non sono pronti».

Liljelund spera che a Bruxelles si raggiunga un accordo per poter parlare di cifre concrete, affrontando ambedue i temi sul tappeto e confermando una vera leadership dell'Ue che sia di esempio «Soprattutto per quel che riguarda la Conferenza al vertice sul cambiamento climatico a Copenhagen a dicembre, bisogna che l'Ue sia considerata come un partener in un contesto mondiale. L'Ue deve continuare ad essere proattiva per giungere ad un accordo climatico globale con i leader di tutto il mondo a dicembre. Sarebbe imbarazzante se l'Ue fosse vista come se non avesse nessun mandato negoziale per quel che riguarda le questioni finanziarie, questo minerebbe la credibilità internazionale dell'Ue. Ma l'Ue si é messa d'accordo già prima numerose volte, non penso che ci saranno problemi. E se nessun accordo sul clima verrà firmato a Copenhagen, questo non sarà dovuto al fatto che i Paesi membri dell'Ue non sono riusciti a mettersi d'accordo su delle cifre interne. Il bastone tra le ruote sarà messo da qualcun'altro».

Bisogna capire se c'è da preoccuparsi o da essere contenti... Probabilmente ce lo diranno domani i partecipanti al Cooonsiglio europeo.

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