[05/11/2009] News

Il Brasile rinvia la decisione sui suoi impegni per Copenhagen

LIVORNO. Tutti attendevano che il 3 novembre il Brasile rendesse note le sue decisioni finali sulla proposta di riduzione dei gas serra da portare a Copenhagen, ma il governo ha deciso di rinviare la scelta al 14 novembre. Il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha preso tempo per cercare di smussare le diverse e non coincidenti proposte avanzate dai suoi ministri che due giorni fa non sono riusciti a trovare un accordo sulle riduzioni di CO2 da attuare entro il 2020.

Lo scontro vede protagonisti i ministri dell'ambiente Carlos Minc, delle scienze e delle tecnologie Dilma Rousseff e degli esteri Celso Amorim (insieme nella foto) ed il Fórum brasileiro de mudanças climáticas che hanno presentato diverse proposte per gli impegni brasiliani sulle riduzioni delle emissioni.

Il ministero dell'ambiente vuole un taglio dei gas serra del 40% entro il 2020, il ministero delle scienze e quello egli esteri hanno invece delle riserve su questi obiettivi che ritengono troppo audaci, anche se sono quelli che il Brasile chiede ai Paesi industrializzati.

Comunque, secondo il ministro degli esteri brasiliano Celso Amorim, «Le proposte rappresentano un maggior contributo del Brasile rispetto a quelle dei Paesi sviluppati sulla riduzione di gas serra». Le associazioni ambientaliste, le altre Ong e alcune imprese chiedono al governo di Lula di andare a Copenhagen con una proposta ancora più ambiziosa.

Secondo Greenpeace Brasil «Aspettare due settimane in più per dire quel che il Brasile intende fare è compiere un passo indietro in un momento che il mondo ha bisogno di risposte. Il Paese, a meno di due mesi dalla riunione in Danimarca, dà un segnale di mancanza di trasparenza diplomatica, impedendo che i brasiliani e il resto del mondo possano conoscere la sua posizione, e perde un'importante opportunità di essere un Paese leader nei negoziati internazionali. Passa ancora una volta la sensazione di un pasticcio e un sentimento di insicurezza, come se solo ora, alla fine dei negoziati, i suoi burocrati stessero cominciando a pianificare la risposta brasiliana alla crisi climatica».

Secondo Greenpeace le dichiarazioni del ministro degli esteri alla fine della riunione del governo rafforzano questa impressioni: «Amorim ha affermato che il Brasile deve separare le questioni internazionali e  nazionali. Questa è l'indicazione che il Brasile può arrivare a Copenaghen senza alcuna intenzione di impegnarsi per obiettivi internazionali e gli obiettivi nazionali che il governo non sa come rispettare e, per questo, preferiscono non darsi nessun obiettivo».

Il governo brasiliano per ora sembra aver raggiunto un accordo per una riduzione dell'80% della deforestazione in Amazzonia entro il 2020, che da sola dovrebbe portare a una riduzione dei gas serra del 20%, inoltre, secondo uno studio che circola in ambienti governativi, il Brasile potrebbe addirittura approfittare dell'innovazione tecnologica portata da una crescita del Pil che passi dal 4 al 6% all'anno per ridurre di un ulteriore 20% le sue emissioni. Ma per farlo occorre fissare chiari impegni vincolanti per diversi settori dell'economia brasiliana, e non tutti sembrano disposti ad investire nell'innovazione e nelle tecnologie pulite.

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