[10/11/2009] News

Nel 2030 energia prodotta interamente da rinnovabili? Due ricercatori spiegano come

GROSSETO. L'energia al 2030 potrebbe essere totalmente prodotta con fonti rinnovabili. Lo dicono due ricercatori, rispettivamente Mark Z. Jacobson, ingegnere civile e ambientale presso la Stanford University, e di Mark Delucchi, ricercatore presso l'università della California, in un loro lavoro pubblicato sul numero di novembre della rivista Scientific American.

Una tesi che da tempo sostiene anche Herman Sheer, deputato del parlamento tedesco e presidente di Eurosolar, che su questo tema ha scritto libri specifici in cui descrive come sia possibile soddisfare tutti i bisogni energetici dell'umanità con le energie rinnovabili e come far diventare questo obiettivo la priorità del secolo, passando da una strategia politica ad una vera strategia economica.

Uno scenario che in genere viene visto come una chimera o al più come un obiettivo cui tendere per diminuire progressivamente la dipendenza dalle pontili fossili, che rimane -semmai- ancora a livello di abbozzo di strategia politica ma che non ha certo sfondato invece dal punto di vista di un nuovo modello economico, dal momento che il modello più in voga per l'approvvigionamento energetico è invece il mix di fonti, declinato con diverse percentuali a seconda dei casi.

Anche il pacchetto clima energia europeo delle tre venti, con obiettivi vincolanti per i paesi aderenti all'Unione a ventisette, indica l'implementazione delle energie rinnovabili sino a coprire il 20% del fabbisogno energetico, a fianco della riduzione del 20% delle emissioni di Co2 ( che diventeranno il 30% se si raggiungerà un accordo internazionale a Cophenagen) e il 20% di efficienza energetica, ma per il resto lascia ai singoli paesi le scelte in campo di energia.

Secondo il lavoro dei due ricercatori americani "a plan to power 100% of the planet with renewables" i presupposti da cui partire sono tre, ovvero che le tecnologie necessarie sono già delineate; che  il costo di generazione e trasmissione dell'energia rinnovabile diventerà più basso del  relativo costo dell'energia da combustibili fossili e dal nucleare; che vi sarà una diminuzione del 30% della domanda globale di energia, anche per effetto del ricorso cospicuo alle energie rinnovabili in sostituzione di quelle convenzionali.

Certo mettere in atto un piano come quello disegnato dai due autori statunitensi comporta un enorme dispendio economico : almeno 100 trilioni di dollari a livello globali ammettono gli stessi autori e senza contabilizzare i costi di trasmissione e quindi delle reti. Ma la cifra non deve scoraggiare perché come sottolineano gli stessi autori, comunque sono previsti 10 trilioni di dollari  per nuovi impianti a carbone nello scenario attuale e che bisognerebbe tenere conto dei costi pari  diverse decine di trilioni di dollari che andrebbero spesi in un futuro business-as-usual, in salute, ambiente, sicurezza a altre esternalità.

L'altro problema di questo piano è il fatto che presuppone un grande impegno (oltre la volontà) da parte dei governi, che dovrebbero eliminare ogni forma di sussidio alle energie da fonti fossili e mettere in campo programmi d'incentivi alle energie rinnovabili per  coprire la differenza tra i costi di generazione e i prezzi dell'elettricità.

Così come si dovrebbero  tassare i carburanti fossili in modo da internalizzare i costi ambientali che il loro usa determina, trasformare gran parte del parco auto circolante da carburanti fossili a veicoli aelettrici. E infine sarebbe necessario- come già emerge del resto- investire in un'adeguata ed efficiente rete di distribuzione dell'energia, tarata sul sistema smart greed .

Lo studio parte dalla stima che il fabbisogno energetico del pianeta ammonterà al 2030 a 16,9 Tw, rispetto agli attuali 12,5. Una cifra che potrebbe scendere a 11,5 se si utilizzassero solo energie rinnovabili, dal momento che si avrebbe un incredibile aumento dell'efficienza dovuto al fatto che la produzione diretta di elettricità è assai più efficiente di quella ottenuta attraverso una combustione.

L'esempio utilizzato per rendere comprensibile questa affermazione è quello delle auto elettriche rispetto alla auto a motore convenzionale: solo una parte (17-20%) del carburante è usato per muovere un'autovettura mentre il resto viene dissipato come calore, mentre in un veicolo elettrico dal 75 all'86% dell'elettricità fornita si trasforma in moto.

Per coprire questo fabbisogno il mix proposto dai due autori consiste nell'uso del  51% di energia eolica, il 40% solare e il 9% dalla risorsa idrica (compresa la geotermica).

Che significa secondo Jacobson e Delucchi che sarebbe necessario installare 3,8 milioni di nuove turbine eoliche, 89 mila impianti solari fotovoltaici o impianti solari a concentrazione con potenza installata di 300 MW l'uno (attualmente ne esiste meno dell'1%), e inoltre 490 mila turbine sottomarine, 5350 impianti geotermici e 900 centrali idroelettriche.

C'è poi un altro grande scoglio, ammesso di aver superato il problema della volontà politica, che si troverebbe di fronte uno scenario come quello prefigurato che è dato dalla scarsità dei metalli necessari a costruire le celle fotovoltaiche, tutti materiali che oltretutto sono rari e che si trovano principalmente nei paesi asiatici  : il silicio, il tellururo di cadmio, il gallio, l'indio,  il selenio. Così come per il litio delle batterie delle auto elettriche, il platino delle celle a combustibile e il neodimio per le turbine eoliche.

Ma i due autori non si abbattono e in attesa di trovare soluzioni per mettere in pratica il primo scenario al 100% di rinnovabili al 2030, ne hanno pronto un altro, più realistico, che  prevede di raggiungere il totale ricorso alle rinnovabili al 2040 con un primo step del  25% di energia da fonti rinnovabili entro il 2025.

Quindi «con politiche sensibili- sostengono i ricercatori americani- il 25% dell'attuale capacità dei combustibili fossili potrà essere rimpiazzata in 10-15 anni e si potrà raggiungere il 100% di sostituzione in 20-30 anni, obiettivo che sarebbe raggiungibile con politiche estremamente  aggressive nello stesso arco di tempo e che invece con politiche più caute si potrà ottenere solo nell'arco di 40-50 anni».  

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