[11/11/2009] News toscana

Al via "Le giornate di Montaione": tre giorni (da domani al 14 novembre) dedicati alla democrazia partecipativa

FIRENZE. «Partecipare per decidere prima e meglio, partecipazione come antidoto alla crisi e al distacco dalla politica, ma anche per favorire la trasparenza». Con queste parole l'assessore alle Riforme istituzionali, Agostino Fragai, ha presentato la tre-giorni "Le giornate di Montaione" che, da domani fino al 14 novembre, riunirà nella cittadina della provincia di Firenze alcuni tra i maggiori esperti italiani e mondiali sul tema della democrazia partecipativa.

La scelta della location non è casuale: è proprio a Montaione infatti che, ancora prima dell'entrata in vigore della legge 69/07 (prima norma regionale in materia di partecipazione civica ad essere approvata in Italia), la risistemazione del borgo di Castelfalfi era stata sottoposta al vaglio della cittadinanza e delle associazioni in un percorso partecipativo ispirato al "dibattito pubblico" francese. Come sappiamo, il percorso partecipativo non ha poi dato i risultati sperati in termini di coinvolgimento e consenso da parte dei cittadini e soprattutto delle associazioni (cfr. greenreport del 15 settembre), ma comunque esso è stato effettivamente precursore di quelle pratiche partecipative che poi, in seguito all'approvazione della legge 69 e ad un indubitabile progresso culturale avvenuto in questi anni, si sono avviate a diventare parte integrante dei processi decisionali, in particolare per quanto attiene al governo del territorio.

Nell'ambito dei tre giorni dell'iniziativa sarà anche premiato, da parte di una giuria di 25 cittadini estratti a sorte, il migliore progetto partecipativo finanziato, nei quasi due anni dall'approvazione della legge (dicembre 2007), dalla regione Toscana. A questo proposito Fragai ha sostenuto di aver voluto puntare su una "giuria popolare", e non su un comitato di esperti, proprio per «dimostrare sul campo come semplici cittadini, adeguatamente informati, preparati ed accompagnati possano esprimere un parere altrettanto esperto, basato su un'esperienza di tipo diffuso e sulle propria esperienza di vita, che è poi la premessa della stessa legge toscana sulla partecipazione».

Il premio sarà consegnato sabato 14 alle 12. I venti progetti partecipativi che parteciperanno alla premiazione (provenienti da esperienze compiute in varie realtà della regione: Firenze, Arezzo, Forte dei Marmi presenteranno due progetti, mentre uno sarà portato dai rappresentanti di Agliana, Bagno a Ripoli, Civitella Val di Chiana, la Comunità montana del Casentino, Grosseto, Cecina, Livorno, Montespertoli, Pistoia, Prato, Quarrata, Uzzano, Massa e Figline Valdarno) riguardano, secondo un comunicato della regione, progetti inerenti a «urbanistica e piano regolatore, recupero di quartieri degradati o ville non più utilizzate, ma anche i bilanci degli enti locali o gli studenti, promossi a volte dalle stesse scuole».

Successivamente, si terrà anche la premiazione di quello che è stato giudicato il miglior percorso partecipativo a livello internazionale, e per questa prima edizione è stato scelto un progetto di recupero partecipato delle baraccopoli attuato dal governo argentino.

Come giustamente riporta la Regione, il tema inerente alle pratiche e alla democrazia partecipativa «appare sempre più come uno snodo fondamentale di fronte al quale non solo si interrogano e lavorano le amministrazioni e la società civile ma che coinvolge anche i soggetti economici»: ciò è dimostrato dal fatto che «la stessa Confindustria, in un suo documento del settembre scorso, ha individuato nella partecipazione - e ha indicato espressamente i casi della Regione Toscana e del Comune di Genova - un motore efficace per accelerare la realizzazione delle opere pubbliche».

Il punto fondamentale, come già sostenuto altre volte, non è quindi il fatto che la partecipazione sia (come è) cosa buona e giusta, cioè che essa sia il più equo metodo di attuazione della delega democratica da parte di chi l'ha ricevuta. Il nocciolo della questione è capire se veramente, come è peraltro indicato dalle esperienze che fin dagli anni '60 del secolo scorso hanno avuto luogo negli Usa, la partecipazione può essere un veicolo di velocizzazione nella realizzazione di un'opera pubblica o comunque nell'attuazione delle scelte di governo. In teoria, cioè, la partecipazione non serve solo ad attuare le scelte di pubblico interesse nel miglior modo possibile, e a fornire alla cittadinanza elementi di conoscenza e approfondimento sui temi in questione, ma anche (e forse soprattutto) a rendere la realizzazione delle opere pubbliche più agile, e quindi più veloce, per esempio intercettando "a monte" le iniziative che poi potrebbero evolversi (o meglio involversi) in azioni ispirate alla sindrome Nimby.

Cero, questo vale sotto il punto di vista della pura teoria: in pratica, finora, spesso la partecipazione della cittadinanza è stata finalizzata più ad osteggiare un progetto che a renderlo effettivamente migliore. Ma è giusto ribadire che la materia è, in Italia, agli albori di una nuova era, che segue il fervore partecipativo che negli anni '70 ha percorso l'intera penisola, ma che è quasi sempre rimasto a livello di dibattito: il come completare il passaggio dalla teoria alla pratica, e quindi il modo in cui far sì che le pratiche partecipative diventino effettivamente dei veicoli di velocizzazione (e non di rallentamento) del funzionamento della macchina amministrativa, sarà tra gli ambiti centrali di approfondimento della tre-giorni di Montaione.

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