[24/11/2009] News

L'Ue va alla battaglia di Copenhagen contro Usa e Cina. Anche la Prestigiacomo si arruola

LIVORNO. Oggi il Parlamento europeo discute con la presidenza di turno svedese dell'Ue e la Commissione europea delle strategie in vista della Conferenza sul clima di Copenhagen e voterà una risoluzione sul tema che terrà conto anche dei risultati del Consiglio straordinario dei ministri dell'ambiente dell'Ue di ieri a Bruxelles, durante il quale sono state confrontate le varie posizioni e strategie dei diversi Paesi.

Il segretario dell'Unfccc, Yvo de Boer, ha fatto un rendiconto dell'attuale situazione dei negoziati e delle proposte avanzate dai vari protagonisti della lunga e defatigante road map negoziale iniziata a Bali. I ministri hanno discusso degli obiettivi e priorità dell'Unione europea a Copenhagen e il ministero dell'ambiente italiano ha fatto il punto con una nota.

«L'Ue, prendendo atto di quanto emerso nella riunione Apec di Singapore e nella riunione ministeriale informale che si è svolta a Copenaghen la scorsa settimana, ritiene indispensabile che a dicembre si raggiunga un accordo ambizioso preparatorio del trattato da sottoscrivere entro il 2010. Il Consiglio ha affrontato i temi delle tecnologie sulla base della relazione svolta dal ministro Prestigiacomo, del finanziamento sulla base della relazione svolta dal ministro olandese Kramer e dal ministro inglese sulla forma dell'accordo. Per quanto riguarda le tecnologie, occorre supportare la piattaforma emersa dal Mef che vede cooperare paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo su specifiche tecnologie quali i CCS (il discusso ed osteggiato dagli ambientalisti Carbon capture and storage, ndr), le fonti rinnovabili, l'efficienza energetica nel settore industriale e in quello civile, bioenergie, carbone pulito e auto a basse emissioni e occorre che l'accordo contenga regole e meccanismi globali per lo sviluppo e la diffusione di tali tecnologie. Per ciò che riguarda il finanziamento sono state valutate le possibilità di utilizzare istituzioni finanziarie esistenti o puntare alla creazione di nuovi fondi e comunque di considerare l'opzione fast-start, un primo finanziamento immediato da oggi al 2013, come capace di innescare da subito i programmi di cooperazione con i paesi in via di sviluppo in materia di tecnologie».

Una posizione prudente, che mischia impegni presi e poi messi da parte dal Major economies forum con quelli confermati dall'Ue e le più discusse green tecnology del cosiddetto carbone pulito e delle bioenergie (leggi biocarburanti) con quelle sostenute da tutti, dimenticandosi le energie rinnovabili vere: solare, eolico, biomasse, geotermia ed energie del mare... Comunque la Prestigiacomo sembra molto soddisfatta della conferma di impegni che in passato aveva apertamente osteggiato: «L'Ue in maniera compatta si spenderà al massimo perché venga raggiunto un accordo. L'Europa porterà a Copenhagen i propri impegni già assunti e metterà sul tavolo della trattativa la possibilità di innalzare i tagli delle missioni dal 20 al 30% a condizione che gli altri paesi sviluppati assumano obiettivi analoghi e a fronte di impegni altrettanto significativi delle economie emergenti, così' come ribadito dalle conclusioni adottate dall'ultimo Consiglio Europeo. Ciò che non deve accadere e che si proroghi Kyoto senza che i paesi che oggi sono fuori dai vincoli del protocollo».

Anche il comunicato finale della presidenza svedese sottolinea che «I ministri dell'ambiente hanno confermato la posizione dell'Ue e il mandato negoziale che é stato definito nell'ottobre scorso e poi confermato dai Capi di Stato e di governo durante il Consiglio europeo. Numerosi Paesi membri hanno sottolineato l'importanza di mantenere l'obiettivo di una riduzione del 30% delle emissioni, utilizzando questo obiettivo come una sorta di trampolino per portare gli altri Paesi a fare delle proposte e prendere degli impegni finanziari sufficienti, sia direttamente per il dopo Copenhagen che a lungo termine. L'Ue si é anche fissata l'obiettivo, a lungo termine, di ridurre la sue emissioni dall'80 al 95% entro il 2050».

I ministri dell'ambiente dell'Ue hanno confermato l'impegno a raggiungere un accordo globale sul clima «ambizioso, completo e giuridicamente obbligatorio, che permetta di impedire che il riscaldamento globale raggiunga dei livelli pericolosi, vale a dire che la temperatura non aumenti più di 2 gradi centigradi in rapporto ai livelli osservati nell'era preindustriale».

Il ministro dell'ambiente svedese Andreas Carlgren è anche lui soddisfattto, ma probabilmente senza retropensieri e, a differenza della Prestigiacomo, senza aver dovuto fare retromarce indigeste e senza avere rendiconti da fare agli ecoscettici praticamente introvabili nella sua maggioranza di centro-destra, mentre sono abbondantissimi in quella che sostiene il governo italiano e che dai giornali e dalle Tv di area, di partito e di proprietà del presidente del Consiglio stanno apertamente gufando perché Copenhagen fallisca tra la disperazione degli odiati ambientalisti e della stragrande maggioranza degli scienziati che avrebbero ordito il più colossale complotto mediatico della storia dell'umanita, facendo credere che il global warming esiste e che sia addirittura in gran parte colpa dell'uomo.

«L'Ue è unita e ben preparata perché Copenhagen sia un successo - ha detto Carlgren - Per l'Ue, Copenhagen non é un progresso, ma il progresso, vale a dire il tornante decisivo nelle azioni in favore dell'ambiente. L'Ue insisterà per pervenire ad un accordo globale, che coinvolga l'insieme dei Paesi del pianeta. Tutti i partner devono fare proposte sufficienti per quel che riguarda la riduzione delle emissioni e i finanziamenti. Questo vale altrettanto per i Paesi industrializzati, come gli Stati Uniti, che per le economie emergenti, come la Cina. Copenhagen deve segnare quindi il colpo di partenza per delle azioni rapide contro la deforestazione e per questo un finanziamento é necessario immediatamente».

Sembrerebbe proprio che l'Ue su prepari ad un confronto (vedremo quanto duro e con quali alleati) con il duo Cina-Usa a Copenhagen, una sfida che probabilmente segnerà anche i prossimi mesi creando inedite coalizioni e rotture di alleanze che sembravano indistruttibili come quella dei G77 + Cina. Bisogna capire se il fronte filo europeo sarà solido e soprattutto se reggerà (a Copenhagen e dopo) il fronte interno dell'Ue che anche in tempi recenti ha dimostrato nelle occasioni cruciali di avere molti volenterosi disertori che spalleggiano palesemente, o fanno da retrovia e testa di ponte al sempre affascinante alleato americano.

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